15 Settembre, 2002
Gli incantesimi delle fate ( recensione di Massimo Negri)
L’etichetta della bottiglia “Rossovermiglio” è pure il titolo del libro di Benedetta Cibrario
Gli incantesimi delle fate ( recensione di
Massimo Negri)
L’etichetta della bottiglia “Rossovermiglio”
è pure il titolo del libro di Benedetta Cibrario
Cari amici di Welfare Cremona,
sul finire degli anni Trenta, a San Biagio,
piccolo borgo della campagna senese, raccolto
attorno alla chiesa e alla torre, arriva,
per fermarsi, una giovane contessa in fuga
da un matrimonio combinato.
Ha ereditato una tenuta -“La Bandita”- di
300 ettari in stato di abbandono e, piano
piano, la trasforma nel progetto della sua
vita. Fonderà un’azienda a conduzione semifamiliare
per la produzione di un buon vino. L’etichetta
della bottiglia “Rossovermiglio” è pure il
titolo del libro di Benedetta Cibrario, edito
da Feltrinelli, premio Campiello 2008.
La giovane donna appartiene all’aristocrazia
torinese e, non ancora ventenne, è stata
data in sposa
al conte Villaforesta, di bell’aspetto, che
le parla con dolcezza ma verso cui non prova
né curiosità,
né desiderio. Accade così che, nel viaggio
di nozze a Parigi, fra le vetrine alla moda,
lei diviene consapevole della propria bellezza
e già al primo ricevimento nella casa di
una baronessa incontra Trott, un uomo sulla
trentina, affascinante, che le suscita una
sensazione di vuoto, al punto da non vedere
né sentire più altro. L’autrice precisa che
“tutto ciò avvenne in un attimo: le fate
sono assai svelte nelle loro faccende”.
Al rientro in Italia, invece, la vita procede
agiata ma monotona e le conversazioni col
marito si
limitano allo stretto necessario. Il loro
unico interesse comune sono le passeggiate
a cavallo.
Più avanti, si chiede: “Perché non mi accontento
di come il mondo mi appare – ed è già un
tale privilegio -, sotto forma di tavole
apparecchiate con argenterie e cristalli,
case sontuose e mariti cortesi, manicotti
in zibellino e piccole, e nuove e veloci
e immensamente graziose, automobili cromate?”.
Di lì a poco rompe gli indugi, pone fine
al matrimonio e si trasferisce a San Biagio.
Anche se la trama del romanzo pone in primo
piano le vicende private dei suoi protagonisti,
è ben delineata, sullo sfondo, la cornice
storica, prima e dopo la Seconda guerra mondiale,
con il fascismo e la lotta partigiana, il
referendum monarchia-repubblica e la ricostruzione
del Paese. Nello spazio della recensione,
però, mi soffermo ancora un po’ sulla relazione
della contessa con l’amante, perché sarà
lui a insegnarle a fare il vino, valorizzando
la scelta di vita compiuta.
Ma, si sa, la realtà è quasi mai lineare;
Trott si rivela essere anche un enigmatico
avventuriero giacché, prima scompare per
lungo tempo senza inviare neppure una delle
lettere promesse e, poi, dopo un periodo
in cui è andato a vivere da lei, sparisce
misteriosamente senza lasciar traccia.
Il finale, amaro, ci svela che se ne è andato
per soldi, ricevuti dall’ex-marito, il conte
Villaforesta che, nel frattempo, si è rifatto
una vita, con una nuova famiglia ma vuole,
ugualmente, allontanarlo da lei. A suo modo,
continua ad amarla, scalfendo tardivamente
il suo cuore.
La signora, ormai anziana, pensa: “Sì, le
fate a volte sono assai svelte nelle loro
faccende, e gli
incantesimi si realizzano in una manciata
di secondi; ma per scioglierli, poi, capita
che non bastino cent’anni”.
Cordiali saluti
Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)
 
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