15 Settembre, 2002
Nucleare: la Cina difende l'Iran e la propria economia
Teheran ha iniziato il processo di arricchimento dell'uranio per le proprie centrali.
Nucleare: la Cina difende l'Iran e la propria
economia
Teheran ha iniziato il processo di arricchimento
dell'uranio per le proprie centrali. E Pechino
rischia di vedere compromessi i suoi rapporti
in caso di nuove sanzioni, dopo l'accordo
da 70 miliardi di dollari. A rischio anche
il commercio italiano.
Nel duro braccio di ferro tra Occidente e
Iran sulla spinosa questione del nucleare,
a rimetterci saranno i Paesi con i legami
commerciali più forti. E la Cina lo sa bene.
Per questo il governo di Pechino sta cercando
in tutti i modi di evitare che il Consiglio
di Sicurezza dell'Onu stabilisca pesanti
sanzioni nei confronti di Teheran, nonostante
l'annuncio di quest'ultima di aver dato il
via all'arricchimento dell'uranio al 20 per
cento.
Al momento la Cina è il primo partner commerciale
dell'Iran, con il 15 per cento delle importazioni
e il 14,2 per cento delle esportazioni. Eventuali
limitazioni potrebbero non solo danneggiare
i suoi commerci, ma anche compromettere i
rapporti con la Repubblica Islamica, unica
in grado di soddisfare gran parte del proprio
fabbisogno energetico grazie ai giacimenti
di petrolio e gas.
Un accordo per un valore di 70 miliardi di
dollari è stato firmato alla fine di ottobre
2009 tra i due Paesi. Si tratta della più
importante intesa mai raggiunta tra il governo
di Pechino, che in questo modo ha rafforzato
ulteriormente i suoi rapporti commerciali,
e quello di Teheran. La Cina si è impegnata
a comprare in 30 anni 250 milioni di tonnellate
di gas liquido naturale, mentre l'Iran, secondo
paese produttore di greggio dell'Organizzazione
dei Paesi esportatori di petrolio (Opec),
garantirà per i prossimi 25 anni 150mila
barili al giorno del prezioso oro nero.
Si capisce bene quali interessi siano in
gioco dietro la questione del nucleare iraniano.
La Cina, la cui industrializzazione è in
forte crescita, è oggi la nazione che ha
la maggior necessità di importare energia
per far andare avanti le proprie fabbriche.
Inoltre, un'ulteriore escalation di tensione
e violenza, oltre a danneggiare i rapporti
commerciali, potrebbe portare una nuova e
massiccia presenza militare degli Stati Uniti
nell'area. Cosa oltretutto non gradita dalla
Russia.
Anche l'Italia potrebbe rimetterci se dovessero
essere approvate delle sanzioni. Il nostro
Paese, infatti, secondo i dati del primo
trimestre 2009, è il primo partner commerciale
europeo dell'Iran, un primato che divide
con la Germania, con la quale spesso si alterna.
Con 1 miliardo e 776 milioni di euro complessivi
di scambi in sei mesi (cifra elaborata dalla
Camera di commercio italo-iraniana su dati
Eurostat) conferma il trend di crescita iniziato
nel 2006. Le esportazioni italiane verso
l'Iran hanno raggiunto un volume totale di
894 milioni di euro, che interessa prevalentemente
i settori metalmeccanici, dell'impiantistica
e delle costruzioni, mentre le importazioni
riguardano soprattutto energia e prodotti
del comparto agroalimentare, con un saldo
positivo (l'export prevale sull'import) di
12 milioni di euro.
Le aziende italiane che fanno affari con
l'Iran sono quasi un migliaio, ma solamente
qualche decina ha aperto importanti basi
operative nel Golfo Persico, tra cui Eni,
Ansaldo, Tecnimont, Danieli e Duferco. Sebbene
il Presidente del Consiglio italiano abbia
recentemente sottolineato che le aziende
del Belpaese non stipuleranno nuovi accordi
con la Repubblica Islamica, ma si limiteranno
a rispettare quelli già esistenti, pare difficile
che, in caso di sanzioni, la nostra economia
non ne risentirà.
http://www.nannimagazine.it/articolo/Nucleare-la-Cina-difende-l-Iran-e-la-propria-economia
 
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