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15 Settembre, 2002
Torchio interviene alla Festa del PD di Torino sul ruolo delle Province
Partendo dalle analisi di Luigi Sturzo e di Luigi Einaudi, Torchio ricorderà come i problemi legati all'ente Provincia non siano nuovi, e si annodino...........

Torchio interviene alla Festa del PD di Torino sul ruolo delle Province
Partendo dalle analisi di Luigi Sturzo e di Luigi Einaudi, Torchio ricorderà come i problemi legati all'ente Provincia non siano nuovi, e si annodino
sempre alla mancata definizione di competenze precise ed esclusive, e finanze certe
Nel pomeriggio di oggi 30 agosto, il consigliere provinciale Giuseppe Torchio interverrà a Torino, alla Festa nazionale del PD, al dibattito sul
ruolo e l'utilità delle Province. Il dibattito, coordinato dal presidente della provincia di Mantova, Maurizio Fontanili, vedrà la presenza di altri
presidenti ed ex presidenti di diverse province del nord Italia: Torino, Ancona, Verona, Rovigo.

Partendo dalle analisi di Luigi Sturzo e di Luigi Einaudi, Torchio ricorderà come i problemi legati all'ente Provincia non siano nuovi, e si annodino
sempre alla mancata definizione di competenze precise ed esclusive, e finanze certe.
Una volta ripercorso il passaggio della Costituzione, che definisce ruolo e competenza dell'Ente, occorre però fare i conti con la facile e barbarica
demagogia sul costo degli organi elettivi (che in realtà incidono per circa lo 0,3% sul bilancio delle Province, che a loro volta rappresentano l'1%
della spesa pubblica), e sulla "moda" abolizionista che si abbatte progressivamente su tutti gli enti che assicurano il governo democratico e
partecipato del territorio.
Per il futuro, l'ente Provincia si trova compresso tra due operazioni concentriche: la riduzione dei trasferimenti dello stato con un miliardo di
euro di tagli, e la riduzione delle entrate legate al mercato dell'auto (IPT e Rcauto). A questo si aggiunge un paradosso: alle Province viene
riconosciuta una quota addizionale sul consumo di energia elettrica, ma solo se la produzione di energia elettrica è di tipo tradizionale. Cremona ha
l'eccellenza delle produzioni di energia a biogas e fotovoltaica, e quindi si trova i cassetti sempre più vuoti: in Italia, chi investe
nell'innovazione viene bastonato?
Alla ripresa dell'attività parlamentare si affronteranno due nodi finora mai risolti: l'attribuzione alle province del bollo auto e il riconoscimento
della compartecipazione irpef.

In allegato, il testo integrale dell'intervento.
Segreteria Lista Torchio
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Nella psicopolitica di De Marchi si perpetua e si rinnova l'immagine del pesce grande che mangia quello piccolo.
La vicenda esistenziale quasi shakespeariana della Provincia oggi è solo un'immagine collodiana che preconizza la salvezza o la fine gloriosa, quasi una catarsi di Pinocchio che ripete l'epopea di Giona nella balena?
Ed il momento attuale è un ???? ??????, làze biòsas, quasi un vivi nascostamente che di epicureo non ha proprio granché ed anzi pecca di basso profilo?
Nella storia politica recente si assiste ad improvvise fiammate istituzionali come quella dei Costituenti che hanno definito il riconoscimento di Regioni, Province e Comuni ed a lunghi letarghi come il quasi trentennale oblio delle Regioni o la nuova stagione iconoclasta delle forme partecipative intermedie come i Comprensori prima, i Circondari o le Comunità Montane poi e ora le Province.
E' evidente a chi ha vissuto la stagione della politica partecipata nelle antiche sedi di partito, dense di dibattito e confronto politico presenti al pari del fumo di tabacco, vive male questa stagione di personalismo non comunitario, di decisionismo senza discussioni e di leaderismo totalitario.
Evidente e speculare ad un sistema politico elementare e pericoloso come l'uranio impoverito la generalizzazione dei cosiddetti "costi della politica".
Con la legge del taglione abbiamo ucciso il voto di preferenza ed animato una legge elettorale che ha portato sulla scena nani e ballerine “ad usum delphini”, a destra come a manca, sradicati dal territorio che non li "cuna" (dondola,coccola) affatto se è vero che per quasi la metà non va a votare e nella mia circoscrizione il primo partito non vanta neanche un eletto nei due rami del Parlamento.
Analogamente il pluralismo dei livelli di governo è quasi un fastidio mal sopportato e da cancellare.
Meno burocrazia, si dice, meno costi della politica e si potrebbe continuare più videocrazia, plutocrazia, uomini soli al comando...
Ucciso il ruolo delle assemblee elettive, potere quasi cancellato ai consigli, commissioni che invece di rappresentare il pluralismo dei collegi e dei territori vengono castrate all'origine dalla rappresentanza di un consigliere per gruppo che vota non più pro capite ma pro quota.
Oggi la “delenda Carthago” sono le Province in un contesto di cultura politica povero e arido, diverso da quello degli anni Settanta in cui i Repubblicani volevano la programmazione economica e insieme la soppressione della Provincia e noi si rispondeva che la prima unità di programmazione territoriale e di ente intermedio per eccellenza era proprio la Provincia stessa.
Tuttavia ci sono molte contraddizioni nel cammino: quella dei costi della politica è la prima. Se oggi le Province costano l'1% del PIL, i loro organi elettivi costano solo lo 0,3% di questo 1%, senza avere compiutamente ereditato sul territorio le funzioni della Regione. Quest'ultima non si fida ed in ogni Provincia ha costruito dei "Pirellini" esterni e autonomi. Nello scioglimento degli Ato per l'acqua o dei Circondari per la programmazione si assiste a comportamenti incoerenti. Personalmente mi sono sempre preoccupato di non prevedere alcuna forma di gettone per le Unioni dei Comuni, i Circondari, i Gruppi di Azione Locale (Gal) per evitare uno degli argomenti più ghiotti per la loro soppressione: quello dei costi, ma non è stato così ovunque.
Nel frattempo si è inceppato quell'ibrido, quasi un leocorno, della provincia - città metropolitana, anzi si son fatte nuove province come Prato e Monza proprio in queste realtà per non parlare delle Regioni a statuto speciale che hanno autonomamente varato province di 60 mila abitanti come l'Ogliastra.
Questo ha favorito la tesi abrogazionista a piene mani e reso complicata la situazione anche nelle realtà come la mia che vanta 115 comuni per la quasi totalità di piccole dimensioni, dove il Genio Civile e l'Ufficio Tecnico Provinciale avevano la tradizione di progettare per i picooli comuni ed il reticolo territoriale provinciale s'è fatto più forte e riconosciuto.


Storia della deresponsabilizzazione degli enti locali
Nel 1973 con i decreti legislativi attuativi della riforma fiscale viene realizzata una situazione di accentramento della finanza locale e di perdita di autonomia impositiva degli Enti Locali determinando quindi la soppressione dei tributi locali, abolendo l’autonomia impositiva. Mi è rimasta nelle orecchie la relazione di Pietro Giarda, il quale ricordava che probabilmente nel nostro sistema il massimo grado di federalismo fiscale è stato paradossalmente raggiunto sotto il regime fascista con il Testo Unico della Finanza Locale del 1931. Probabilmente era nelle orecchie del legislatore l’appello sturziano che si riassumeva, per le Province, in due punti: competenze definite e finanze certe ("se non se ne rinsanguano le finanze, la vita provinciale rischia di rimanere anemica e sterile": lo scriveva Sturzo nel 1949 riprendendo i suoi testi e i suoi interventi del 1901 - 1902).
Il risultato di questa scelta è sotto gli occhi di tutti, gli EE.LL. diventano centri autonomi della spesa completamente deresponsabilizzati sul versante delle entrate con un significativo aumento della spesa pubblica in percentuale diversa sull’intero territorio nazionale e non sempre produttiva e di qualità, e conseguentemente un aumento forte della pressione fiscale risultata sperequata rispetto agli altri paesi europei.
La storia repubblicana è piena di vari tentativi di modifiche legislative per finanziare gli Enti Locali, anno 1977 decreti Stammati 1 e 2, anno 1990 superare la prassi dei ripiani a pie’ di lista, idem nel 1995 (governo DINI) e nel 1997. Storie di fallimenti? che ora richiederebbero una modalità di soluzione, approccio nuovo e semplice, pena il rischio di incorrere nell’ennesimo bluff.

Spesa standard
La Legge n. 42/2009 impone il superamento della spesa storica nel finanziamento agli Enti Locali. E’ l’art. 11 a stabilire che le spese riconducibili alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni avvenga in modo da garantire il finanziamento integrale in base al fabbisogno standard.
Tali funzioni fondamentali verranno coperte secondo il principio dell’autonomia finanziaria, con l’abolizione dei trasferimenti statali. L’ammontare della spesa verrà definito con il calcolo del fabbisogno standard. L’obiettivo è di abbandonare definitivamente gli effetti deresponsabilizzanti generati dal modello attuale rafforzando l’efficienza e il controllo democratico dell’elettorato.
(Come potrebbe esservi il controllo democratico dell’elettorato, se alle amministrazioni provinciali venissero sottratti Giunta e Consigli? Il controllore-elettore può controllare l’azione di chi NON ha scelto col voto?)

Bollo auto, regioni a statuto speciale
Nelle prossime settimane la commissione bicamerale parlamentare lavorerà ai pareri sui tre decreti approvati in via preliminare e riguardanti: i fabbisogni standard di comuni e province, l’ordinamento di Roma capitale e il fisco municipale.
Il Consiglio dei ministri deve approvare il provvedimento sull’autonomia tributaria delle province che dovrebbero vedersi attribuire una quota del bollo auto (Regioni permettendo) e eventualmente la compartecipazione all’IRPEF (proposta mai accolta)
Si godrà di una maggiore autonomia fiscale?
E i trasferimenti concernenti anche gli enti locali situati nelle regioni a statuto speciale? Gli stessi godono di particolari regime di autonomia statuaria, esempio gli enti locali della Sicilia e della Sardegna ricevono trasferimenti statali per un ammontare nel loro complesso a circa 2,8 miliardi di euro.
Ai comuni dal 2011 gli introiti della cedolare secca del 20% sugli affitti degli immobili e successivamente della nuova “IMU” con l’accorpamento e il riordino di tutta l’imposizione che ricade sugli immobili con conseguenti complesse valutazioni sulla perequazione.
Entro il 15 ottobre 2010 il governo presenterà una nuova legge di stabilità dove tutti chiederanno di alleggerire la manovra d’estate, rimodulare i tagli su più anni,rivedere il patto di stabilità per gli enti virtuosi, lo sblocco di ulteriori risorse per gli investimenti.
Se perverranno nuovi tributi che compenseranno i tagli programmati sarà possibile ridurre comunque la spesa nei nostri enti?

Tagli dei trasferimenti
Si è coscienti della eccezionalità della crisi economica in atto e della necessità che lo Schema di Decisione di Finanza pubblica (DFP) inquadri secondo una visione prospettica ed evolutiva anche le misure concernenti la finanza territoriale adottate con la L. 122 del 30 luglio 2010 dove i trasferimenti erariali dovuti alle province dal Ministero sono stati ridotti di 300 mln per l’anno 2011 e di 500 milioni per il 2012.
Ulteriori sono i tagli alle regioni e ai comuni per complessivi oltre 6 miliardi nel 2011 e 8.5 miliardi nel 2012. Si auspica che le decisioni assunte in Conferenza Stato – città e autonomie locali entro ottobre indichino che la riduzione - riparto dei sacrifici - deve essere fatta in capo a tutte le province (come prevede la modifica introdotta in sede di conversione in legge dal senato che indica i termini di “trasferimenti erariali”) e non solo per quelle che ricevono ancora trasferimenti ministeriali in quanto risulterebbero favorite le province di grosse dimensioni.
A ciò si aggiunge un inasprimento delle sanzioni vigenti in caso di mancato rispetto del Patto di stabilità che prevede tra l’altro un’ulteriore riduzione dei trasferimenti erariali in misura pari allo scostamento tra saldo obiettivo e saldo conseguito.
Ecco la necessità che il federalismo fiscale a fronte di riduzione/tagli dei trasferimenti erariali centrali, individui forme di autonomia e fiscalità territoriale sostenibile, dando all’ente locale l’intero “governo” del tributo.
Occorre assicurare e mantenere nel rispetto degli equilibri di bilancio, l’elevata qualità dei servizi pubblici resi dagli enti territoriali attraverso meccanismi di premialità per i virtuosi e sanzionatorio per gli altri.
Va premiato chi assicura un livello di pressione fiscale locale inferiore alla media degli altri enti a parità di servizi offerti oltre a raggiungere obiettivi strategici nell’interesse della collettività amministrata.
Lo slogan “con la riforma federale non ci saranno maggiori costi per lo stato né un aggravio della pressione fiscale che anzi si ridurrà” impone che la tabella di marcia non debba subire interruzioni o modifiche.

Entrate finanziarie: mercato dell’auto; il paradosso delle energie alternative
Manovre finanziarie dello Stato e contrazione delle entrate legate al mercato dell’auto.
Dall’analisi delle entrate tributarie delle province lombarde nel primo trimestre 2010, distribuito dall’UPL emergono i seguenti dati:
dal 1 gennaio al 31 marzo 2010 le province lombarde hanno subìto una perdita secca di quasi 17 miliardi, pari a quasi l’8% delle entrate in un solo trimestre, e già lo scorso anno s’era avuta una perdita analoga.
Se aggiungiamo poi che la provincia non ha possibilità di controlli sui propri tributi, resta ben poco per poter stanare gli eventuali evasori.
Diverse sono state le richieste avanzate dall’UPI :
a) problema del monitoraggio dei flussi di cassa relativi alla fiscalità provinciale sugli autoveicoli (RCauto). Con conoscenza delle rendicontazioni analitiche delle compagnie assicuratrici al fine di poter incrociare tale dato con quelli della Motorizzazione e della residenza.
b) consentire alle province di poter dirimere la questione della competenza al recupero dell’Addizionale energia elettrica in caso di mancato parziale o ritardato versamento: attribuire alle province tutto il gettito dell’addizionale energia elettrica senza differenziazione di potenza.
Si aggiunge un grave paradosso: dai dati statistici pubblicati da TERNA gestore della rete elettrica nazionale, è emerso ad esempio che la Provincia di Cremona risulta per l’anno 2009 in contro tendenza rispetto alla media nazionale con un aumento dei consumi di energia elettrica del 12% e con un’impennata dei consumi energetici soprattutto nel settore agricolo + 10% e industriale + 17% mentre risultano in calo tutti gli altri settori. Dall’agenzia delle Dogane è emerso che la Provincia di Cremona è tra i primi posti per la produzione di energia da fonti rinnovabili: energia solare e biogas. Però gli impianti a biogas sono esenti dall’imposta e gli altri non soggetti all’addizionale. Urge un intervento legislativo se le normative non verranno cambiate la provincia di Cremona si vedrà diminuire i propri incassi proporzionalmente al diffondersi delle energie alternative. L’impianto dell’addizionale risale al 1988 ben prima della liberalizzazione del mercato e dell’avvento delle nuove forme di energia alternativa.
Occorre pertanto che le funzioni che l’ente intermedio è chiamato a svolgere per soddisfare le esigenze dei cittadini trovino nella nuova legislazione complete risorse finanziarie, pena l’incapacità a sostenere i numerosi investimenti programmati nel campo dell’edilizia scolastica e della viabilità.

La provincia napoleonica e le prefetture
Posso considerare tutt'al più folcoristica l'argomentazione per la quale la Provincia andrebbe abolita in quanto ente "napoleonico": vogliamo allora abolire anche il catasto, il registro di stato civile, i cimiteri fuori dalle mura? Fuor di battuta, c'è un'operazione culturale inquietante: l'epiteto di "napoleonico" attribuito alla provincia viene dalla penna di Luigi Einaudi, che da mesi i detrattori di questo ente hanno assoldato come loro padre nobile. Un piccolo sforzo: si legga l'opera di Einaudi senza estrapolarne un aggettivo. Perché ciò che Einaudi (e con lui Sturzo, ed altri padri della patria) contestavano non era affatto l'esistenza di un ente sovracomunale, bensì la sua burocratizzazione prefettizia: e rivendicavano con forza la necessità di un ente elettivo (Sturzo aggiungeva che i burocrati romani "odiano gli organi elettivi"; anche i burocrati milanesi?) e con risorse finanziarie proprie ("se non se ne rinsanguano le finanze, la vita provinciale rischia di rimanere anemica e sterile", ancora Sturzo, 1949). Einaudi ipotizzava che le Province potessero diventare aggregazioni più piccole, definite "collegi" - pur senza considerare questa suggestiva ipotesi come esclusiva; e nel famoso articolo del 1944 pubblicato durante l'esilio ticinese, "Via il Prefetto!" (e non "Via le Province"), scriveva: "Sempre, alla pari del comune, il collegio (o provincia) e la regione dovranno amministrarsi da sé, formarsi i propri governanti elettivi, liberi di gestire le faccende proprie del comune, del collegio e della provincia, liberi di scegliere i propri funzionari e dipendenti, nel modo e con le garanzie che essi medesimi, legislatori sovrani nel loro campo, vorranno stabilire". Una prospettiva insomma del tutto opposta a quella degli odierni abolizionisti, eppure più moderna e coraggiosa di quanto tutta la riflessione sugli EE.LL. dei successivi 65 anni abbia saputo immaginare; più moderna e coraggiosa di qualsiasi odierna versione del federalismo: che, d'altronde, nessuno ha ancora saputo spiegarmi come si possa arrivare a pensare ad un federalismo senza le Province. Magari qualcuno, durante il dibattito, vorrà cimentarsi a spiegarmelo.

 


       



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