15 Settembre, 2002
La grande coalizione populista (Carlo Bastasin su La Stampa)
La Grande coalizione del populismo non ha fatto fatica a trovare un accordo: le maggiori entrate tributarie? Usiamole per abbassare le tasse!
La Grande coalizione del populismo non ha fatto fatica a trovare un
accordo ieri in Commissione Bilancio. Votando insieme, i
rappresentanti dell'Unione e della Casa delle Libertà hanno approvato
un emendamento all'articolo 1 della Finanziaria che dispone che
eventuali maggiori entrate, derivanti dalla lotta all'evasione
fiscale, siano destinate a ridurre le tasse. Il debito pubblico
italiano è il più alto dell'Unione europea, da alcuni anni è tornato
a crescere e il piano di rientro fissato dalla legge Finanziaria è
pur sempre appeso a un'incertezza molto forte che riguarda proprio le
entrate fiscali messe a bilancio. Eppure non c'è stata alcuna
esitazione a destinare eventuali entrate, con l'ipocrita qualifica
di «qualora permanenti», a compiacere l'elettorato. Anzi sì,
un'obiezione c'è stata: l'Udc non ha votato l'emendamento, non però
per un sussulto di rigore, ma perché voleva anticipare già ora il
calo delle tasse visto che entrate maggiori delle attese sono
all'ordine del giorno, come ha testimoniato ieri il viceministro
Vincenzo Visco.
L'Udc non avrebbe avuto bisogno di astenersi tanto coraggiosamente,
perché è stata subito rincorsa dai vertici della Commissione che
hanno confermato che sì, in effetti, la riduzione delle tasse potrà
avvenire già nel 2007. Il populismo è un piano inclinato, ha una sua
dinamica inarrestabile.
Ve l'immaginate un governo che a settembre del 2007 dica: «Ci
dispiace, vi abbiamo annunciato una guerra senza quartiere
all'evasione, ma ahinoi non abbiamo recuperato nulla, quindi non
possiamo tagliare le tasse». Nient'affatto: dall'evasione Visco dovrà
dimostrare di aver ottenuto ciò che si era proposto. Quindi è come se
quei soldi fossero già stati spesi prima ancora di entrare.
Ma è per una nobile causa. Per aiutare gli incapienti e forse per
aumentare le pensioni minime. E siamo assolutamente d'accordo che è
doveroso farlo. Allora però si introduca un semplice meccanismo:
ridurremo altre spese correnti in misura analoga e corrispondente in
modo da assicurare che il debito pubblico italiano possa calare
anziché distruggere il futuro dei nostri figli: vediamo se lo
votereste ancora quell'emendamento per i poveri incapienti!
Lì sì, sarebbe davvero utile l'intesa tra i poli: sulle spese da
tagliare, non sulle tasse da ridurre. D'altronde di questa difficile
Legge Finanziaria c'è da salvare quasi solamente il rigore con cui
Tommaso Padoa-Schioppa ha difeso il saldo di bilancio e di come il
ministro ha rimesso i conti pubblici italiani - se non ci saranno
troppe sorprese - sulla rotta del possibile risanamento. C'è da
chiedersi che cosa succederebbe senza l'ancoraggio europeo e senza
personalità che ne hanno consapevolezza e che controbilanciano gli
istinti populisti.
Perché la logica dei benefattori ha una sua ingenua malizia: se le
cose vanno un po' meglio del previsto non è forse questo il momento
per aiutare chi sta peggio? E' esattamente il contrario: se le
entrate fiscali aumentano perché l'economia va meglio del previsto,
allora questo è il momento per ripagare i debiti che in passato
abbiamo accumulato frinendo come cicale nel bello e nel cattivo
tempo. E' quel debito pubblico che impedisce di aiutare i più deboli
quando le cose vanno peggio, non quando vanno meglio.
 
La Stampa
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