15 Settembre, 2002
Lettera ad un nipote
Non sono in grado di consegnarti un mondo migliore di come l’ho trovato; e me ne sento in colpa.
Lettera ad un nipote
Non sono in grado di consegnarti un mondo
migliore di come l’ho trovato; e me ne sento
in colpa.
Caro nipote,
c’è un grosso cruccio che mi rode dentro
e sento il bisogno di tirarlo fuori e di
dirti due parole.
Non sono in grado di consegnarti un mondo
migliore di come l’ho trovato; e me ne sento
in colpa.
Ti garantisco che non sono stato con le mani
in mano, ma forse ho dato per scontato che
sarebbe andata come le altre volte.
I miei nonni erano contadini (da non confondere
con agricoltori come oggi sembra di moda)
ed hanno mandato il loro figlio alla scuola
professionale. Così mio padre ha fatto l’operaio.
Non sono state rose e fiori te lo garantisco,
ma ha avuto una vita migliore. A me ha permesso
di diventare insegnante, un altro passo avanti.
Con le mie figlie, con l’aiuto di tua nonna,
ho fatto pari; non ci sono stati passi avanti,
ma almeno pensiamo di essere riusciti a garantire
loro un minimo di sicurezza economica.
Di te cosa sarà?
Non vedo certezze nel domani, non trovo una
strada che possa dirsi passabilmente sicura.
Vedo la precarietà del lavoro, il decadimento
della vita politica e sociale, l’affermazione
dell’egoismo personale e di classe, il prevalere
della pancia sulla mente.
Vorrei aggiungerci la diffusione del terrorismo,
la devastazione dell’ambiente, l’incertezza
sulle garanzie di una pace durevole. Ma non
voglio farti troppa paura.
Non ci ha insegnato niente la storia; neppure
l’esperienza recente di due devastanti guerre
mondiali in un unico secolo ci ha convinti
della necessità di ascoltarci, unirci, aiutarci,
sostenerci.
Come sempre un abisso separa i ricchi dai
poveri, nella società e nel mondo, e nessuno
è disposto a rinunciare neppure alle sue
briciole per darle agli altri. Piuttosto
le butta nella spazzatura e i nostri rifiuti
sono più ricchi della miseria di tanta, troppa
gente.
Non sono stato con le mani in mano. Ti garantisco
che mi sono dato da fare, nel mio piccolo,
nel mio poco. Ora mi accorgo che è stato
troppo poco e per quanto cerchi di utilizzare
al meglio anche le mie restanti energie,
non ho speranza neppure di scalfire il grumo
che si è formato.
Poi però, guardandomi attorno, riesco a vedere
anche un mondo che non è quello descritto
dai mezzi di comunicazione che prediligono
i realiti e le fiction alla realtà vera e
contribuiscono, sempre per la pancia, a diffondere
il morbo dell’incoscienza e dei falsi traguardi.
Vedo anche un mondo di giovani che riflette,
che lotta, che si impegna nella società e
nel volontariato.
E allora rinasce la speranza che il mio modo
di vedere sia solo quello di un vecchio che
guarda con nostalgia al passato e con pessimismo
ad un futuro dal quale, per natura, è escluso.
Mi dico che ci sarà ancora una possibilità
fino a che l’anima delle nuove generazioni
resterà aperta al mondo e alla speranza.
Allora alla mia generazione dico non lasciamoci
prendere dallo sconforto, non diamo la colpa
al mondo, assumiamoci la responsabilità di
questa situazione che abbiamo tante buone
ragioni di ritenere drammatica.
Ai miei compagni dico continuiamo a batterci,
non da soli, ma a fianco delle nuove generazioni
per trasmettere loro, se non un mondo migliore,
almeno la speranza e la voglia di lottare
per dei valori che riteniamo, ora come prima,
giusti e migliori.
A te dico non lasciarti prendere, crescendo,
nel vortice della superficialità e dell’egoismo,
cerca di affinare la tua capacità di giudizio,
guarda agli altri e al mondo a mente aperta,
con la certezza nei valori eterni di libertà,
giustizia, fratellanza, uguaglianza fra gli
uomini e fra i popoli, i soli in grado di
salvarci e di rendere il futuro più giusto.
Tuo nonno
di F. Guindani
 
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