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 Politica

15 Settembre, 2002
L’Italia vive la più grave crisi dal dopoguerra.
Il documento approvato dalla Direzione nazionale del PD il 19 dicembre 2008

L’Italia vive la più grave crisi dal dopoguerra.

Gli sconvolgimenti e le forti e continue turbolenze che hanno attaccato i mercati e le economie mondiale produrranno pesantissime conseguenze sul sistema produttivo e sugli assetti sociali del nostro Paese. Tutti i principali parametri economici oggi disegnano l’orizzonte di una crisi che si presenta lunga e difficile.

Contrariamente a quanto assicurato dal governo nei mesi scorsi, l’economia reale è in pesante sofferenza, lo scenario di recessione appare destinato a prolungarsi oltre il prossimo anno, la condizione delle imprese e delle famiglie italiane è sempre più precaria e difficile.

La risposta di governo alla crisi è risultata debole, contraddittoria, sostanzialmente inefficace.

Gli strumenti legislativi messi in campo si sono rivelati limitati e insufficienti. Le misure adottate a sostegno e garanzia del credito non hanno prodotto il sostegno necessario al sistema produttivo e le imprese, in particolare quelle medie e piccole, vedono crescere in maniera insostenibile la difficoltà di accesso al credito, indispensabile per resistere nel mercato.

Questa condizione di grave debolezza sta portando con sé conseguenze profondamente negative sulla vita di milioni di persone e sulle loro famiglie.

Nel Paese si afferma un clima di incertezza, precarietà, angoscia sociale.

Aumenta in modo preoccupante il tasso di disoccupazione. Quote sempre più ampie di popolazione sono a rischio di impoverimento. Crescono le disuguaglianze, che colpiscono soprattutto i giovani, i precari, le regioni svantaggiate ed in particolare quelle del Sud.

In una condizione strutturalmente più debole e meno competitiva del nostro Paese, condizionato dall’ipoteca negativa del debito pubblico, il governo ha sprecato risorse preziose, mettendo in atto scelte sbagliate dal punto di vista dell’equità, come quelle sull’Ici, o inutili e dunque inefficaci come quelle sulla detassazione degli straordinari.

Il Partito Democratico ha presentato una sua proposta alternativa, coerente con il quadro economico e finanziario del paese e fortemente orientata a sostenere lo sviluppo e la domanda per rimettere in moto il sistema produttivo.

Chiediamo di affrontare la crisi mettendo in testa alle priorità di governo le famiglie e le imprese: per questo chiediamo di investire un punto di Pil, pari a circa 16 miliardi di euro, nella definizione di ammortizzatori sociali universali, nel sostegno dei salari e delle pensioni medio bassi, nel rilancio degli investimenti pubblici, partendo dalle opere immediatamente cantierabili, nel sostegno alla piccola e media impresa.

Riteniamo poi le politiche necessarie per contrastare i mutamenti climatici anche una straordinaria occasione per rilanciare su basi nuove l’economia e ampliare l’occupazione.

Il Pd in questi mesi ha assunto con pienezza e determinazione la propria responsabilità di principale forza di opposizione nella consapevolezza che la fase di straordinaria difficoltà dell’economia globale richiedesse un impegno comune di tutte le forze politiche nell’interesse generale del Paese.

Questa disponibilità ad un confronto costruttivo ha caratterizzato e caratterizza il lavoro dei nostri gruppi parlamentari e del governo ombra.

A questa scelta di responsabilità il Presidente del Consiglio ha opposto una linea di chiusura e di arroccamento. Il dialogo auspicato all’inizio della legislatura si è rapidamente trasformato nel soliloquio arrogante e sprezzante che ha caratterizzato gli ultimi mesi. Il processo legislativo è stato snaturato e stravolto con il continuo ricorso a decreti e fiducia. La dialettica parlamentare tra maggioranza e opposizione è stata continuamente sottomessa e imbrigliata nell’impossibilità sostanziale di modificare e migliorare provvedimenti blindati.

Il faticoso tentativo di una convergenza sulle regole, dal federalismo fiscale alla legge elettorale, è stato messo a rischio dall’annuncio di Berlusconi di voler procedere al cambiamento della Costituzione a colpi di maggioranza.

Di fronte a questo inaccettabile atteggiamento del presidente del consiglio, subito con fatica persino dalla sua maggioranza, il Partito democratico ha scelto e sceglie la strada della coerenza.

Quella di un partito capace di dare forza all’opposizione, in sintonia con il disagio e la protesta sociale che si diffonde nel Paese, come è successo, ad esempio, di fronte ai provvedimenti del governo sulla scuola. E insieme quella di un partito che, valorizzando la sua cultura di governo e il suo riformismo, intende sviluppare la sua iniziativa programmatica, le sue proposte per un’Italia diversa, la sua capacità di pensare il futuro del Paese oltre la crisi.

Sappiamo che la crisi che abbiamo di fronte non ha contorni solo economici e finanziari. La crisi globale sta cambiando gli stili di vita, il modello di sviluppo ma anche quelli culturali. Un’opportunità per le culture riformiste del mondo, dopo un decennio guidato dalle cultura del mercato e della competizione senza regole come ricetta unica di crescita globale.

Un’opportunità di cambiamento perché impone a tutti il tema di una nuova etica pubblica, che interpella il modo di fare economia, ma anche il modo di pensare e di fare politica.

Ed è proprio perché siamo consapevoli dell’importanza del rapporto tra etica e politica che ci impegneremo perché vengano salvaguardati i principi fondamentali dello stato di diritto, intervenendo per rafforzare, secondo lo spirito della Costituzione, tutti quegli strumenti e quegli istituti necessari per una giustizia giusta ed efficiente, come ha invitato a fare, con parole forti e chiare, il Presidente della Repubblica.

Il profilo innovativo ed incisivo di questo grande partito popolare, radicato nei territori, fatto di partecipazione e passione, capace di dire con nettezza i suoi no e i suoi sì è apparso con tutta la sua forza nella straordinaria manifestazione del Circo Massimo, il 25 ottobre a Roma.

E tuttavia sappiamo che il cantiere del Partito Democratico è ancora aperto e che di fronte a noi c’è molto lavoro da fare per completare la costruzione di un soggetto politico capace di essere all’altezza delle ambizioni che lo hanno fatto nascere.

L’appuntamento della prossima assemblea programmatica annuale, prevista dall’art. 27 dello statuto, che si terrà il 12, 13, 14 marzo 2009 e che sarà composta dai membri l’assemblea costituente nazionale e da una vasta rappresentanza degli amministratori e dei dirigenti locali del partito, rappresenterà l’occasione per rilanciare gli obiettivi del nostro riformismo, ma anche per organizzare il percorso e per recuperare i ritardi. Senza tuttavia smarrire la continuità del nostro sforzo di innovazione e anche le ragioni che ci devono indurre ad accelerare il nostro lavoro. Prima fra tutte la consapevolezza della necessità di una forte innovazione politica e istituzionale.

Il Pd è il grande partito che nasce dalla convergenza delle grandi tradizioni riformiste e democratiche per dare una risposta forte alla crisi della democrazia. La sua affermazione ha determinato un positivo cambiamento del sistema politico italiano che, in quadro di consolidato pluralismo politico e culturale, ha tuttavia rafforzato l’impianto bipolare della nostra democrazia con l’obiettivo di dare maggiore efficienza al necessario equilibrio tra rappresentanza e riduzione della frammentazione.

Anche per questo la Direzione impegna i propri gruppi parlamentari a sostenere una modifica della legge elettorale europea che introduca una soglia di sbarramento ma che mantenga le preferenze.

Vogliamo e dobbiamo proseguire lungo questa rotta, riaffermando una vocazione maggioritaria che non significa in nessun caso autosufficienza ma l’assunzione di una responsabilità nella costruzione di relazioni nel campo del centrosinistra, ribadendo la volontà di ricercare solo aggregazioni nuove, che nascano dalla condivisione di un programma e rifuggendo invece da scelte costruite nella logica della sola contrapposizione agli avversari, che finirebbero per negare e compromettere la natura riformista e la cultura di governo del partito, non conciliabile con tentazioni populiste e plebiscitarie.

Il Pd è infine impegnato a rafforzare la costruzione del partito nel suo radicamento territoriale a cominciare dal tesseramento e dal completamento della presenza dei circoli in ogni comune italiano.

Alla luce del percorso sin qui compiuto nella fase costituente e dopo l’approvazione dello Statuto nazionale e di quelli regionali, il PD promuoverà un’ampia riflessione sul modello di partito, verificando in particolare i modelli di partecipazione e rappresentanza, di selezione di nuove leve dirigenti, di espressione di territori in un partito nazionale a base federale, di rapporto tra valorizzazione delle primarie e responsabilità della direzione politica, tra democrazia diretta e delegata, nonché adottando le norme che devono regolare i rapporti di autonomia e di distinzione tra funzioni dirigenti di partito e incarichi istituzionali.

In questo percorso a tutti i livelli andrà fatto ogni sforzo per aprire i propri gruppi dirigenti anche a tutte quelle persone che hanno creduto e credono nel progetto politico del PD e che possono integrare le competenze e la presenza di quanti provengono da uno dei partiti promotori.

Il Partito inoltre è impegnato ad una fermissima applicazione dei principi di trasparenza e rigore nei criteri di selezione della propria classe dirigente ad ogni livello, in applicazione dello Statuto, con particolare attenzione all’art. 43, e del Codice Etico.

Una scelta ancora più necessaria dopo gli episodi giudiziari di questi giorni, che impongono da un lato il rispetto del lavoro della magistratura e insieme del principio costituzionale di non colpevolezza sino alla sentenza definitiva, ma dall’altro pretendono che la classe dirigente del partito sia ad ogni livello inattaccabile nei comportamenti, nelle relazioni, negli stili di vita ben oltre i fatti di rilevanza penale.

Anche per questo, ai fini di una incisiva e tempestiva azione, la Direzione da mandato al Segretario nazionale di nominare, in casi di necessità e urgenza e ricorrendo gravi e ripetute violazioni dello Statuto o del Codice etico, sentito il Consiglio dei garanti, un organo commissariale sostitutivo del Segretario e della Segreteria, ovvero di altri organi esecutivi, ai sensi dell’art 17 comma 5 dello Statuto. Nomine che saranno sottoposte entro 45 giorni alla ratifica, a pena di nullità, da parte della Direzione.

La Direzione infine approva la relazione del Segretario Nazionale.

 


       



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