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 Lettere a Welfare

15 Settembre, 2002
Quattro lettere alla redazione
di Dario Antoniazzi,Adriano Ferrazza, Leandro Janni e Pietro Stagno

Cosa c'entra AN con gli ex della RSI?
di Dario Antoniazzi

Il Consigliere Comunale Bocchi, di AN di Soresina, in una lettera pubblica, entra in polemica con alcuni elettori di AN. E' una polemica che non mi riguarda e non mi interessa.
Ma è l'occasione per sapere che i dirigenti locali di AN avrebbero devoluto offerte, in ricordo del compianto Gianpaolo Bonetti, alle associazioni che fanno riferimento alla Repubblica Sociale Italiana.
Tanto per intenderci la repubblichina di Salò, quella che nel '43 non seppe fare di meglio che allearsi con Hitler ed i nazisti - condividendone nefandezze ed atti orribili - contro gli eserciti dei paesi democratici alleati e contro la Resistenza. Mi chiedo: ma come, AN non aveva ripudiato il proprio legame con il fascismo? Non aveva fatto "un bagno di democrazia" a Fiuggi? E Fini non sta facendo di tutto per farsi perdonare dagli ebrei e dallo Stato di Israele? E per far dimenticare il passato del suo partito?
Cosa c'entra - dunque - AN con gli ex della RSI?
Oppure c'entra. E tutto quello che si è detto e fatto da Fiuggi in poi non è che una grande cortina di fumo?
Insomma, se del denaro doveva essere devoluto in beneficienza: perchè proprio agli ex della RSI?
Si tratta di una scelta casuale? Oppure si tratta di una scelta ben meditata? Non vorrei si dovesse dar ragione a quel tale che dice, riferendosi ad AN, "Gratta gratta, sotto la facciata di perbenismo, trovi sempre la camicia nera!!

Dario Antoniazzi
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Aveva ragione Montanelli
di Adriano Ferrazza

In questi giorni è in pieno svolgimento una campagna di stampa che, volendo difendere Silvio Berlusconi, attacca tutti coloro che lo criticano, lamentando che il presidente del consiglio sarebbe bersaglio di attacchi infami, denigratori ed ingenerosi.
Insomma, direbbero nel casalasco, "Por putén", lo prendono sempre in giro! Questa campagna della destra non tiene conto di alcuni dati di fatto: sono passati quasi 600 giorni dalla vittoria della cosidetta casa delle libertà e gli italiani si stanno ma mano accorgendo della "cappella" che hanno fatto dando la maggioranza alla destra (seppur non in maniera trascendentale, sul piano del numero dei voti).
La situazione è tra il disastroso ed il ridicolo. Non si riesce bene a capire se questi governanti sono più protervi o più incapaci!
L'economia va male, le tasche degli italiani se ne stanno accorgendo sempre di più. Per Silvio e compagnia cantante non è più possibile "campare" dando la colpa " a qualcun altro": prima il fantomatico "buco", poi l'11 di settembre, poi l'opposizione che (non facendo altro che il proprio dovere) si oppone.
I nodi stanno venendo al pettine e oggi gli italiani non possono che dare ragione (purtroppo postuma) all'indimenticabile Indro Montanelli, quando diceva che Berlusconi era come un virus: probabilmente bisognava provarlo per potersi immunizzare.

Adriano Ferrazza

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Berlusconi, la guerra e il ponte sullo Stretto
di Leandro Janni- Caltanissetta, 1 gennaio 2003

Nella conferenza stampa di fine d’anno (2002), il premier nazionale Silvio Berlusconi ha dichiarato: “Evitiamo la guerra. Il ponte sullo Stretto si farà”. Bene, tralasciando le mutevoli posizioni del premier sulla politica internazionale e venendo alle cose di casa nostra, il ponte sullo Stretto (faraonica, inquietante, devastante opera pubblica di gusto vetero-ingegneristico) cos’è, se non un vero e proprio atto di guerra?
Guerra alla natura (e che natura!), al territorio, al paesaggio, agli insediamenti abitativi su cui sarà calato; guerra alle buone regole dell’economia e della tecnologia; guerra ad una politica dei trasporti autenticamente moderna ed efficiente; guerra ad ogni umano criterio di buon senso.
Egregio presidente, evitiamo la guerra, le guerre: evitiamo il ponte sullo Stretto, tra Scilla e Cariddi.
Leandro Janni
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Lo stato della libertà di informazione nel mondo

Cari amici, vi auguro innanzitutto un felice 2003. Siccome ho avuto un po' più di tempo per leggere, vi segnalo un ottimo rapporto del numero 12 di Aggiornamenti Sociali (il mensile pubblicato dal Centro San Fedele dei Gesuiti di Milano) sulLo stato della libertà di informazione nel mondo.

Fin dal 1791 (primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti) la libertà di stampa è la prima delle libertà da cui discendono tutte le altre, quindi ogni sua violazione è particolarmente preoccupante.

Aggiornamenti Sociali riferisce sulla classifica mondiale della libertà di stampa compilata dall'associazione Reporters sans frontières (sito www.rsf.fr ) e divulgata nello scorso ottobre.

Tale classifica è stata compilata sulla base di un questionario di 50 domande riguardanti tutti le variabili che influiscono sulla libertà di stampa e la classifica è stata fatta ponderando le variabili in questione (maggiori dettagli metodologici sono sulla rivista); 139 sono i paesi considerati.

Fra i primi 15 ci sono solo quattro paesi non europei occidentali (Canada 5°, Australia 12°, Slovenia 14°, Costarica 15° e la presenza di questi ultimi due dimostra che la libertà di stampa non è un lusso per paesi ricchi, inoltre Ecuador 20°, Benin 21°, Namibia 31°, Bulgaria 38°): questo dimostra comunque che l'Unione Europea è all'avanguardia nella tutela e promozione di questa basilare libertà.

C'è però un'eccezione, l'Italia che è 40°: dice Reporters sans frontières che nel nostro paese il pluralismo dell'informazione è seriamente minacciato. Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, moltiplica le pressioni sulla televisione pubblica, mettendo suoi uomini di fiducia nei posti chiave dei media di stato: inoltre egli continua a possedere un potente gruppo televisivo privato: è citato poi il caso Surace e le perquisizioni cui sono stati sottoposti giornalisti, con relativo sequestro di materiale.

Oggi ho visitato il sito dove ho trovato una cartina del mondo assai impressionante: ogni paese è colorato a seconda della sua situazione: con situazione buona o piuttosto buona c'è tutta l'Unione Europea, esclusa l'Italia, tutti i paesi candidati ad entrare prossimamente, l'Australia, Costarica, Ecuador, Bolivia, Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Canada, Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, Sudafrica, Namibia, Benin, Senegal, Mali e qualche altro; assieme all'Italia "con notevoli problemi" ci sono Albania, Algeria, Marocco, Camerun, Angola, alcuni altri paesi africani, Madagascar, India, Messico, Indonesia, Bangladesh, Venezuela, Brasile, Israele, Libano; con situazione "difficile" o "molto grave" c'è tutto il resto: in America Latina la Colombia (perché ammazzano i giornalisti), Cuba ed Haiti, in Africa Tunisia, Libia, Egitto, Congo, Zimbabwe, Nigeria, Somalia, Etiopia, Eritrea, ed alcuni altri, tutta l'ex Unione Sovietica, e tutta l'Asia meno India, Mongolia, Tailandia, ma inclusa la Turchia.

Risulta quindi una situazione mondiale assai preoccupante.

Mi scuso se questa lettera è un po' arida, ma questa volta ho preferito fornire dati di fatto senza mie conclusioni.

Un caro saluto.

Piero Stagno

 


       



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