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15 Settembre, 2002
Il vertice sul clima è fallito.
Dai nuovi movimenti della società civile globale rinasce la speranza per il futuro del pianeta.

Il vertice sul clima è fallito.
Dai nuovi movimenti della socità civile globale rinasce la speranza per il futuro del pianeta.
Il vertice di Copenhagen sui cambiamenti climatici - che pure nel documento finale riconosce in maniera generica la necessità di contenere l'aumento della temperatura sotto i 2 gradi - si è chiuso con un sostanziale fallimento, senza un accordo rigoroso e vincolante. Rimane soltanto una porta aperta alla prosecuzione dei negoziati che dovrebbero svilupparsi nei prossimi mesi.
E' palpabile una grande delusione per le speranze che questo vertice aveva acceso in ogni parte del mondo.
Ma già ora è chiaro che Copenhagen rimarrà nella storia non per i risultati mancati, ma per le energie positive della società civile globale che ha aggregato attorno a sé con le tante azioni nonviolente, le fiaccolate, i sit-in colorati, le manifestazioni che hanno acceso ancor più riflettori sul vertice.
L'obiettivo comune di ottenere un accordo rigoroso, vincolante, lungimirante è stato un potente elemento di coesione ed ha permesso alle reti internazionali, alle ong, alle associazioni, ai sindacati, alle grandi e piccole organizzazioni di lavorare fianco a fianco determinando un punto di svolta di grande portata che già mostra i suoi effetti positivi.
Abbiamo visto in azione per le strade di Copenhagen e di tutto il mondo una nuova generazione di attivisti, che dopo alcuni anni di disillusione chiedono con forza che la Politica con la p maiuscola torni ad essere protagonista e riesca a guidare l'economia. Nessuno di loro si dà ora per vinto.
E non possiamo darci per vinti neanche noi. Ora più che mai è il momento dell'azione.
L'Arci ha dato il suo piccolo contributo alle oltre 200 iniziative di mobilitazione e sensibilizzazione promosse in Italia dalla Coalizione "In marcia per il clima", che hanno visto una partecipazione molto forte. Era percepibile attorno alla battaglia per un clima migliore un grande calore, molta preoccupazione ed anche tanta voglia di mettersi in gioco, di fare sentire la propria voce.
E' da qui che dobbiamo ripartire. Servono cambiamenti strutturali nel modello di sviluppo, a cominciare dalle politiche energetiche, nei nostri stili di vita, di alimentazione, di mobilità, nel modello di organizzazione delle nostre comunità, delle nostre città. La voce che si è alzata dalle 200 piazze italiane, così come dalle mobilitazioni a Copenhagen ed in tantissimi paesi del mondo, segnala che la disponibilità a cambiare comportamenti e stili di vita c'è ed è forte. Ma da sola non basta.
Serve una classe politica all'altezza, in Italia, in Europa e su scala internazionale, che possa agevolare alcuni cambiamenti ed imporne altri, ripartendo equamente i costi, nella consapevolezza che ogni mese perso comporterà costi sempre più alti.
Da questo punto di vista preoccupa non poco il modo con cui si è giunti alla chiusura del vertice, con un accordo tra 4 grandi potenze e i paesi più poveri che reclamano inutilmente di avere spazio e voce. E preoccupa ancor più la debolezza dell'Unione Europea, presa dalle sue grandi contraddizioni, inefficace finora nel rispettare gli impegni assunti in termini di riduzione concreta delle emissioni, e quindi meno credibile ed autorevole rispetto ai precedenti vertici.
Una nostra riflessione sulla democratizzazione dell'UE, sul suo rafforzamento attraverso un riavvicinamento alle istanze della società civile è a questo punto irrinunciabile.
Ma ricominciamo da noi stessi; per quanto ci compete, serve anche che il nostro associazionismo popolare traduca i cambiamenti necessari in iniziative concrete all'interno dei nostri circoli, attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica degli immobili, con le forniture di energia pulita, la minimizzazione dei rifiuti, la promozione dei gruppi di acquisto solidale, le cene a Km 0.
E, vista la scarsa attenzione con cui il governo italiano e le forze politiche del nostro Paese (anche a sinistra) hanno seguito gli sviluppi del vertice, è importante che l'Arci si faccia promotrice, insieme alle altre associazioni, di una battaglia politica e culturale per porre questi temi al centro dell'agenda italiana. E' evidente che sarà sulla concretezza dell'azione politica, sulla capacità di rispondere a sfide globali come quella climatica che i cittadini, e in particolare le giovanissime generazioni, sempre più misureranno i propri rappresentanti.

Anche se il vertice di Copenhagen è fallito, la sfida per salvare il pianeta dal surriscaldamento prosegue ed entra ora in una fase cruciale. E' necessario costruire con ancora maggiore determinazione una mobilitazione ampia che possa contribuire a disincagliare le trattative e farle approdare a decisioni concrete e vincolanti.

L'impegno dell'Arci riflessioni, proposte, azioni...
A Copenhagen si è tenuto un incontro fondamentale per la sorte del nostro pianeta. Si tratta dell'incontro finale dell'IPCC (Pannello intergovernativo per il cambiamento climatico) delle Nazioni Unite, che potrebbe passare alla storia come una sorta di Kyoto2.
L'incontro, centrato sulla prevenzione dei cambiamenti climatici, poteva infatti vedere la firma di un trattato per la diminuzione delle emissioni di CO2 responsabili del surriscaldamento della terra, con limiti più stringenti rispetto a quelli previsti dal primo ormai noto protocollo di Kyoto che fu siglato l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi e che entrò in vigore nel 2005 prevedendo l'impegno a diminuire le emissioni di CO2 in atmosfera di almeno il 5% rispetto al livello del 1990.
Al centro della discussione, oltre ai nuovi limiti di emissioni, c'è anche il tema di come finanziare le forme di adattamento ai cambiamenti climatici per i paesi che ne stanno subendo gli effetti peggiori: il surriscaldamento della terra sta già aumentando la inondazioni, l'aumento del livello del mare con la conseguente sommersione di terre ed isole, la diffusione di malattie tropicali.
MA TUTTO QUESTO CI RIGUARDA? NEL RESTO DEL MONDO SONO CONVINTI DI SÌ .
Il dibattito su come raggiungere gli obiettivi fissati per i propri paesi dal protocollo di Kyoto e su come imprimere un'accelerazione agli impegni della comunità internazionale per fronteggiare l'emergenza climatica è stato al centro delle recenti campagne elettorali per il rinnovo del Parlamento Europeo, così come nella recente campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento tedesco. Ed il paese che più snobbava questi temi, gli USA, con la presidenza Obama ha sepolto il negazionismo dell'era Bush, arrivando a porre lo sviluppo delle energie rinnovabili e della maggiore efficienza energetica al centro del proprio impegno per superare la crisi economica. Come per altre grandi riforme Obama si trova a fronteggiare gli ostacoli frapposti da una parte dei democratici e soprattutto dai senatori repubblicani, ma ora ha dalla propria parte non soltanto la comunità scientifica e le ong, ma anche una parte rilevante dell'industria, finalmente convinta del fatto che il non agire per tempo renderà tutto più difficile e costoso.
L'Unione Europea dal proprio canto si è data obiettivi che sono stati per anni un punto di riferimento internazionale: con l'approvazione a fine 2008 del pacchetto clima-energia l'UE ha concretizzato il proprio "obiettivo 20/20/20", ovvero la riduzione del 20% delle emissioni di CO2, l'aumento al 20% del risparmio energetico e l'aumento al 20% dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili entro il 2020, che salirebbe al 30% in caso di un impegno anche degli altri paesi.
Ma ora anche Cina ed India, per lungo tempo considerati i nuovi inquinatori mondiali che con la propria crescita economica ed industriale avrebbero reso vano qualunque sforzo dei paesi più sensibili e virtuosi, stanno iniziando a fare la loro parte. La Cina, ad esempio, ha iniziato da un paio di anni a trasformare il proprio modello energetico.
Si stanno quindi dissolvendo gli "alibi incrociati" e si aprono, almeno in teoria, grandi spazi per politiche coraggiose.
E' fondamentale però il ruolo della società civile per aiutare i decisori politici a superare le resistenze che comunque ci sono, specie in questa fase di crisi economica, e contribuire a porre obiettivi più stringenti accelerando il necessario cambiamento. L'Unione Europea ha appena raggiunto un accordo al proprio interno sull'altro grande tema in discussione, ovvero su come trasferire tecnologia ai paesi più poveri del mondo e aiutarli a lottare efficacemente contro i cambiamenti climatici. Secondo l'UE servirebbero almeno 100 miliardi di dollari l'anno fino al 2020! Quindi molto in questa direzione rimane da fare e i movimenti sociali che agiscono su scala internazionale mettono questo tema al centro delle loro richieste.
Un altro aspetto della discussione che si sta sviluppando a livello mondiale ed è ben seguito dai media stranieri riguarda quanto i cambiamenti climatici potranno essere fermati da innovazioni tecnologiche (più o meno futuribili - dalla cattura e immagazzinamento del carbonio ad enormi specchi lanciati in orbita - su cui le associazioni ambientaliste sono assai scettiche) e quanto sia invece inevitabile una riconversione del nostro stile di vita, come in molti ormai sostengono.


LE MOBILITAZIONI INTERNAZIONALI E IL RUOLO ATTIVO DELLE ASSOCIAZIONI
Un po' come le passate generazioni si erano formate sulla contraddizione di 8 grandi capi di stato che decidevano per 6 miliardi di persone oppure sul fatto che i 3/4 del pianeta avevano a disposizione solo 1/4 della ricchezza mondiale, così oggi un'intera nuova generazione di giovanissimi attivisti, soprattutto nel Nord Europa, si sta formando sull'assunto che la crisi climatica è lo specchio di ciò che non funziona nell'attuale sistema economico mondiale.
Secondo questa lettura mentre sono i paesi di prima industrializzazione ad essere stati i massimi responsabili delle emissioni di CO2 in atmosfera, causando il buco dell'ozono e l'effetto serra, ora sono essi stessi a chiedere ai paesi industrializzatisi successivamente - Cina ed India in primis, ma anche i paesi latinoamericani - di bloccare le proprie emissioni ai livelli attuali e di limitare il proprio sviluppo.
Intanto sono le popolazioni più povere del pianeta a subire, senza alcuna protezione, gli effetti più devastanti della crisi climatica. Le inondazioni colpiscono le coste e le zone agricole del sud del mondo, dove la popolazione coltiva per vivere; si diffondono le malattie tropicali; la produzione di agro combustibili (da sostituire nei veicoli a motore ai combustibili fossili come il petrolio) porta alla riconversione delle coltivazioni causando un aumento considerevole del costo dei prodotti agricoli per l'alimentazione.
Conseguentemente, spetterebbe alla comunità internazionale assumere scelte più forti, distribuendone i costi su tutti i paesi, assicurando che i paesi più sviluppati trasferiscano tecnologia ai paesi più poveri e sostengano i costi della mitigazione del riscaldamento climatico e dell'adattamento.
L'Arci fa parte della rete internazionale "Climate Justice Now!" - "Giustizia climatica adesso!" che ha l'obiettivo di mettere in rete le comunità che in tutto il mondo subiscono gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici, insiemi alle piccole e grandi associazioni ambientaliste, ai movimenti sociali, alle ong e ai soggetti della cittadinanza attiva, per sensibilizzare l'opinione pubblica nazionale e mondiale e per fare pressione sui rappresentanti della comunità internazionale.

LO STATO DELLA DISCUSSIONE IN ITALIA
Il governo italiano ha un atteggiamento a dir poco contraddittorio: se all'inizio di aprile il Senato ha approvato una mozione "negazionista" che, richiamando il riscaldamento di Plutone, negava che ci fosse in atto un riscaldamento della terra, a fine aprile presiedendo il G8 sull'Ambiente svoltosi a Siracusa la Ministra Prestigiacomo si è dichiarata impegnata a combattere i cambiamenti climatici ed ha poi riconosciuto che "la quasi totalità della comunità scientifica ritiene che i gas serra ne sono una causa determinante" rinviando però l'analisi su se e come gli obiettivi di Kyoto potranno essere raggiunti.
Analogamente il governo ha prima cancellato le agevolazioni per le ristrutturazioni immobiliari a carattere ambientale - per l'efficienza energetica - che il governo Prodi aveva previsto con il 55% della detraibilità fiscale, per poi reintrodurle, viste le pressioni di tante associazioni di cittadini ma anche di tante aziende, spalmando però la detraibilità su un periodo più lungo.
La discussione politica italiana ha soltanto sfiorato questi temi. Neppure le forze del centrosinistra e della sinistra sono riuscite a dare alle questioni climatiche e ambientali la centralità che meriterebbero e che effettivamente hanno in altri paesi. Anche l'opposizione stenta a chiamare il governo in causa rispetto alla difficoltà di raggiungere quantomeno gli obiettivi di Kyoto.


LA RETE ITALIANA 'IN MARCIA PER IL CLIMA'
L'Arci fa parte della rete nazionale "In marcia per il clima", di cui sono parte tutte le principali organizzazioni ambientaliste (da Legambiente a WWF, a Greenpeace), oltre ai tre sindacati confederali e a tantissime associazioni della società civile - dalle Acli alla Uisp, alle associazioni studentesche, alla organizzazioni degli agricoltori, alla Lega Pesca, a molte altre associazioni che hanno riconosciuto la centralità di questo tema.
La coalizione ha avuto il merito di promuovere la marcia/manifestazione di Milano del 7 giugno 2008 (da cui ha poi preso il nome) e che è stata una delle più partecipate iniziative sul tema del clima. Ha poi proseguito la propria attività producendo documenti indirizzati agli attori istituzionali e politici e in qualche occasione, attraverso la carta stampata, anche al grande pubblico. Ha organizzato inoltre eventi informativi e di pressione politica in occasione del vertice del G8 sul clima nell'aprile scorso a Siracusa. Oggi sta lavorando ad un appello per il clima che rivolgerà al Parlamento italiano ed ha organizzato una due giorni di eventi di sensibilizzazione nelle città italiane per il 12 ed il 13 dicembre. In contemporanea alle iniziative di mobilitazione della società civile internazionale a Copenhagen, eventi locali di informazione e sensibilizzazione sull'importanza, per i cittadini e le istituzioni, di impegnarsi per fermare il surriscaldamento della terra.

COSA POSSIAMO FARE DI UTILE? PARTIAMO DA NOI STESSI...
Il ruolo dell'Arci non è certo quello di competere con le associazioni prettamente ambientaliste. Tuttavia, nella consapevolezza del fatto che queste sensibilità potranno avere successo solo nella misura in cui usciranno dall'ambito degli addetti ai lavori, il nostro ruolo può essere quello di continuare a dare un contributo nelle reti nazionali ed internazionali per imporre le tematiche ambientali al centro dell'agenda politica, e soprattutto quello di svolgere appieno la funzione educativa di una grande organizzazione popolare della cittadinanza attiva:
1) informare i propri soci e i cittadini sui benefici del risparmio energetico, della coibentazione, dei consumi attraverso i gruppi di acquisto solidale e la filiera corta (minimizzando il consumo di energia per le attività di immagazzinamento e trasporto)
2) valorizzare e promuovere pratiche virtuose che autonomamente tanti circoli hanno portato avanti in questi anni: l'installazione di pannelli solari termici o fotovoltaici, le iniziative di minimizzazione degli sprechi (riduttori di flusso per l'acqua, cassette a doppio tasto per i WC) e degli imballaggi (negli acquisti e attraverso la promozione dell'acqua dell'acquedotto e delle bibite alla spina), la coibentazione e la sostituzione delle superfici vetrate, la promozione di servizi quali l'autostop organizzato o il car pooling.
3) favorire la crescita di gruppi di acquisto solidale all'interno dei circoli; promuovere iniziative, come Primaverabio, di messa in contatto dei cittadini con le aziende agricole presenti sul proprio territorio
4) favorire la stipula di contratti di energia elettrica "verde" proveniente da fonti rinnovabili da parte dei circoli e degli stessi soci
5) promuovere presso le amministrazioni locali il potenziamento dei servizi di trasporto pubblico e le infrastrutture per i ciclisti (percorsi ciclabili, installazioni di rastrelliere)
Uno dei primi obiettivi dell'Arci è realizzare una mappatura virtuale, aggiornabile di volta in volta, delle pratiche positive che tante associazioni o tanti circoli hanno messo in campo.
Dobbiamo moltiplicare le iniziative nei nostri circoli, quali le cene a Km zero, proiezioni di film e presentazioni di libri; suggerire a soci e cittadini determinati libri o film da regalare per il periodo natalizio. Insomma tutto quanto può fornire occasioni per informare e stimolare discussione su questi temi, con l'obbiettivo di dimostrare che è possibile, anche attraverso le nostre scelte quotidiane, modificare il modello di sviluppo e gli stili di vita contribuendo a garantire un futuro al pianeta.

 


       



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