15 Settembre, 2002
Noi giovani comunisti “antisovietici”. Di Gian Carlo Storti
A Enrico Berlinguer ho stretto la mano una sola volta. Era il 1972 o il 1973 ad un congresso dei Giovani Comunisti a Firenze.
Noi giovani comunisti “antisovietici”.
A Enrico Berlinguer ho stretto la mano una
sola volta. Era il 1972 o il 1973 ad un congresso
dei Giovani Comunisti a Firenze. Io alto
e grosso, lui minuto con la testa nelle spalle,
quasi timido si è messo fra noi della commissione
politica, mentre stavamo discutendo sul
documento finale (quello era il rito !!).
Ci lasciò discutere e non intervenne. Quasi
di fronte a me avevo notato una bella ragazza
bionda. Seppi dopo che era Bianca, la figlia
di Enrico. Anche lei non intervenne mai.
Il suo sguardo era sereno e sorridente, ogni
tanto girava gli occhi e guardava la sala
piena di fumo. Verso mezzanotte il documento
era terminato. Volli stringere la mano a
Enrico e mi misi in fila. Lui, restio, era
stupito e quasi rosso in viso, da questo
omaggio di noi giovani comunisti. Omaggio
spontaneo.. non voluto. La sua mano era calda
e minuscola, io strinsi forte, sicuramente
troppo. Lui mi sorrise e salutò con un “buona notte compagno”.
La notte passò in allegria prima in pizzeria
e poi per le strade di Firenze. Bianca era
con noi, corteggiatissima dai molti ragazzi.
Seppi lì che era la figlia del “capo”. Bella
ragazza davvero. Fu davvero una “buona notte”
fatta di risate ma di tante discussioni… fino
all’alba.
Seppi il 7 giugno dell’84 del malore di Enrico
direttamente dalla televisione. Furono giorni
di attesa e di bilanci. Il Pci, a quelle
elezioni europee ottenne il 33,33 % : il massimo
storico.
A distanza di 20 anni ricordo Berlinguer
per questi semplici insegnamenti:
*lo studio: un dirigente politico, come si
enfatizzava allora doveva studiare, essere
preparato sugli argomenti di cui era responsabile
come lavoro politico;
*lo spirito di servizio: i rampanti arrivarono
dopo, anche nella sinistra ex comunista;
*l’antisovietismo: per la verità in lui era
forte il sentimento di autonomia verso l’Urss,
in noi questo sentimento divenne vero e proprio
antisovietismo; noi giovani comunisti brindammo
quando in televisione “annunciò“ la “fine
della spinta propulsiva” della rivoluzione
d’ottobre; fu una scelta di grande coraggio;
*la grande intuizione che in Italia si usciva
da quella fase con l’incontro fra le grandi
tradizioni culturali cattoliche, comuniste,
socialiste e laiche; insomma l’attuale centro
sinistra ha le sue radici nel lontano “compromesso
storico” ;
*il grande senso delle istituzioni: la vicenda
Moro fu tragica, drammatica, cinica per alcuni
aspetti , ma la vera Italia-Stato è nata
da quella fermezza e dalla grande volontà
di battere il terrorismo e di allontanare
dalla sinistra comunista quei gruppi “contigui”
che si aggiravano e che non volevano andare
avanti nella strada del cambiamento;
* il senso della misura nella vita con quelle
riflessioni sulla austerità.
A Berlinguer un solo e modesto rimprovero:
la difesa estrema della diversità “comunista”,
in alternativa al fenomeno “del craxismo”
che sembrava allora il vero antagonista del
Pci.
Sicuramente sentivamo “noi antisovietici”
che la fase di rinnovamento doveva andare
avanti, che bisognava andare oltre “l’identità
comunista” e lavorare per costituire una
grande forza socialdemocratica. Certo allora
era difficile parlare di unità con i socialisti
quando quella stessa forza si mostrava antagonista
e lavorava per sconfiggerci. Sicuramente
“la questione morale”, fortemente e positivamente
assunta da Berlinguer era un elemento dirimente
della diversità.
Certo nessuno può dire se la svolta “socialdemocratica”
che noi giovani auspicavamo fosse fra i suoi
obiettivi. Sicuramente Berlinguer ha forgiato
una “generazione“ di militanti che ancora
oggi, nonostante tutto, ci sono e lavorano
per il cambiamento e che non desiderano andare
in pensione.
E’ triste però notare che alcuni rivendicano
da soli l’eredità morale e politica di Berlinguer...
E’ sbagliato, profondamente sbagliato interpretare
questo grande uomo della storia per dare
nobiltà alle proprie scelte politiche di
oggi. L’ opera di Berlinguer si è bruscamente
interrotta in una piazza di Padova, è rimasta
incompiuta. Siamo rimasti noi, con le nostre
diversità, che abbiamo stimato, prima delle
sue scelte politiche, la persona, l’uomo,
un grande italiano che ha dato un grande
contributo alla democrazia.
Gian Carlo Storti
storti@welfareitalia.it
Cremona 7 giugno 2004
 
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