15 Settembre, 2002
L’attesa di Indira di Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)
Dobbiamo credere nella democrazia e agire di conseguenza”.
L’attesa di Indira di Massimo Negri – Casalmaggiore
(CR)
Dobbiamo credere nella democrazia e agire
di conseguenza”.
Cari amici di Welfare Cremona,
in una lettera al Cardinal Carlo Maria Martini,
pubblicata sul Corriere della Sera
del 25 ottobre 2009, Nicoletta Soffiati di
Milano ha chiesto perché continuiamo a
permettere di costruire moschee quando si
è a conoscenza che in Egitto
ed in altri Paesi arabi non si possono suonare
le campane delle chiese cristiane.
Il Cardinal Martini ha risposto: “sarebbe
bello ottenere la reciprocità in tutto,
che cioè anche in questi Paesi si lasciasse
piena libertà religiosa. Bisogna continuare
a far presente tale nostra esigenza, ma la
mancanza di reciprocità non è una ragione
per negare a coloro che vengono da noi i
diritti che ammettiamo per tutti. Occorre
però che si esiga la piena osservanza delle
nostre regole e il rispetto per i nostri
valori. Dobbiamo credere nella democrazia
e agire di conseguenza”.
A questo pensiero, che condivido, idealmente
unisco, in calce, un raccontino di Cristina
Valenti titolato “Indira”. E’ contenuto nel
libro-raccolta di autori vari
Le donne della Bassa in duecento parole (e.lui
editore) e ci offre un esempio di integrazione,
forse riuscita, a Luzzara (RE). Parole di
speranza.
Cordiali saluti
Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)
Indira
I colori del suo abito si stagliavano nella
nebbia. Un contrasto inusuale.
Stoffe brillanti, preziose, che trasparivano
attraverso l’aria umida di quella mattina.
Erano i colori del cielo, dei fiori, del
mare del suo paese. Indira amava indossare
quelle morbide stoffe, unica traccia di un
ricordo che diventava tutti i giorni più
remoto nella sua giovane memoria. Portava
con eleganza e rispetto quel vestito,
mentre attraversava la piazza di Luzzara.
Sapeva che molti occhi erano puntati su
di lei, con curiosità, ma anche con affetto.
Era una donna dolce, garbata, dai bellissimi
occhi scuri. Tutto ciò la rendeva orgogliosa
quando usciva di casa tenendo
per mano il suo bambino per andare al mercato.
La nebbia quel giorno la avvolgeva,
proprio come quell’abito, che fasciava dolcemente
il suo corpo, segnando il profilo
di una nuova gravidanza. Nella nebbia Indira
riusciva a vedere ancora il mare della sua
città e gli occhi di suo padre. Amava la
nebbia perché le permetteva di sognare.
Solo quando alzava lo sguardo e scorgeva
in alto la cima del campanile di Luzzara
capiva che adesso il destino era lì. Il ricordo
poteva sopravvivere solo nel cuore e
nella nebbia intensa di quella nuova terra.
 
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