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15 Settembre, 2002
Giuseppe Torchio interviene sui temi dell’energia
Intervento alla seduta del Consiglio Provinciale sulla approvazione del Bilancio Preventivo

Giuseppe Torchio interviene sui temi dell’energia .
Intervento alla seduta del Consiglio Provinciale sulla approvazione del Bilancio Preventivo
Le dichiarazioni elettorali: “A casa questo centro sinistra, confuso e contradditorio”; “Noi garantiremo rapporti diretti con Regione e Governo, basta contrasti!” insieme al teorema dell’allineamento politico hanno venduto agli elettori l’illusione che qualche “telefonata”a Silvio e a Roberto potesse bastare a risolvere i problemi del territorio.
Alcuni imprenditori mi confidano timori per il nuovo rito ambrosiano: “una volta, nel bene o nel male, comandavano i cremonesi, ora invece siamo nelle mani dei milanesi”. Non è soltanto, insomma, la scomparsa del nostro gonfalone dalla Cattedrale per S.Omobono patrono o, per la prima volta, il “rompete le righe” e il dì di festa per tutti per il patrono di Milano o l’ossequio e la riverenza al Pirellone per incarichi giuridici, analisi aziendale, consulenze, staff fino alla Direzione Generale e domani - abbiamo letto - anche per le partecipate Centro Padane e Bre.Be.Mi.
Revocate nomine, minacciate rimozioni tecniche, richiamati professionisti a togliersi da ruoli svolti con competenza ed autorevolezza...funzionari e dirigenti rottamati o trasferiti non si sa se per appartenenze pregresse o per asserite frequentazioni postume...uno spoil system apparentemente anglosassone o un regolamento di conti in salsa padana? Non sempre, in passato, al brillante cursus honorum di taluni Dirigenti ha corrisposto la leale collaborazione con la Giunta, fino alla consumazione di atteggiamenti al limite dell’omissione della comunicazione di importanti elementi conoscitivi, o di decisioni della stessa Magistratura amministrativa: fatti che -come si può capire - hanno portato ad una non sempre aggiornata ed efficace azione di governo.
I premi ai “da noi promossi”, e oggi magari, inspiegabilmente, a noi ostili, sembrano confondersi con i silenzi tombali di rappresentanze sindacali che, proprio e specie nelle mie rare missioni fuori Cremona, erano solite attivare significative agitazioni del personale “Negli ultimi sei mesi, infatti, “muti passaron quella notte” ...si è passati dal frastuono delle trombe ad una Caporetto di fronte alle mancate assunzioni dopo regolari concorsi legittimamente vinti o alla stessa stabilizzazione dei precari da noi garantita (ad esempio, con la dismissione del CFP, fortemente contrastata dalla minoranza dell’epoca). Ma ora quale sarà la linea del Piave?
L’aria meneghina s’infrange, soltanto, nei distinguo sulla pastorale del Cardinale Tettamanzi, che con chiarezza ha tracciato il solco dei doveri di accoglienza del cristiano, una tesi anticipata dal Vescovo Lafranconi nella recente prenatalizia con i politici... Vien da chiedersi che fine faranno le risorse previste dagli industriali per l’Agenzia per l’integrazione, unanimemente condivisa nel Patto per lo Sviluppo? Basterà togliere il burqa alle donne musulmane, o dare loro un tozzo di pane? O i problemi sono un po’ più complessi degli slogan vincenti a livello elettorale?
Ma in fondo, quali risultati positivi sono giunti dall’“allineamento” alle maggioranze meneghine e romane? Un breve elenco: treni (pendolino, ma non solo: l’arretramento della qualità per i treni pendolari è spaventoso), idrovia, uso idroelettrico ed irriguo del fiume (dove non si muove foglia che Cattaneo non voglia; e pare proprio che, finora, egli non voglia), mancate risorse regionali a Porcellasco, con interrogazione da sei mesi in attesa di risposta, la cava di Caravaggio, il mancato finanziamento alla “greenway” dell’Oglio, per tacere della sconfitta sulla questione amianto dove anzichè opporsi a tale insediamento, se non altro per l’insufficiente escursione della falda (v. relazione Sbrana), ci si costituisce in giudizio contro i legittimi oppositori, cioè i cittadini.

L’elenco di questi “successi” dovrebbe costituire un’efficace risposta a chi, ancora, nell’attuale maggioranza, discute e si divide sull’utilità dell’Ente Provincia, e su quale debba essere il suo ruolo. La Provincia serve: purché essa sia l’autentica, autonoma e democratica espressione di un territorio e di una collettività, e non la dépendance di altri poteri individuati come “superiori”; non l’ufficio decentrato della Regione, ma un Ente che sa assumersi coraggiosamente le proprie responsabilità, di fronte alla sua gente, senza badare al colore del governo regionale o nazionale pro tempore, così come noi abbiamo spesso fatto nei confronti del governo Prodi.
Ci pare, invece, che molte scelte di questa Amministrazione, a partire dalla revoca a numerose Associazioni, o dal ritiro dalle principali cause ambientali presso diversi Tribunali, siano volte a sterilizzare la Provincia, e renderla sempre più lontana dai cittadini elettori e sempre più succube di poteri forti alloctoni che possono telegovernare il territorio a loro piacimento.
In particolare, qual’è il ruolo della Provincia nella gestione dei servizi pubblici? Non si può che convenire su una “regia provinciale”, che scaturisca da una forte concertazione, mai a scapito dei Comuni e della loro autonomia. Materie importanti e decisive come l’acqua o le reti possono trovare la sintesi di una volontà territoriale da esprimere in un’unica società patrimoniale dell’acqua, in luogo delle sette attuali e delle altrettante a livello gestyionale: una società non imbalsamata ma capace di approvvigionarsi di risorse alla Cassa Depositi e Prestiti ed al sistema bancario, di aggiungere nuovi investimenti nelle reti e di evitare che tutto il bussines cada nelle mani dei privati. Molto significativo sarebbe ritornare allo spirito costituente della Giunta Vernaschi in città quando, agli albori degli anni ’70, si operò per la pubblicizzazione della rete del gas metano, togliendola dalla gestione dei privati e non viceversa, come capita costantemente di leggere oggi.
Bene s’è fatto a proseguire la coltivazione delle “servitù energetiche”, a fare tesoro delle compensazioni territoriali sia quelle ricevute (Stogit), quelle in itinere (Snam Rete Gas, Enel Gas, Terna) o quelle dove bisogna ancora mordere l’osso, come per Caorso, per “ricaricare” il bilancio. Non solo per quanto ci è dovuto per gli investimenti sacrosanti sostenuti dai cremonesi a livello di prevenzione sanitaria, piani di allertamento, evacuazione, protezione civile da tempo da noi evidenziati nei tavoli romani ma anche e soprattutto rispetto ai problemi legati non tanto alle indiscrezioni quanto ad una “ripartenza” data ormai come effettiva di una o più centrali nucleari alle porte di casa.
Sappiamo che si tratta di materia sottratta dal Governo alla diretta competenza degli Enti Locali, quindi, che ci piaccia o no, se non saremo noi a decidere su materie così sensibili per gli interessi del Paese, si completi almeno quel percorso di equità territoriale a cui, più volte, si è riferito il ministro Scajola, anche a livello dei costi insopportabili della bolletta energetica per i nostri territori, dall’acciaieria, alle attività produttive e fino alle utenze domestiche. In questo senso eloquente sarebbe poter contare sull’allineamento della nostra bolletta alla media europea e sulla continuita’ della Consulta degli Enti Locali interessati da servitù energetiche che ha visto la nostra Provincia guida riconosciuta ed incisivi del coordinamento nazionale.
Proprio oggi ci sembra di poter cogliere nel testo anticipato dalle agenzie delle significative aperture alle Provincie, a cui competerebbe il 10% delle compensazioni, ed agli Enti Locali posti nelle aree limitrofe agli insediamenti energetici, con il 35%. Riteniamo che questo riguardi sicuramente il passato e si faccia chiarezza rispetto a percorsi che finora hanno fatto strame delle nostre richieste.
La scommessa energetica del territorio, a cui peraltro sembra molto intessato, in project financing, il gruppo tedesco E-On potrà contare sulla disponibilità di 250 megawatt idroelettrici-il 5% del fabbisogno nazionale-con le cinque barriere mobili sul Po, sul fotovoltaico e sui piccoli salti d’acqua ma anche sulle agroenergie che sono al centro di un ambizioso progetto di distretto territoriale cremonese, con le nostre Università e la Fondazione Cariplo. Non vi tedio su rischi ed opportunità della filiera lunga che parte dalla disponibilità anche di prodotti importati, a quella corta, imposta dalla finanziaria del 2009 che ha portato all’esplosione degli affitti con sollecitazioni eccessive del mercato fino a paventare il rischio reale di “land grabbing” e cioè dell’incetta di terreni tolti dalla produzione agroalimentare di qualità da parte di forti soggetti speculativi stranieri presenti nel nostro mercato, di partecipazioni maggioritarie in rami d’azienda e di pesanti condizionamenti negli assetti aziendali.
Vorrei, a questo punto soffermarmi sul progetto di riordino dei Consorzi di Bonifica, secondo lo studio commissionato dalla Regione al prof. Gandolfi del Dipartimento di Ingegneria Agraria dell’Università di Milano che sbriciola la nostra entità territoriale in tre ambiti che aggregano il cremasco alla media pianura bergamasca ed il casalasco al mantovano e pare all’Oltrepo. E’ bene che questi argomenti tornino ai territori interessati per le scelte che ci competono.
Va estesa la capacità di progettualità europea acquisita dagli uffici nell’ultima tornata, la possibilità di elaborazione dei “progetti concordati” a livello di Piano di Sviluppo Rurale, come per i Fontanili cremaschi con alcuni milioni di finanziamento, il Piano di Sviluppo Locale del Gal Oglio Po con quasi 6 milioni di Euro, i Piani Integrati Ambientali “Isole e Foreste del Po” e “Greenway dell’Oglio” togliendo quest’ultimo dal limbo degli “ammissibili non finanziati”, delle varie branche del FESR a cui concorriamo con diversi progetti infrastrutturali, dal ferro con i raddoppi selettivi e l’infrastrutturazione portuale e di Tencara, all’acqua, alla strada, all’energia, dei fondi Fas, dai 180 milioni delle 13 provincie “Valle del Po” a quello della “Golena Aperta” a monte ad a valle della Tamoil, ai nuovi distretti da tempo richiesti e finalmente assentiti dalla Regione, alle risorse del Fondo Sociale Europeo, ai nuovi percorsi legati agli ammortizzatori sociali ed al reinserimento di manodopera espulsa, alle potenzialità del nuovo Distretto Culturale Crearte fortemente studiato e realizzato con le sinergie universitarie, della Fondazione Cariplo e delle reti teatrali, museali, culturali e civili del territorio.
Una progettualità interforze ed interenti che ha visto la Provincia mettersi alla stanga ed in rete con la Camera di Commercio, il Gal, Reindustria, le Categorie economiche e sociali, le Banche, le Istituzioni e la Regione, per vincere trascuratezze e, talvolta, esclusioni del nostro territorio dai progetti di sviluppo della Regione. Piange il cuore al pensiero che una vasta messe di lavoro ricognitivo, di progetti fortemente concertati e condivisi possa essere cancellata, dopo un itinerario di consenso lineare e corretto con la Regione, sia nelle vicende dell’AQST che in quelle del Patto per lo Sviluppo, o delle priorità di Expo 2015, esperienze che non vorremmo vedere sotterrate.
Questo rileva una questione più generale: l’atteggiamento di fronte ai soggetti esterni (associativi, sindacali, ecc): è ancora necessaria la CONCERTAZIONE delle posizioni e delle leadership locali per poter garantire quella governance che, come per Reindustria, non può essere pretesa in virtù di una leadership imposta ma solo di un riconoscimento di ruolo da parte della base sociale.

“Quello che hai costruito può essere distrutto: non importa, costruisci” (Madre Teresa di Calcutta)
Giuseppe Torchio
consigliere provinciale

 


       



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