15 Settembre, 2002
Ecco l'opera di un giovane artista cremonese Riccardo Benassi
Un giovane artista cremonese al Corso Superiore di Arte Visiva - FAR Mostra di fine corso - Riccardo Benassi, machines far frommy desk, 2004
Un giovane artista cremonese Riccardo Benassi
al Corso Superiore di Arte Visiva - FAR
Mostra di fine corso - Riccardo Benassi,
machines far frommy desk, 2004
Ogni anno il workshop si struttura in maniera
diversa e lasciamo volutamente la formula
abbastanza aperta alle indicazioni, i suggerimenti
e le proposte dell'artista che invitiamo.
Quella che rimane invariata è la durata,
cioè le tre settimane di corso, insieme alla
preparazione di una mostra finale con la
partecipazione dei 25 selezionati e dell'artista
che chiamiamo ad insegnare e infine la presenza
di due curatori - per questa edizione Giacinto
di Pietrantonio e Roberto Pinto, che è subentrato
ad Angela Vettese. Un altro elemento costante
negli anni sono i tre momenti aperti al pubblico,
tre conferenze di cui la prima del visiting
professor, una seconda di un artista o un
curatore - quest'anno Cesare Pietroiusti
venuto a parlare dei pensieri non funzionali
e degli effetti collaterali nel fare arte
- e una terza relativa ad una disciplina
diversa che cambia di anno in anno a seconda
degli spunti forniti dal percorso dell'artista
invitato, proprio per aprire una finestra
interdisciplinare. Durham fa un lavoro molto
intenso e decostruttivo rispetto al significato
stesso dell'architettura, quindi abbiamo
deciso di invitare Stefano Boeri per la sua
concezione dell'architettura come materia
in continuo ripensamento e concepita in senso
non tradizionale.
Jimmie Durham è della convinzione che l'arte
non si possa insegnare quindi ha cercato
di ascoltare i 25 artisti, accompagnarli
durante il soggiorno fino a diventarne quasi
amico; infatti per iniziare ha attivato una
formula particolare che consiste nel decomprimere
la tensione, presente nel momento in cui
si arriva da varie parti del mondo e per
le aspettative rispetto al corso, proponendogli
una serie di esercizi "infantili"
di conoscenza e percezione del territorio
di lavoro, dello spazio circostante - la
vecchia fabbrica Ticosa - e di quello della
città. I ragazzi allora hanno sperimentato
il contesto, lo spazio e le relazioni che
man mano si approfondivano. Poi ha deciso
di invitarli a pranzo e a cena, due alla
volta, in modo da instaurare progressivamente
un rapporto di tipo amicale con cui condividere
le scelte relative ai suoi progetti.
Durham ha utilizzato la pietra come strumento,
ha impiegato in senso antimonumentale il
materiale classico della scultura per fare
delle performances in cui, sedendo ad un
tavolo vestito come un burocrate, ha chiesto
ad ogni studente di portargli degli oggetti
che poi ha distrutto attraverso un utensile
preistorico trovato in giro per l'Europa.
In mostra ci sono i resti degli oggetti e
la scrivania trasformata dall'azione di Durham.
Un altro lavoro situato in uno spazio pubblico
della città è costituito da un'enorme pietra
che fa ribaltare un'Apecar, un veicolo che
sembra fermare la sua corsa proprio nel contatto
con la roccia e infine un terzo intervento
all'esterno della Fondazione Antonio Ratti
in cui fuoriesce dal terreno una tubatura
che lo collega alla facciata dell'edificio,
sempre passando per una pietra come ostacolo.
Oltre a queste operazioni nello spazio urbano,
la personale di Durham si è svolta nello
stesso spazio, la ex fabbrica Ticosa, insieme
alla mostra di fine anno con una mescolanza
di lavori e interventi.
La scelta del visiting professor è sempre
avvenuta in base ad un interesse che Annie
Ratti e i nostri curatori hanno avuto rispetto
al lavoro di un determinato artista, in particolare
alla sua capacità di porsi in discussione
di fronte ad un gruppo di artisti molto più
giovani e di entrare in relazione con il
loro lavoro. In genere i visiting professor
sono volutamente di una generazione lontana
da quella dei partecipanti e nonostante l'esperienza
sono molto attivi, hanno una ricerca ampiamente
consolidata che continuano a mettere in discussione.
Anche la scelta dei partecipanti è molto
personale, non esiste un criterio oggettivo
di selezione, spesso viene valutata la possibilità
di interagire con l'artista invitato e sicuramente
non avviene una selezione che permetta di
essere infallibili.
In Italia esistono poche esperienze di specializzazione
che poi si misurano con il momento espositivo,
mentre alla Fondazione Antonio Ratti proponiamo
sia la mostra di fine corso che la mostra
a Viafarini/Care of a distanza di sei mesi.
Il fatto che ci sia una struttura simile
ad un Master concentrato in tre settimane
con la successiva possibilità di esporre
il proprio lavoro, realizzare un catalogo
e avere una visibilità rispetto all'esterno,
fa del programma un momento di confronto
interessante per i giovani e per far conoscere
il proprio lavoro.
Sicuramente dal '95 ad oggi c'è stata una
forte crescita delle domande soprattutto
dall'Italia, dove i programmi di questo tipo
sono piuttosto rari - ne ha attivato uno
la Fondazione Olivetti che dura una settimana
ed è rivolto ad un gruppo ristretto di artisti
e c'è la bellissima esperienza di Città dell'Arte
della Fondazione Pistoletto che però ha altre
ambizioni.
Le discussioni teoriche degli artisti con
i curatori e i visiting professor sono momenti
di scambio molto intensi in cui il lavoro
di ogni partecipante viene visto, dibattuto
apertamente e sviscerato in ogni sua parte;
oltre ai tanti casi di artisti divenuti famosi
ci sono stati artisti che dopo il corso hanno
abbandonato completamente la ricerca. Questo
passaggio di discussione e confronto diventa
evidentemente decisivo ed è un modo per misurarsi
con l'esterno e con il mondo a differenza
di quanto può avvenire nelle Accademie.
Mi occupo del coordinamento del corso, e
dal '95 ad oggi si è creato sicuramente un
maggiore interesse. Siamo più conosciuti
sia in Italia che all'estero, arrivano molte
più domande ma sostanzialmente la struttura
è rimasta la stessa. È una formula che sulla
carta rimane invariata ma che si evolve di
anno in anno con progetti di insegnamento
diversi a seconda degli artisti invitati.
Invece ad essere cambiate sono le tematiche,
le forme e i mezzi utilizzati dai giovani
partecipanti, per esempio se alla fine degli
anni '90 c'è stata un'esplosione del video,
negli ultimi due anni questa onnipresenza
del mezzo si sta ridimensionando. Il Corso
della Fondazione Antonio Ratti è un pò una
lente di ingrandimento che permette uno sguardo
privilegiato sulle ricerche artistiche contemporanee
per esperirne necessità e mutamenti.
Pietre rifiutate
parla Anna Daneri, coordinatrice del
Corso Superiore di Arte Visiva - FAR
fonte:http://www.illy.com/Illy_It/default.htm
http://www.illy.com/Illy_It/Arte/Dialoghi/Pietre_rifiutate.htm
 
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