15 Settembre, 2002
Quote latte. Consiglio provinciale aperto
Noi siamo amministratori, e al di là del timbro politico vogliamo mettere in campo ragionamenti che portino al successo”.
“Noi siamo amministratori, e al di là del
timbro politico vogliamo mettere in campo
ragionamenti che portino al successo”. Così,
concludendo un dibattito molto vivace e con
numerosi interventi, il presidente Giuseppe
Torchio ha voluto sintetizzare il ruolo della
Provincia nella vicenda della battaglia in
corso, nelle piazze e in parlamento, per
modificare sostanzialmente il decreto sulle
quote latte, contestato dalla stragrande
maggioranza del mondo agricolo perché di
fatto premia coloro che in questi anni non
si sono messi in regola con il sistema e
penalizza invece chi lo ha fatto, investendo
risorse e indebitandosi anche pesantemente
per acquistare quote latte per poter produrre
e mantenersi concorrenziale.
“Ma io non mi sento nel giusto quando vedo
che un chilo di pane costa più di un chilo
di Grana” ha proseguito Torchio rispondendo
a chi chiedeva di trasformare il Tavolo del
latte provinciale in un Tavolo di crisi del
settore. “Facciamolo – ha detto il presidente
– ma ogni componente deve fare la sua parte,
e prima di tutto partecipare”.
Il consiglio provinciale, ha spiegato il
presidente Roberto Mariani all’inizio, dopo
aver votato la scorsa settimana un documento
che chiede al Parlamento e al Governo di
modificare il decreto secondo le indicazioni
e le richieste delle associazioni agricole,
ha ritenuto importante proseguire il confronto
direttamente con gli operatori e le associazioni
del settore, e proprio nel giorno in cui
il decreto è in discussione al Senato.
E il mondo agricolo ha risposto: nella sala
Zelioli Lanzini della Fiera, dove si è tenuta
la seduta consiliare, oltre ai dirigenti
delle associazioni erano presenti numerosi
imprenditori agricoli.
Dopo una relazione tecnica del dirigente
del settore Agricoltura della Provincia Andrea
Azzoni, che ha spiegato il sistema delle
quote latte e il decreto in discussione,
l’assessore Giorgio Toscani ha detto che
una provincia come Cremona, che produce il
10% del latte italiano e che ha un sistema
agroalimentare di eccellenza assoluta, non
poteva non svolgere pubblicamente un tale
dibattito, che non riguarda solo l’agricoltura,
ma tutto il sistema economico della provincia
e dell’intero paese, perché la filiera lattiero
casearia è una grande parte del sistema economico
e dell’export. “Ci stiamo giocando – ha esclamato
– la sopravvivenza di buona parte delle imprese
produttrici di latte. Noi possiamo essere
competitivi se restiamo nella fascia alta
del mercato e se salvaguardiamo la competitività.
In Lombardia, la regione di maggiore eccellenza
nella filiera agroalimentare, ogni anno si
perdono venti ettari di terreno coltivabile.
Come rispondiamo a questo?”.
Il parlamento ha il dovere, ha proseguito,
di stabilire regole e di farle valere per
tutti. Per questo insistiamo tanto, per quanto
riguarda il decreto Zaia, sui temi della
legalità, dell’equità e della giustizia.
Il decreto invece mette le regole sotto i
piedi. Toscani ha ricordato un emendamento
presentato dall’ex ministro De Castro secondo
il quale nessuna quota aggiuntiva dovrà essere
distribuita finché non vi sarà una richiesta
di rateizzazione delle multe, cioè la volontà
di mettersi in regola almeno su questo fronte.
“Che paese è quello – ha chiesto il presidente
provinciale della Cia Guido Soldi - in cui
chi ha pagato migliaia di euro per rispettare
le regole si sente tradito non solo dal collega
scorretto, ma da un ministro che in due righe
cancella tale sforzo? E’ come dare dei punti
sulla patente a chi passa col rosso”. Sulle
quote latte si è tollerata, anche da parte
della politica, l’illegalità per troppo tempo.
Ora però è il tempo della solidarietà a chi
chiede il rispetto della legalità. Ed è questa
solidarietà che il mondo agricolo chiede,
perché significa essere solidali e sostenere
l’economia reale, fatta di lavoro, di impegno,
di investimenti.
Il presidente di Coldiretti De Angeli ha
giustificato la non partecipazione alla manifestazione
che ha portato migliaia di agricoltori ad
Arcore: “Il decreto è eccessivamente penalizzante
– ha detto – ma una regolamentazione va fatta.
La legge 119 è rimasta largamente inapplicata
e qualcuno sul sistema delle quote latte
si è arricchito. Se il decreto legge decadesse,
sarebbe molto peggio. Il ministro ha già
assicurato delle modifiche per premiare nell’assegnazione
delle quote chi ha rispettato le regole”.
Ma, gli ha risposto Bianchessi della Libera
associazione agricoltori, il problema era
dimostrare l’unità del mondo agricolo. Poi
si sarebbe potuto anche andare al tavolo
di trattativa con idee un po’ diverse. “Io
spero – ha aggiunto ringraziando il consiglio
provinciale per l’iniziativa – che Cremona
possa fare da pilota per altre realtà perché
finalmente in Italia si cominci a parlare
di agricoltura: un paese che vuole essere
forte e avanzato ha bisogno di un’agricoltura
forte”.
Alcuni dati li ha forniti Ildebrando Bonacini,
direttore della Libera: “C’è chi ha pagato,
a livello nazionale, 1,3 miliardi di euro
per mettersi in regola (300 milioni solo
in provincia di Cremona) per acquistare quote
latte. E ci sono poche centinaia di aziende
che se ne sono fregate grazie anche a qualche
copertura. Occorre mettere a posto questa
situazione. Il ministro Zaia ha ottenuto
le quote aggiuntive tutte insieme per l’Italia
proprio per farlo. Ma noi contestiamo che
su quelle poche centinaia di aziende si giochi
il futuro di tutto il mondo agricolo zootecnico.
Le nostre richieste sono chiare: che chi
chiede le quote aggiuntive rinunci ai contenziosi
sulle multe, che aderisca formalmente e garantisca
il pagamento rateale delle multe stesse e
che vi sia un sostanzioso ristoro per i 40mila
allevamenti in regola”.
Più politico, naturalmente, l’intervento
dell’on. Luciano Pizzetti: “Le proteste aiutano
a ben governare – ha esordito – Il decreto
è già in piccola parte cambiato. Se non ci
fosse stata la protesta, non sarebbe stato
possibile. Ma non mi piace – ha proseguito
– la distinzione fra il ministro e gli altri.
Perché il decreto è firmato da molti ministri,
premier in testa, perché il governo ha bocciato
in Commissione al Senato gli emendamenti,
e perché la maggioranza parlamentare sta
bocciando proprio oggi gli emendamenti in
aula. Dietro un ministro c’è un governo e
c’è una maggioranza. Puntare tutto su un
ministro e una forza politica salva l’anima
a tutti gli altri”. Pizzetti ha concluso
dichiarando piena disponibilità a votare
emendamenti da qualunque forza politica provengano,
se vanno nella direzione giusta indicata
dalle associazioni di categoria.
Il presidente dei giovani agricoltori della
Libera Stefano Pasquali ha parlato della
propria esperienza, dei 720mila euro investiti,
a debito, per acquistare quote latte, dei
60mila di multa pagati ratealmente per mettersi
in regola. E delle 646 aziende che non l’hanno
fatto e che accumulano l’80% delle multe.
Un numero che non si riduce, mentre 15mila
aziende agricole hanno chiuso. Ebbene, il
ministro, ha detto, pensa a quelle 646 aziende
invece che alle 15mila chiuse.
Poi la lunga serie degli interventi dei consiglieri
provinciali, aperta da Carlo Rusca (Circoli
della Libertà) che ha lanciato un appello
alla legalità. Antonella Poli (FI) ha ricordato
il documento presentato dal suo gruppo in
consiglio provinciale e votato a grande maggioranza
(con la sola astensione della Lega) dopo
alcune modifiche concordate con gli altri
gruppi.
Giovanni Scotti (Pd) ha chiesto se non è
concorrenza sleale quella di chi non rispetta
le regole. Ha ribattuto alle assicurazioni
del ministro secondo cui il decreto non è
una sanatoria: è vero, è di più perché non
solo assolve il colpevole, ma lo premia.
“Qualcuno di noi crede – ha continuato -
che chi non ha rateizzato senza oneri ora
lo farà in maniera onerosa?”. Scotti ha infine
riconosciuto l’atto di coraggio del gruppo
consiliare di Forza Italia nel presentare
il documento critico verso il decreto. “Ma
ora quell’atto di coraggio va sostenuto con
una pressione sui gruppi parlamentari. Altrimenti
resta fine a se stesso e senza risultato”.
Unico a difendere il decreto del ministro,
fra qualche contestazione della sala, il
consigliere della Lega Walter Longhino, secondo
il quale il peccato è all’origine, nel sistema
delle quote. Anche lui ha comunque richiamato
il principio della legalità, e si è detto
fiducioso che alla fine il decreto, magari
modificato, potrà dare certezze e speranze
al settore.
Pierfranco Patrini (Udc) ha chiuso gli interventi
ribadendo di avere votato il documento del
consiglio provinciale criticando tuttavia
la sua eccessiva moderazione. “E’ la prima
volta – ha detto – che vedo un governo fare
una norma che si fonda sull’illegalità. E’
il sistema che non funziona? Ma nel 2003
la legge 119 ha dato una regola. E la maggioranza
dei produttori l’ha rispettata, anche a costo
di grandi sacrifici. Chi non lo ha fatto
ha deliberatamente scelto di non rispettare
le regole e di fare concorrenza sleale. Ora
– ha concluso Patrini – se si vuole sistemare
la questione questi signori oltre alle multe
paghino le quote, come hanno fatto in precedenza
gli altri produttori di latte, e con il ricavato
si adottino misure di ristorno per tutti”.
Per ultimo il presidente Torchio.
“Chi sta combattendo una giusta battaglia
– sono state le sue ultime parole – non è
stato lasciato solo. E credo che possa essere
di conforto per le associazioni sapere che
le istituzioni sono con loro”.
 
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