15 Settembre, 2002
Un ricordo di Berlinguer di Massimo Negri.
Mi sono ricordato di questa associazione di date nel ventennale della scomparsa di Enrico Berlinguer (segretario Pci dal 1972 al 1984)
Un ricordo di Berlinguer di Massimo Negri
Cari amici di Welfare Cremona,
per le tragiche coincidenze del calendario,
l' 11 Settembre 2003 oltre ad
essere stato il 2° anniversario del terribile
attacco terroristico alle
Torri Gemelle di New York ha segnato pure
il 30° anno dal colpo di stato con
il quale il generale Augusto Pinochet ha
abbattuto il governo costituzionale
di Salvador Allende.
Mi sono ricordato di questa associazione
di date nel ventennale della
scomparsa di Enrico Berlinguer (segretario
Pci dal 1972 al 1984) in quanto
lo shock cileno ebbe una rilevante influenza
nell' elaborazione della
strategia del compromesso storico.
Caliamoci brevemente nello spirito dei tempi.
Pinochet che abbatte Allende è assunto ad
evento simbolo della fragilità
delle piccole e giovani democrazie. E' un
freno alle cosiddette "fughe in
avanti" delle alternative troppo radicali.
Inoltre, ad aumentare le difficoltà al cambiamento,
la strategia della
tensione informa che ogni spostamento a sinistra
degli equilibri politici
italiani costa sangue.
La scia di attentati condiziona ed indebolisce
la normale evoluzione della
dialettica politica e sindacale.
Non dimentichiamo, infine, che pur favorito
dalla celebre affermazione del
1976 di Berlinguer sulla "sicurezza
dell' ombrello Nato" solo nel 1978
Giorgio Napolitano - grazie alla svolta impressa
dalla presidenza di Jimmy
Carter - ottiene il visto per gli Stati Uniti
e, al ritorno, avvia gli
incontri con l'ambasciatore Richard Gardner
che segnano una sorta di
normalizzazione e di graduale sdoganamento
del Pci agli occhi Usa e di
riflesso nei comportamenti della Dc e dei
suoi tradizionali alleati (caduta
della conventio ad excludendum). Anche il
Pci - dopo il Psi - può essere
inglobato nell'area di governo secondo la
lungimirante visione di Aldo Moro
che - sia detto a onore suo - prevede pure
una "terza fase" in cui la Dc
potrà andare all'opposizione a "riossigenarsi".
Sappiamo, purtroppo, la fine
che le Br gli hanno fatto fare. Da vedere,
en passant, il film di Marco
Bellocchio Buongiorno, notte nel quale il
senso claustrofobico della
prigionia è riscattato da una scena finale
in cui Moro passeggia per Roma,
libero. Sollievo e strazio per noi spettatori.
Perchè il Pci opta per il compromesso storico
anzichè per l' alternativa? Da
un lato, per i timori (confermati dal caso
Cile) della reazione neo-fascista
e conservatrice (con avallo Usa; l'Urss non
vuole il Pci al potere come ci
stanno i partiti socialisti negli altri paesi
europei). Dall' altro lato,
perché il Pci non ha ancora compiuto la traversata
del deserto. Non ha
ancora, nella sua maggioranza, appreso la
lezione di Norberto Bobbio secondo
cui i principi del "socialismo liberale"
o, se si preferisce, del binomio
"giustizia e libertà" vedono la
loro realizzazione storica nelle limitate
ma
concrete esperienze delle socialdemocrazie
europee.
Il Pci persegue, all' opposto, una astratta
"terza via" che non intende
ripetere né la strada del socialismo reale
né quella socialdemocratica. Il
Pci è convinto che la difesa della democrazia
e il progressivo innesto di
elementi di socialismo siano obiettivi meglio
raggiungibili con governi
delle "larghe intese" rappresentativi
dell' incontro nella società delle
masse cattoliche, socialiste e comuniste
(allora erano questi i termini in
uso).
A posteriori - e in chiave psicanalitica
- possiamo dire che il Pci non ha
sufficiente fiducia in se stesso. Ha bisogno
di stare vicino a mamma-Dc
oltre che a fratello-Psi. Ritiene che l'
opposizione al compromesso storico
di settori della Dc, del Pli e del Msi basti
ed avanzi al funzionamento del
gioco democratico.
Confesso che, per un paio d' anni, rimasi
impigliato anch' io in questo
incantesimo. Fu il mio ex-insegnante di Diritto
alle scuole superiori a
insinuarmi i primi dubbi e arrivarono, infine,
le lezioni del Prof.
Gianfranco Pasquino - docente di Scienza
della Politica all' Università di
Bologna - a spiegarmi che la sostanza della
democrazia sta sì nella
partecipazione dei cittadini (categoria appropriata
al posto di masse) ma,
soprattutto, nella competizione bipolare
e regolata delle idee, delle
risorse, dei progetti di società.
Ai miei occhi, Berlinguer rimase un discreto
politico, onesto e dotato di
carisma, in grado di giustificare il verso
di una canzone di Giorgio Gaber
secondo cui "qualcuno era comunista
perché Berlinguer era una brava
persona".
Trovo assai pregnante al discorso la similitudine
compiuta da Piero Fassino
nel suo libro autobiografico Per passione
(Rizzoli): "Mi è capitato spesso
di pensare a Berlinguer come a un campione
di scacchi che sta giocando la
partita più importante della sua vita: la
partita dura ormai da molte ore;
sta giungendo alle battute finali e guardando
la scacchiera il campione si
accorge che, con la prossima mossa, l' avversario
gli darà scacco matto. Ha
un solo modo per evitarlo: morire un minuto
prima che l'altro muova. In
fondo, la tragica fine risparmia a Berlinguer
l' impatto con la crisi della
sua strategia politica".
Personalmente ritengo che Berlinguer capì,
se pur con ritardo, i suoi errori
e mise il suo partito sul sentiero dell'
alternativa democratica ma non fece
in tempo a vederne i frutti.
Vorrei concludere questa lettera con un pensiero
di un suo alter ego,
Benigno Zaccagnini che, penso, esprima bene,
in chiave anche futura, il
contributo che il ramo del cattolicesimo
democratico può donare all'Ulivo :
"Non abbiamo scelto noi di vivere in
tempi così difficili, ma dipende da noi
esserne all'altezza; non dipende da noi convincere
gli altri partiti a
imboccare una strada piuttosto che un'altra,
ma dipende da noi calarci nella
realtà delle cose da fare, dei problemi da
risolvere, abbandonando miti e
forme di orgoglio che non hanno ragione di
esistere, offrirci, con proposte
migliori degli altri, quale punto di riferimento
insostituibile per il
Paese".
Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)
 
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