15 Settembre, 2002
ELEZIONI REGIONALI Dal voto popolare, una spinta per cambiare il Paese
Tutti gli indicatori sulla situazione italiana, sul versante economico, sociale, culturale, sullo stato di salute delle stesse istituzioni democratiche, ci restituiscono la fotografia di un Paese in forte difficoltà
ELEZIONI REGIONALI Dal voto popolare, una
spinta per cambiare il Paese
DAL VOTO POPOLARE DEL 28 MARZO
per il rinnovo dei Governi regionali può
arrivare una nuova spinta verso il cambiamento
di cui il Paese ha urgente bisogno.
Tutti gli indicatori sulla situazione italiana,
sul versante economico, sociale, culturale,
sullo stato di salute delle stesse istituzioni
democratiche, ci restituiscono la fotografia
di un Paese in forte difficoltà. La crisi
economica globale ha prodotto in Italia effetti
devastanti, in un contesto già condizionato
da vecchi squilibri territoriali e sociali,
ma anche segnato da una grave crisi culturale.
Al peggioramento delle condizioni di vita
di tanta parte della popolazione si accompagnano
un crescente senso di precarietà e di incertezza,
lo sgretolamento dei legami di comunità,
il montare di tensioni e conflitti che rischiano
di alimentare nuove forme di intolleranza
e minare la tenuta della coesione sociale.
La società italiana fa sempre più fatica
a fare sistema fra le sue componenti e riconoscersi
in un progetto comune, sembra non avere la
forza di agire gli spazi democratici ed apre
varchi pericolosi al populismo autoritario
con cui la destra sta demolendo il principio
costituzionale della cittadinanza come insieme
di diritti
sociali, civili e politici. L'attacco ai
diritti e alle basi universalistiche del
welfare si accompagna alla mortificazione
del ruolo del Parlamento, all'azzeramento
della concertazione e del dialogo sociale,
al varo di leggi che minano l'equilibrio
fra i poteri dello Stato. Tutto questo nell'ambito
di un confronto politico che appare sempre
più asfittico e distante dai problemi reali
del paese.
In questa situazione, la prossima scadenza
elettorale può essere un'occasione per mettere
in moto le energie sociali, culturali ed
economiche di cui il Paese è ricco, perché
contribuiscano alla realizzazione di politiche
di pubblica utilità nel governo dei territori.
Noi crediamo che la dimensione regionale
possa essere lo spazio
per dare direzione e progetto al cambiamento
necessario. Comunità solidali e coese, istituzioni
attive nel promuovere un modello di sviluppo
sostenibile e favorire la sussidiarietà positiva
con i corpi intermedi della società, sono
la premessa indispensabile per evitare la
frammentazione del Paese e aprire una nuova
stagione
di rilancio del sistema Italia.
Abbiamo bisogno di Regioni più forti e intelligenti,
di un federalismo virtuoso e non squilibrato
che le metta in condizione di agire positivamente
e sinergicamente. Abbiamo bisogno di ridare
centralità all'azione pubblica, ad uno spazio
pubblico che non si esaurisca nella pubblica
amministrazione, ma sia l'ambito in cui esprimere
l'azione collettiva dei cittadini in nome
dell'interesse generale, dei beni comuni,
dell'universalismo dei diritti, della tutela
dell'ambiente.
L'Arci, forte del capillare insediamento
sociale della sua rete di esperienze associative,
intende partecipare attivamente al rilancio
dello spazio pubblico e del sistema di welfare
nei territori, contribuendo alla costruzione
di nuove comunità partecipate e solidali,
fondate sui valori della pace e dei diritti
umani, capaci di perseguire
il benessere dei cittadini e la difesa dei
soggetti più deboli.
Per queste ragioni, sui temi che seguono
intendiamo chiamare ad un impegno concreti
le forze politiche e i candidati alle elezioni
regionali 2010.
LE REGIONI PROTAGONISTE DI UN FEDERALISMO
SOLIDALE,
RADICALMENTE DEMOCRATICO
Riteniamo che alle Regioni competa un ruolo
essenziale nell'attuazione di un necessario
processo di decentramento e trasformazione
in senso federalista del sistema Paese che
permetta un più forte protagonismo delle
comunità locali. Il percorso avviato con
la riforma del titolo quinto della Costituzione
è tutt'oggi incompiuto e non esente da incertezze
e ambiguità. Ma per salvaguardare la garanzia
dei diritti fondamentali dei cittadini in
modo uniforme sul territorio nazionale, soprattutto
in settori decisivi coma la sanità, l'assistenza
e l'istruzione, occorre evitare che al centralismo
dello Stato si sostituisca un nuovo centralismo
delle Regioni.
L'idea federalista che può realizzare questi
obbiettivi non è quella degli egoismi localistici
con cui alcuni intendono minare l'unità del
sistema paese e il principio costituzionale
di uguaglianza dei cittadini: è quella di
un federalismo solidale, di un Paese che
riconosce la propria identità unitaria nella
pluralità dei suoi patrimoni storici, culturali
e ambientali locali, valorizza le risorse
e le potenzialità di ciascun territorio e
fa di questa complessità un fattore di crescita
e di coesione. Un federalismo di Regioni
forti della propria identità territoriale
ma capaci di aprirsi alla relazione con l'Europa
e col mondo, dentro una visione consapevole
della complessità e della pluralità dei nuovi
contesti globali.
RIATTIVARE LO ‘SPAZIO PUBBLICO’,
INVESTIRE NELLA SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE
Le Regioni possono svolgere un ruolo prezioso
nel favorire nuovi percorsi di partecipazione
capaci di colmare la distanza sempre più
preoccupante che sta separando la politica
e le istituzioni da un lato e il paese reale
dall'altro.
Occorre prendere atto che si sono dilatati
i modi, i luoghi e gli attori della politica,
che oggi la sfera pubblica non può esaurirsi
nelle forme tradizionali della rappresentanza
ma deve alimentarsi di una pluralità di esperienze
di autorganizzazione e di impegno civico
che producono consapevolezza, responsabilità
sociale, buone pratiche per la cura dell'ambiente
e del territorio, la promozione dei diritti
e della coesione sociale.
Il terzo settore, con la sua peculiare capacità
di unire slancio ideale e azione concreta,
è uno straordinario motore di partecipazione
dei cittadini alla vita delle comunità locali.
Le associazioni di volontariato e promozione
sociale godono di grande fiducia e consenso
nell'opinione pubblica ma continuano ad essere
escluse dai luoghi delle scelte e delle decisioni.
E' necessario superare questa barriera costruendo
relazioni costanti e dinamiche fra i governi
regionali ed i corpi intermedi della società;
andare oltre i limiti della democrazia rappresentativa
sperimentando nuove forme di democrazia partecipativa.
Le Regioni possono favorire questo processo
dando vita, nell'ambito delle proprie competenze
legislative, a sedi e strumenti di coinvolgimento
che non si esauriscano in funzioni meramente
consultive e sappiano valorizzare le competenze
e le responsabilità del terzo settore anche
attraverso le sue istanze unitarie di rappresentanza.
INVESTIRE IN ATTIVITÀ SOCIOCULTURALI
PER LO SVILUPPO ARMONICO DELLE COMUNITÀ LOCALI
La funzione educativa e le attività culturali,
la cura delle relazioni umane e le opportunità
di aggregazione e ricreazione sono condizioni
essenziali del benessere delle persone e
delle comunità. Purtroppo questo è un tema
ampiamente trascurato dal dibattito politico,
che spesso tende a sottovalutare l'iniziativa
socioculturale relegandola a questione marginale
e residuale rispetto ad altre priorità legate
ai temi strutturali dello sviluppo economico.
Noi siamo invece convinti che cultura e socialità
non siano un lusso, ma ingredienti essenziale
per dare identità e senso alle nostre comunità
locali. Tanto più in una fase di crisi come
quella attuale, le persone hanno bisogno
di strumenti e opportunità per saper e capire,
coltivare capacità critiche, dotarsi di adeguate
competenze di cittadinanza.
Chiediamo pertanto che i governi regionali
inseriscano fra le proprie priorità misure
tese a sostenere, in stretto raccordo con
gli Enti Locali, le attività socioculturali
nel territorio. Favorire le opportunità di
formazione, conoscenza e circolazione delle
idee, promuovere l'accesso ai consumi culturali
e il diritto all'apprendimento permanente;
investire risorse nel recupero di spazi da
destinare alle attività culturali, al cinema,
alla musica, al teatro; promuovere la creatività
giovanile e le produzioni contemporanee;
favorire la diffusione delle nuove tecnologie
e la libertà nella rete, contrastare il divario
digitale.
Sostenere la funzione di aggregazione sociale
dell'associazionismo ricreativo e del tempo
libero, favorendo le attività dei circoli
associativi anche attraverso opportune agevolazioni
normative; incentivare la pratica dello sport
per tutti, le opportunità di incontro tra
le persone e le culture nella prospettiva
della costruzione di un società aperta al
dialogo e all'accoglienza.
RAFFORZARE IL SISTEMA DEL WELFARE LOCALE
Le politiche di welfare rappresentano una
delle competenze più significative su cui
le Regioni sono chiamate a qualificare il
governo dei territori. L'aggravarsi dei fenomeni
di povertà relativa e di esclusione sociale,
soprattutto in alcune aree del Paese e nelle
fasce più deboli della popolazione, impone
l'esigenza di potenziare il sistema di welfare
con strumenti di protezione economica, ammortizzatori
sociali, interventi di accompagnamento e
inclusione per i cittadini in condizione
di maggiore precarietà.
E' necessario andare oltre interventi una
tantum di erogazione monetaria, implementare
la rete dei servizi articolando un sistema
più inclusivo, che garantisca livelli
essenziali di assistenza, diritti e opportunità
per tutti; affiancare all'assistenza la prevenzione
e la promozione sociale; garantire il diritto
alla casa per le fasce più deboli, adottare
misure di sostegno sociale al reddito, abbassare
i costi dei servizi per le famiglie numerose.
Per porre gli enti locali in condizione di
garantire servizi di qualità, personalizzati
e capillari, è indispensabile un adeguato
finanziamento del fondo nazionale per le
politiche sociali, ma anche un miglior coordinamento
dell'utilizzo delle risorse a livello regionale,
superando disparità e squilibri territoriali
che ancora permangono. Occorre rivalutare
l'impostazione culturale della Legge 328,
potenziando sistemi locali di welfare saldamente
governati dai soggetti pubblici a garanzia
dell'universalità dei diritti ma capaci al
tempo stesso di coinvolgere e valorizzare
le energie e le risorse dei territori attraverso
adeguate forme di coprogettazione e pianificazione
partecipata.
Incoraggiare e sostenere reti integrate tra
associazioni, famiglie e servizi pubblici,
valorizzare il ruolo del terzo settore non
solo come erogatore di servizi, ma soprattutto
per la sua capacità di individuare le problematiche
emergenti, coinvolgere e mobilitare i soggetti
portatori di bisogni, renderli protagonisti
della promozione dei propri diritti e non
solo utenti dei servizi.
CONTRASTARE IL RAZZISMO,
FAVORIRE LA BUONA INTEGRAZIONE
Siamo ormai un Paese di immigrazione, le
nostre città sono sempre più comunità plurali,
mescolanza di lingue, religioni, culture.
I migranti sono una componente essenziale
della nostra economia produttiva e delle
nostre comunità sociali; contribuiscono in
modo decisivo, ma non riconosciuto, al finanziamento
del sistema di welfare, sono l'energia nascosta
che supplisce alla sua crisi. Sono una parte
consistente di popolazione che gode di pochissimi
diritti e subisce spesso forme di sfruttamento
senza precedenti.
Spetterebbe alla politica, alle istituzioni,
ai media aiutare la società a comprendere
questi cambiamenti e trovare le ragioni di
un nuovo possibile e necessario patto di
convivenza.
Invece spesso si preferisce assecondare le
paure rappresentando l'immigrazione come
un pericolo da arginare e giustificando una
legislazione proibizionista e persecutoria
nei confronti dei migranti, che produce clandestinità,
relega milioni di persone nella condizione
di cittadini di serie b, privati di diritti
che dovrebbero essere garantiti ad ogni essere
umano.
Tutto questo produce un rapporto patologico
del Paese con l'immigrazione, avvelena le
relazioni sociali, aggrava i fenomeni di
marginalità e di insicurezza sociale, alimenta
tensioni che si scaricano sui soggetti più
deboli.
L'esperienza dei paesi europei di più lunga
tradizione in fatto di immigrazione ci insegna
che se non si affrontano per tempo i problemi
dell'integrazione si rischiano in futuro
conflitti incontrollabili. Una nuova cultura
della convivenza deve partire dalla consapevolezza
che per essere cittadino non conta deve sei
nato, ma il fatto che appartieni alla comunità
in cui vivi, lavori, costruisci relazioni
e affetti, condividi diritti e doveri.
Le Regioni possono fare molto, anche attraverso
la propria autonoma azione legislativa, per
cambiare il clima culturale del Paese nei
confronti dei migranti, contrastare ogni
forma di discriminazione, superare l'approccio
difensivo e securitario alle politiche dell'immigrazione.
Possono lavorare con gli Enti locali per
promuovere una buona integrazione ispirata
alla parità di dignità e diritti di tutti
i cittadini, favorire l'incontro, la conoscenza,
il dialogo, lo scambio culturale, aiutare
le persone ad aprirsi agli altri e rompere
la gabbia dei pregiudizi.
SALVARE L'AMBIENTE,
TUTELARE I BENI COMUNI
La cura del territorio e la salvaguardia
dell'ecosistema sono questioni fra le più
delicate affidate alla competenza dei governi
e dei parlamenti regionali. Temi oggi di
drammatica attualità. Devastazione dell'equilibrio
ambientale, dissesto idrogeologico, abitazioni
esposte ai rischi delle calamità naturali:
sono questi i prezzi che tanti territori
pagano per anni di incuria e abbandono, speculazioni
selvagge, sviluppo urbanistico dissennato.
C'è poi il grande problema del riscaldamento
climatico, il tema che più efficacemente
rappresenta la crisi globale di un modello
di società che rischia l'autodistruzione
perché ha scelto di consegnare il bene della
vita allo strapotere di un'economia fondata
sull'accumulazione, lo sfruttamento e lo
sperpero delle risorse naturali.
Il fattore tempo che incombe su queste questioni
come variabile determinante ci richiama all'urgenza
del cambiamento.
A livello popolare sta crescendo la sensibilità
su temi come l'acqua, il cibo, i rifiuti,
l'inquinamento, la vivibilità delle città.
C'è una diffusa aspirazione a ritmi di vita
più umani e in armonia con la natura, che
le politiche pubbliche non possono frustrare.
Per questo le istituzioni regionali devono
inserire fra le proprie priorità l'obbiettivo
di invertire la rotta nelle politiche di
salvaguardia del territorio e delle risorse
ambientali.
A cominciare dalla difesa dei beni comuni
come l'acqua, che vanno recuperati alla gestione
pubblica e sottratti alle regole del mercato.
Per proseguire con misure tese a contenere
le emissioni inquinanti nell'aria ed incentivare
il risparmio energetico e lo sviluppo delle
fonti rinnovabili di energia, uniche vere
alternative alla scelta inutile e pericolosa
di un ritorno al nucleare, a cui chiediamo
che le Regioni si oppongano con determinazione.
E ancora con provvedimenti che favoriscano
lo sviluppo dell'economia di filiera corta,
la diffusione di pratiche virtuose di consumo
responsabile e mobilità sostenibile.
Su questi temi le istituzioni, insieme al
mondo dell'associazionismo, possono fare
molto anche per promuovere fra i cittadini
occasioni di informazione e sensibilizzazione,
discussione pubblica, sperimentazione di
azioni concrete.
Seminare pensiero critico, creare la consapevolezza
che è possibile praticare da subito, nell'esperienza
quotidiana, un nuovo modo di vivere, lavorare,
consumare.
PROMUOVERE LA LEGALITÀ,
CONTRASTARE I POTERI MAFIOSI
Le istituzioni regionali devono perseguire
con determinazione un'efficace azione di
contrasto alla criminalità organizzata e
di promozione della cultura della legalità
democratica.
Diritti, cultura e partecipazione sono le
chiavi di lettura della nostra idea di legalità.
Quello della legalità e della sicurezza dei
cittadini è un tema delicato e sensibile,
troppo spesso condizionato nel dibattito
pubblico dalla demagogia e dal populismo
di una destra che specula sulle paure evocando
risposte autoritarie ai problemi sociali.
L'Arci ritiene che i valori della legalità
e della sicurezza reciproca siano requisiti
essenziali della convivenza civile: legalità
non come insieme delle regole imposte dai
più forti, ma come patto che una comunità
sociale adotta a garanzia dell'uguaglianza
dei suoi componenti e soprattutto a tutela
dei più deboli. Sicurezza non come"nuovo
diritto" ma come "bene pubblico",
stato di benessere che consegue alla tutela
dei diritti di tutti.
L'invadenza della criminalità organizzata
non è più da tempo un fenomeno regionale
circoscritto ad alcune aree del Paese, ma
un virus capace di aggredire ad ogni latitudine
le nostre comunità locali, infiltrandosi
nel tessuto sano della società, inquinando
interi settori dell'economia legale. Per
arginare questo fenomeno è fondamentale,
accanto al ruolo di prevenzione e repressione
dei settori dello Stato a ciò preposti, l'azione
combinata di istituzioni locali e realtà
dell'associazionismo civico. La promozione
di percorsi di educazione alla legalità e
alla cittadinanza consapevole, nell'ambito
scolastico come in quello associativo, l'utilizzo
a fini sociali dei beni confiscati alle mafie,
l'azione costante di informazione dei cittadini
per prevenire fenomeni come il racket, l'estorsione
e l'usura, sono antidoti efficaci al proliferare
dei poteri mafiosi. Iniziative che meritano
di essere sostenute e incentivate dalle politiche
pubbliche a livello regionale
La Direzione Nazionale Arci
www.arci.it
 
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