Egregio Direttore
Lo diciamo senza alzare i toni, ma siamo convinti che aprire in questo
frangente un dibattito sul comportamento da tenere rispetto al ritiro dei
militari dall'Iraq è gravemente inopportuno e profondamente sbagliato. E nel
merito è un non senso. Occorre, al contrario, tenere le due cose assieme:
l'unico modo per far cessare i massacri in Iraq è quello di ritirare le truppe.
Non ci sarà mai pace, non ci sarà mai fine all'orrore del terrorismo, se non
finirà l'orrore della guerra all'Iraq. Per questo si battono e si sono battute
le due ragazze italiane, che hanno sempre militato nel movimento per la pace.
Se ci fossero i margini per una trattativa, il nostro segretario sarebbe
pronto anche a partire per l'Iraq in qualsiasi momento: per chiedere la
liberazione delle due volontarie e per affermare la necessità del ritiro delle
truppe. Ma anche il governo deve fare la sua parte fino in fondo. Deve mettere
in atto ogni iniziativa, ogni contatto, ogni capacità di relazione diplomatica.
Deve essere più attento alle ragioni di chi ha considerato e considera la
guerra il brodo di cultura del terrorismo.
Non può essere dimenticato che l'Iraq è stato invaso anche se non aveva
alcuna responsabilità nell'attentato terrorista dell'11 settembre, non
disponeva di armi di distruzione di massa e da lì non veniva alcun terrorismo.
Avere la memoria corta non aiuta.
L'Iraq è stato invaso per rapinarne le risorse e perché la guerra
preventiva ha sostituito la politica ed il dialogo con il mondo medio orientale.
Quello che non aiuta la liberazione delle nostre due volontarie, è il
bombardamento quotidiano all'Iraq, che anche oggi ha provocato morti tra i
civili. Sarebbe opportuno che il governo si attivasse nei confronti degli Usa:
la vita preziosa delle due ostaggi meriterebbe almeno una pausa, una sospensione
dell'eccidio quotidiano in Iraq.
La segreteria del Partito dei Comunisti Italiani - Federazione di Cremona