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 Cronaca

15 Settembre, 2002
La piazza che non c'e'
Valerio Zanone su La Stampa, 11 maggio 2007

Dodici maggio: nel remoto 1974 il referendum popolare confermò la legge sul divorzio, voluta dal liberale Baslini e dal socialista e radicale Fortuna. La maggioranza degli italiani che votò per il divorzio non era contro la famiglia, per la buona ragione che il divorzio non divide le famiglie unite, ma solo prende atto delle famiglie divise. Domani è un altro 12 maggio e a Roma, fra piazza San Giovanni e piazza Navona, ci sarà un altro referendum che impropriamente impone l'aut aut fra due principi entrambi costituzionalmente riconosciuti, i valori della famiglia e i diritti dei conviventi. Chi non si presta all'aut aut può farne a meno: né a San Giovanni né a piazza Navona. Ma la scelta di non andarci non significa astensione né equidistanza.

È positivo che le famiglie scendano in piazza per far valere le proprie aspettative; il Welfare famigliare è un cardine del programma di governo. Per occuparsene Prodi ha fondato un ministero affidato a Rosy Bindi. Fra le proposte legislative di questi giorni è un disegno di legge dei senatori Luigi Bobba e Tiziano Treu che dispone provvidenze fiscali, servizi sociali e facilitazioni all'occupazione femminile per le famiglie con figli; se ne dovrà discutere per i vincoli derivanti al regime del lavoro e per l'onere (2 miliardi e mezzo) a carico dei conti pubblici, ma la finalità sociale è fuori discussione. Il fatto è che lo scopo del Family Day non è solo quello di sollecitare provvidenze per le famiglie, ma per esplicita dichiarazione dei promotori è principalmente quello di bloccare sine die la legge all'esame del Senato sui diritti dei conviventi; e quindi di mettere in alternativa ai diritti della famiglia, che nessuno contesta, i diritti dei singoli che convivono in altre forme di unione. Dovremmo andare in piazza per scegliere fra l'articolo 29 della Costituzione che riconosce la famiglia naturale, e l'articolo 2, che riconosce i diritti del singolo. E l'iniziativa dei laici di riunirsi in piazza Navona in contemporanea con il Family Day finisce per prestarsi all'aut aut irragionevole e ingiusto.

Di nuovo, fra piazza San Giovanni e piazza Navona non può esserci equidistanza. L'aut aut del 12 maggio ha origine dalla crociata orchestrata in crescendo dalla conferenza episcopale e dalle associazioni dei fedeli contro i diritti dei conviventi, che di per sé non recano alcuna offesa alla famiglia tradizionale. Si tratta di riconoscere alle forme di convivenza diverse dal matrimonio, senza discriminazione di orientamento sessuale, facoltà e diritti che non richiedono esaltazioni o anatemi ideologici: l'assistenza reciproca in caso di ricovero o detenzione, il subentro nelle locazioni, la reversibilità della pensione (salva la compatibilità con i conti previdenziali), la possibilità di successione (salvi i diritti legittimi codificati).

Quella dei diritti dei conviventi è una legge che chiama in causa i civilisti molto più dei moralisti. Si è trasformata in un «signaculum in vexillo» quando da parte cattolica si è posto l'accento sulla funzione paradigmatica o pedagogica delle leggi, nel senso che le leggi non soltanto registrano le convinzioni ed i costumi, ma anche contribuiscono ad orientarli. Quella giusta osservazione è però un argomento in favore della legge, purché il riconoscimento pubblico dei diritti dei conviventi contribuisce a sviluppare la convivenza fra diversi, il rispetto di differenti percorsi di vita, una visione tollerante del pluralismo sociale e civile. Fra i promotori del Family Day circola (s'è letta sui giornali) una preoccupante svalutazione dei diritti individuali, che non è autorizzata dalla Costituzione della Repubblica. Il secondo principio fondamentale della Costituzione riconosce i diritti del singolo, sia nella propria individualità irriducibile sia nelle formazioni sociali in cui l'individuo sviluppa la propria personalità. Servirebbe una piazza per riunire i cittadini favorevoli a sostenere la famiglia e a un tempo rispettosi delle scelte personali di vita: una piazza intitolata alle libertà individuali. Ma può anche bastare la garanzia che le libertà individuali non sono sottoposte alle manifestazioni di piazza.

 


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