15 Settembre, 2002
IL DISONORE DELLE TASCHE PIENE DI DOLORE ALTRUI di V. Andraous
Schiave, violentate, uccise, donne raccattate qua e là, senza un briciolo di umana desolazione...
IL DISONORE DELLE TASCHE PIENE DI DOLORE
ALTRUI
Schiave, violentate, uccise, donne raccattate
qua e là, senza un briciolo di umana desolazione,
dietro la disumanità del potere, del dominio,
della forza, che afferra, prende e getta
via, come fanno quegli uomini che non hanno
commozione agli occhi del cuore, solamente
disonore dalla pancia alle tasche piene di
dolore altrui.
Donne ridotte a cose, che stanno alla catena
con le caviglie legate, con le palpebre abbassate,
con il cuore strappato, dentro una bugia
travestita di domani che forse non ci sarà.
Donne prese per il bavero, scaraventate ai
bordi delle strade, lasciate lì a invecchiare
dentro una minaccia, un insulto, un colpo
di taglio, donne a morire senza proferire
parola, lamento, una preghiera inascoltata.
Donne di tutti i colori del mondo che non
esistono più, donne nel solo colore del fondo,
dove tutti gli uomini dovrebbero saper guardare
per non consentire ulteriore degrado umano.
Donne per strada, senza considerazione, dove
non rimane neppure ipotesi di residenza,
di cittadinanza, ai metri del pudore e della
compassione, donne messe di lato, costrette
a stare senza fissa dimora, se non quella
della morte che verrà domani, perché oggi
è tempo di sangue e lacrime che debbono ancora
essere versate.
Bambine, donne, mamme, nella tempesta, nella
sete, nella fame, a sopravvivere nella violenza
subita, nell’omertà imposta e consolidata
dalla paura, nella sottomissione bieca e
cieca, dove nulla è risparmiato, neanche
un conforto, un sollievo, una speranza di
farcela fino a domani.
Donne svestite, donne alla rinfusa, piccole
cose lasciate qua e là, fintamente alla meglio,
per essere trovate subito all’occorrenza,
quando si fa impellente l’inadeguatezza,
l’inferiorità, quella che non è possibile
celare, ma che prima o poi rende quel che
ingiustamente è stato rubato a chi non può
sottrarsi, difendersi, dire no.
Donne ripudiate, cancellate, uomini alla
sbarra di nessuna coscienza, al saldo dell’offerta,
della richiesta, del mercato che non ha mai
conclusione, nel ribasso e nel rialzo di
una comunicazione malata, di una informazione
deviante.
Donne bambine e donne adulte, senza più un
ruolo e un valore, donne tra i conati di
vomito di un pregiudizio, a metà strada di
un giudizio, di una condanna che non le libera
né le assolve, sono donne anche queste, ma
non possono gridare, imprecare, scappare
da un morso, da un giogo, stanno in piedi
a fatica, per non morire una volta di più,
donne da usare, da consumare, da svuotare
alla fossa scavata dall’indifferenza, dalla
distrazione, dall’attenzione deviata.
Donne percosse in casa, sfruttate in strada,
scosse dalla ferita che non rimargina, a
dissanguare, donne afferrate e piegate, a
cui non dare rispetto, né amore, donne come
oggetti che cambiano di posto, di interesse,
di un comodo appoggio, che non sanno ancora
come siamo avversi e contrari al fiore che
non resiste alla bellezza del sole.
Donne che passano di mano, mettono a nudo
l’assenza e la fuga di giustizia, di quanti
parlano bene e agiscono male, togliendo libertà
e dignità, che invece sono da proteggere,
conseguire e consegnare a chi ancora non
ce l’ha.
Vincenzo Andraous
 
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