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15 Settembre, 2002
"Ritornate a me voci di un tempo..."
Massimo Negri, il calcio... e altro

Cari amici di Welfare Cremona,

recita un poemetto di Umberto Saba : "Oh ritornate a me voci di un tempo. Chi sa che in nuovi dolcissimi accordi io non vi faccia risuonare ancora".

Nell' agosto del 1973, a quindici anni, mentre mi trovavo in vacanza in Val di Non coi miei cugini Giuseppe e Luciano, ogni pomeriggio andavamo a Cavareno (TN) dove, in un campo sportivo tra i boschi, si allenava il Lanerossi Vicenza sotto la guida di Ettore Puricelli (scuola uruguaiana) e Berto Menti (scuola veneta).

Ricordo ancora con piacere gli scatti veloci di Damiani, ala destra di qualità, le geometrie a centrocampo di Cinesinho, i colpi di testa dello stopper-ariete Ferrante, l' eleganza e le bordate del centravanti Sormani. Vi erano poi, imprevisti e sconosciuti, i funambolismi di Ezio Vendrame, mezz' ala di attacco, un autentico

giocoliere della sfera. Il suo repertorio spaziava dalle finte ai dribbling, e le sue magie sortivano l' effetto della "palla che ora c' è, ed ora non c' è" e poi te la ritrovi in fondo al sacco.

Un po' per la capigliatura, un po' per la sua arte, Boniperti arrivò a battezzarlo "il Kempes italiano".

Da allora presi a seguirlo, in TV e sui giornali, col rammarico di non vederlo decollare tra i grandi del calcio. La recente uscita di un suo libro "Se mi mandi in tribuna, godo" (Ed. Biblioteca dell' immagine) ha fatto luce su quel che, sino a ieri, avevo solo intuito. L' eclettico numero 10 ha condotto "una vita in fuorigioco". Classe

1947, aitante e tenebroso, venerato dai tifosi e dalle donne, ha sviluppato, per usare un eufemismo, le sue

attitudini di "tenerissimo Attila in amore" (come lui si è definito) piuttosto che attenersi alle necessarie discipline di una carriera che lo ha visto, dopo alcuni anni di serie A, retrocedere nelle serie minori.

Nel libro c' è un aneddoto che spiega un po' di cose.

"Stagione calcistica 1972/73. Il Vicenza aveva battuto in casa il Torino per 1-0. Per tutta la gara ero stato marcato da Aldo Agroppi ed il giorno dopo, nelle pagine del Gazzettino, Giorgio Lago mi diede il massimo dei voti : 10 (forse avevo giocato benino!)." Ironie della sorte, a carriera ormai conclusa, Gianni Minà lo invitò alla Domenica Sportiva dove l' opinionista Agroppi lo accolse con questo elogio: "Io con i piedi di Ezio,

lui con la mia testa : ecco il fuoriclasse assoluto !".

L' autore commenta : "Io, invece di incassare l' omaggio e ringraziarlo, lo freddai con la mia replica : ti regalo volentieri i miei piedi, ma la mia testa non la cambio con nessuno, tantomeno con te!". Non suoni irriguardoso al lettore se svelo, al riguardo, il piccante episodio che sta dietro il titolo-epitaffio "Se mi mandi in tribuna, godo".

Quando Vendrame fu trasferito dal Lanerossi Vicenza al Napoli, una domenica, a Cagliari, l' allenatore Vinicio non lo mise in formazione né in panchina ma lo fece accomodare in tribuna. Lì incontrò una giovane modella partenopea che aveva seguito la squadra in trasferta e, poco dopo, i due approfondirono la

loro conoscenza nei bagni dello stadio Sant' Elia.

Forse nella bacheca di Vendrame ci sono più trofei femminili che sportivi ed è probabile che egli abbia anteposto le esigenze del suo "lui" (come lo chiamava Moravia) a quelle della sua piena affermazione calcistica. Ma cosa obiettare, in fondo, a una persona che soddisfatta dichiara : "io giocavo in Nazionale da

sempre, perchè da sempre avevo fatto quel che avevo voluto, senza mai concedere in mano d' altri il telecomando della mia vita" ?

Appese le scarpe ai chiodi, Vendrame ha poi indossato, per diversi anni, la tuta da allenatore dei giovani, portando avanti con coerenza il suo discorso volto ad abbassare la febbre da risultati ed a valorizzare, invece, la dimensione del divertimento e del rispetto delle regole di un gioco collettivo, possibile fonte di apprendimento e di educazione alla vita.

Ci tengo, nella circostanza, ad inserire una strofa di una canzone di De Gregori (La leva calcistica della classe '68): "Nino cammina che sembra un uomo, con le scarpette di gomma dura, dodici anni e il cuore pieno di paura.

Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall' altruismo e dalla fantasia".

Tornando al campo tra i boschi di Cavareno io - ex-portiere - ammiravo, in particolare, la preparazione specifica di Bardin e Anzolin intanto che gli altri, alla chetichella e firmando autografi, rientravano negli

spogliatoi. Tanti cross con uscite alte e basse, tiri da lontano e da vicino, con uno o più palloni, bloccati o respinti, con le mani o coi piedi. Un tuffo dietro l' altro su quella morbida segatura dove anch' io, ad allenamento finito, cercavo di imitarli.

All' epoca il mio idolo era Bordon, portiere dell' Inter. Da adolescenti ci si innamora più di certe movenze che di certe sostanze. Tra i pali era bravo, nelle uscite meno, più che sicurezza trasmetteva paura alla difesa. Ma io, ostinato, lo difendevo tra gli amici, al bar, "perchè aveva stile". Ci vollero gli studi ed una certa maturità per farmi capire che il migliore guardiano era Zoff, numero 1 essenziale, concreto.

E, vedi il caso, Vendrame nel suo libro gli rende omaggio avendolo conosciuto nell' Udinese, in serie B : "Quante volte l' ho scoperto, seduto al tavolino della sua stanza, con penna e notes, schizzare su un foglio bianco una porta, una barriera e una sua posizione per ripassare un goal che aveva subito

la domenica e di cui non si dava pace. Nonostante avesse una difesa che faceva acqua da tutte le parti, non l' ho mai sentito giustificarsi. Sembrava quasi che tutti i goals che subiva fossero soltanto e sempre colpa sua. Un giorno mi chiamò in camera sua e mi fece vedere un articolo che lo riguardava e che teneva

accuratamente nel portafoglio. C' era un titolo grande : "Zoff come Zuff", e quindi la cronaca di una sconfitta per 7 - 2 contro il Foggia. Con quell' articolo sempre in tasca, la sua forza interiore e la sua grande umiltà, poi le parate fecero il resto".

Per parte mia ho impressa nella mente una parata di Zoff all' 88° minuto di Italia-Brasile che salvò quel 3 a 2 che spianò la strada al successo dei Mondiali di Spagna del 1982. Quei guantoni protesi in volo ad afferrare sulla riga di porta il pallone incornato, da pochi metri, da Leandro, sono entrati nel novero delle immagini più belle della storia del calcio.

Seguivo quelle partite con Eros, amico d' università a Bologna. Ricordo che, dopo la sorpresa della vittoria sull' Argentina per 2 a 1, quel successo sul Brasile con la tripletta di Rossi accese i nostri sogni. Battere i carioca, favoriti del torneo, voleva dire che gli azzurri del saggio Bearzot potevano ambire al podio più

alto. Un' altra doppietta di "Pablito" regolò la pratica Polonia e poi, in finale, le reti di Rossi, Tardelli (con corsa ed urlo) ed Altobelli ebbero ragione per 3 a 1 della Germania.

"Campioni del mondo, campioni del mondo" scandiva dagli schermi tv la voce di Nando Martellini mentre in tribuna il Presidente Pertini esultava con la sua pipa. Ebbri di gioia, noi studenti scendemmo in strada in mezzo ad un tripudio di clacson e di bandiere tricolore. Non ho mai visto un fiume così in piena di gente festosa scorrere per le vie della città, cantare in Piazza Maggiore e bagnarsi nella fontana di Nettuno.

E pure io che, in genere, non prediligo il chiasso, mi sono lasciato trasportare dalle emozioni, in silenzio ma con sentita partecipazione. Grazie Zoff!

Cordiali saluti

Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)

 


       



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