15 Settembre, 2002
Le parole della politica ( recensione di Massimo Negri)
E la prima parola su cui mi soffermo è Transizione, facendo riferimento alla lunga transizione italiana iniziata con la crisi della Prima Repubblica…
Le parole della politica ( recensione di
Massimo Negri)
E la prima parola su cui mi soffermo è Transizione,
facendo riferimento alla lunga transizione
italiana iniziata con la crisi della Prima
Repubblica…
Cari amici di Welfare Cremona,
organizzato in 42 voci, il libro di Gianfranco
Pasquino “Le parole della politica” (Il Mulino),
rappresenta un’utile mappa per orientarsi
nel lessico giornalistico e politico contemporaneo.
Da Antipolitica a Vocazione maggioritaria,
passando per Fine della storia, Muro di Berlino,
Scontro di civiltà, Separazione dei poteri,
Trasformismo e così via, il volume adempie
al duplice scopo di chiarire i concetti e
di farci conoscere, su ogni argomento, il
punto di vista dell’autore.
Prima di affrontare le due voci che ho scelto
per la mia recensione, riprendo un passaggio
di
un’intervista a Fahrenheit (Radio3) del 28
maggio 2010 nella quale il professor Pasquino
ha precisato che il libro contiene anche
i suoi “umori e malumori; ed è giusto perché
la politica
- etimologicamente le attività della città
– ci coinvolge, ci riguarda come persone,
come cittadini e non soltanto, eventualmente,
come politici, parlamentari, amministratori.
E quindi ci sono le emozioni. Però la politica
deve sapere tenere sotto controllo le emozioni.
Max Weber diceva che la politica si fa con
la testa ma non solo con la testa; però,
anzitutto, con la testa. La testa serve per
chiarire le parole che vengono utilizzate”.
E la prima parola su cui mi soffermo è Transizione,
facendo riferimento alla lunga transizione
italiana iniziata con la crisi della Prima
Repubblica e non ancora finita per mancanza,
in primis,
di un insieme di regole del gioco condivise.
Alla ricerca di una conclusione europea della
transizione italiana, il politologo passa
in rassegna i tre sistemi – Cancellierato
tedesco, modello Westminster inglese, Semipresidenzialismo
francese – che, storicamente, hanno fornito
i migliori risultati in termini di efficacia
decisionale, alternanza politica e circolazione
delle élites e delle idee. Espressa la propria
preferenza per una democrazia maggioritaria
e bipolare (contrapposta a una democrazia
proporzionalista e multipolare), l’autore,
tenuto conto della somiglianza tra la crisi
della Quarta Repubblica francese (1946-1958)
e della Prima Repubblica italiana (1946-1992),
propone per il nostro Paese il Semipresidenzialismo,
con sistema elettore a doppio turno. Tesi
sviluppata in un altro suo libro, curato
con Sofia Ventura, dal titolo “Una splendida
cinquantenne: la Quinta Repubblica francese”
(Il Mulino). Ora, pur non avendo io la competenza
per valutare i vari modelli costituzionali,
mi pare tuttavia saggio l’invito dello scienziato
politico a non fare le riforme col metodo
del bricolage, prendendo un pezzetto di qua
e uno di là, perché ogni sistema ha una sua
logica complessiva e non è bene importarlo
in versione ridotta o manipolata, pena il
suo cattivo funzionamento.
La seconda parola che prendo in esame è,
invece, Sinistra che Pasquino coniuga con
l’ideale della socialdemocrazia. Interessante
è il richiamo alla metafora di Olof Palme,
compianto leader svedese,
secondo cui il mercato è un po’ come il capitalismo:
una pecora, non sempre pacifica, che deve
essere orientata, tosata, ma non uccisa.
Il fine della sinistra è la giustizia sociale,
intesa come uguaglianza delle opportunità,
e il mezzo sono le politiche economiche keynesiane,
redistributive, che contemplano la ricerca
della piena occupazione e la presenza di
una vasta rete del welfare. Dentro il classico
schema destra/sinistra, l’autore spiega che
la mano visibile della politica (anteposta
alla mano invisibile del mercato) deve aiutare
i talenti, premiare i meriti e garantire
un buon grado di competizione sociale. La
mano della politica, proprio perché visibile,
deve operare in maniera trasparente, assumendosi
“le responsabilità di tutto quello che fa,
che non fa, che fa male”. In breve, e concludo,
anche la parola Sinistra ci trasmette una
concezione dinamica della democrazia, in
cui si vince e si perde, giudicati dai cittadini-elettori,
sovrani di ultima istanza.
Cordiali saluti
Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)
 
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