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15 Settembre, 2002
Quale scuola?
Riceviamo da Mario Setta, docente di storia e filosofia in pensione presso il Liceo Scientifico Statale Fermi di Sulmona.

La storia della scuola procede con la storia del pensiero. Per questo le prime scuole sono nate come elaborazione di pensiero. L'alternativa non è tra scuola pubblica e scuola privata, tra scuola confessionale e scuola laica, tra scuola di destra e scuola di sinistra. Il vero banco di prova per una scuola senza aggettivi è quello di essere finestra sul mondo. Sono ancora attuali le parole del poeta indiano Tagore: "La scuola mi appariva come una prigione dello spirito, buona solo a produrre pappagalli ammaestrati". Una scuola che voglia essere tale (skolé significa "divertimento, piacere dello spirito", l'otium latino) deve spalancare al mondo porte e finestre: scuola aperta o scuola chiusa è il dilemma. E' l'idea di Popper, il filosofo della "società aperta".In un discorso che tenne cinquanta anni fa, il 13 ottobre 1958, in qualità di presidente della Aristotelian Society, espose la dialettica tra due modelli di scuola: quella di Talete e quella di Pitagora. La scuola di Talete era una scuola aperta, una scuola di libertà. Talete, infatti, incoraggiava la critica nei suoi confronti, tanto che gli allievi potevano liberamente sostenere idee diverse dalle sue. "Talete – scrive Popper – fondò la nuova tradizione di libertà, basata su un nuovo rapporto fra maestro e allievo e creare in tal modo un nuovo tipo di scuola, del tutto differente da quella pitagorica". Nella scuola di Pitagora, infatti, prevaleva l'insegnamento fondato sull'autorità indiscussa del maestro, venerato come un dio, discendente da Apollo, dotato di poteri taumaturgici. A lui si alludeva come all' "Autós efe" (Ipse dixit) e chi pensava diversamente veniva dichiarato eretico, espulso. Perfino assassinato, come pare sia accaduto a Ippaso di Metaponto che, divulgando la scoperta degli incommensurabili (√2), minava tutta l'impalcatura dell'arché di Pitagora. Il pregio della scuola pitagorica era la conservazione della dottrina del maestro, mediante uno spirito di gruppo molto accentuato, tanto che il pitagorismo era diventato uno stile di vita.

Oggi, c'è una "scuola" che ha sostituito la vera Scuola: è la televisione. Una scuola 24ore/su 24. Scuola a tempo pieno, totalizzante e totalitaria. La concezione di vita e del mondo (weltanschauung) non è più esclusiva della vecchia Scuola o della Chiesa: è monopolio del nuovo "pater familias", l'onnipresente televisore. Tanto che il "maestro unico" della ministro Gelmini, appare più come una trovata per ridurre numero e ruolo degli insegnanti, mentre altrove (in Germania), da circa un secolo alla "grundschule" (elementari), i maestri (con obbligo di laurea) sono sempre stati parecchi in ogni classe. Per questo nel famoso saggio "Cattiva maestra televisione", Karl Popper, sottolineando come la televisione sia diventata "Dio che parla", mette in guardia da nuove forme di totalitarismo: "Credo che un nuovo Hitler avrebbe, con la televisione, un potere infinito". La scuola non è una pianta che si pota con l'accetta, ma un fiore che si cura con perizia e con amore. Un'operazione delicata che, per fortuna, crea sempre attenzione, dibattito, polemica. Non solo in Italia, ma anche altrove, come ora in Francia con il libro di François Bégaudeau, "La classe" (Einaudi), trasposto nel film che ha vinto la Palma d'oro a Cannes. Non sempre e non facilmente (come risulta dal libro di Bégaudeau) la Scuola riesce a riparare i danni, sempre più gravi, della deformazione civico/culturale d'una gioventù allo sbando, ma ci prova. Come àncora di salvezza.

Mario Setta

 


       CommentoTratto dal Blog Roma Nord per il PD



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