15 Settembre, 2002
La distruzione del paesaggio urbano a Cremona
Il Palazzo dell’Arte, costruito purtroppo a spese della Chiesa e del Monastero di Sant’Angelo e ancora una volta al centro del dibattito cremonese
La distruzione del paesaggio urbano a Cremona
Il Palazzo dell’Arte, costruito purtroppo
a spese della Chiesa e del Monastero di Sant’Angelo
e ancora una volta al centro del dibattito
cremonese, è uno dei capolavori di Carlo
Cocchia, architetto e pittore futurista,
docente di Scenografia e decorazione e di
Elementi di composizione architettonica alla
facoltà di Architettura di Napoli, successivamente
di Composizione architettonica al Politecnico
di Milano. Maestro di alcuni tra i più famosi
architetti milanesi degli anni 70 e 80 (Rossi,
Aulenti, Gregotti, ecc.), ha lavorato con
geni dell’architettura contemporanea come
Pier Luigi Nervi e ha lasciato opere importanti
in tutta Italia, tra cui la centrale elettrica
del Volturno, gran parte della stazione Centrale
di Napoli, lo stadio San Paolo (oggi deturpato).
Ad un anno dalla morte, avvenuta nell’86,
gli è stata dedicata una mostra antologica
a Napoli, con i contributi di molti suoi
colleghi ed allievi tra i quali Aldo Rossi,
Massimo Nunziata, Ignazio Gardella e Marco
Zanuso. Ho ritrovato il catalogo di quella
mostra e qual è l’immagine di copertina?
Proprio una foto del nostro Palazzo dell’Arte!
Nel libro, i riferimenti al Palazzo si sprecano
e gli è dedicata la sezione fotografica più
rilevante. Riporto alcuni brani di quanto
scritto nel catalogo dal famoso architetto
e professore di Storia dell’Architettura
Giorgio Muratore: “L’edificio..che più degli
altri colpisce per la complessa singolarità
resta a nostro avviso quello del Palazzo
dell’Arte della città di Cremona. Di fatto
travolto dalla vicende prossime alla guerra,
questo edificio, sintomatico, singolarissimo
e a tutt’oggi pressoché sconosciuto, resta
uno dei punti di arrivo della cultura architettonica
dei primi anni 40. Debitore alla lontana
dei quell’altro fondamentale palazzo dell’Arte
che Giovani Muzio aveva ideato per la triennale
milanese, quest’edificio rappresenta nella
sua calcolata scelta cromatica e materica
dovuta ad un uso particolare, sofisticatissimo
e assai convincente del laterizio, nella
definizione dei suoi volumi e dei suoi spazi
e nell’articolazione delle sue strutture
e del suo apparato decorativo uno dei momenti
di maggiore consapevolezza dell’architettura
di quegli anni: un vero e proprio monumento
dell’architettura Italiana contemporanea”.
Altri studiosi precisavano che tra le vere
genialità dell’edificio ci sono le scansioni
dei mattoni, appunto il dialogo con la tradizione
cremonese, ma con richiami alla domus romana
e ai capitelli egizi, probabilmente un riferimento
a quel Mediterraneo che doveva essere la
culla del nascente impero mussoliniano, e
il soffitto “ondeggiante” che fu studiato
da Cocchia per dare luminosità naturale all’interno.
Ce n’è abbastanza per affermare che l’opera
di Cocchia è importantissima e andrebbe seriamente
tutelata. Ma ora sappiamo che il progetto
del Museo del Violino o delle Eccellenze
Cremonesi la stravolgerà.
E’ vero che Palazzo dell’Arte è inutilizzato
da anni e in cattive condizioni, ma siamo
sicuri che ricoprire le sue mura con ascensori,
superfici riflettenti, corridoi di cristallo,
sia una buona idea rispettosa dell’edificio
di Cocchia? E le passerelle colorate appese
ai soffitti? Le aggiunte del progetto approvato
non finiranno per dominare e spegnere proprio
le peculiarità del palazzo? E quella bizzarria
appoggiata sul tetto, che qualcuno chiama
“lumacone”, altri “banana”, non finirà per
essere l’ennesimo sfregio al paesaggio di
Cremona? Se qualche privato avesse messo
la “banana” sul tetto della propria casa
in centro storico, come avrebbe reagito la
Commissione Edilizia?
Insomma, era impossibile un progetto per
un restauro davvero conservativo? Proprio
perché l’argomento è complesso, richiederebbe
studio, discussione, ricerca. Richiederebbe
soprattutto il principio di cautela: se non
si è sicuri delle conseguenze è meglio non
fare, il che non significa non combinare
nulla, ma significa “non fare ora” e studiare
e ricercare per capire meglio e migliorare
le idee.
Spero che la nuova amministrazione comunale
voglia rendere il progetto per il restauro
del palazzo di Cocchia molto meno invasivo
e più sobrio, e soprattutto, non sia ammalata
del “presentismo” imperante che rende i politici
schiavi del sondaggio d’opinione e della
voglia di mostrarsi come “quelli che fanno,
che agiscono e che risolvono” a tutti i costi,
che non voglia quindi sacrificare all’utilità
del momento il futuro, oggi di Palazzo dell’Arte,
domani di chissà cos’altro.
Luca Ferrarini
http://www.civescremona.org:80
 
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