15 Settembre, 2002
Costituzione, 60 anni di modernità (di Antonio V. Gelormini)
E' l'eredità più preziosa affidataci da una generazione provata dalle lacerazioni e dalle tragedie della Seconda Guerra Mondiale, vissute sulla propria pelle, e forse proprio per questo capace di un significativo slancio unitario.....
E' l'eredità più preziosa affidataci da una generazione provata dalle lacerazioni e dalle tragedie della Seconda Guerra Mondiale, vissute sulla propria pelle, e forse proprio per questo capace di un significativo slancio unitario, carico di umiltà e di profonda solidarietà. Una fonte normativa in grado di garantire le regole fondamentali del vivere comune, avendo deciso di portare al centro della titolarità dei diritti la persona umana e la sua dignità. Ed enunciando, al contempo, i limiti del potere costituito.
Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, nel suo saggio
breve La Costitituzione edito da Il Mulino, 2004 ci ricorda che: "Nelle
civiltà umane le leggi scritte si rivolgono dapprima e essenzialmente agli
individui, ai soggetti, ai sudditi di coloro che esercitano l'autorità nella
società. Sono l'espressione dell'autorità. Esse stabiliscono gli obblighi
dei soggetti e fissano le sanzioni per coloro che li trasgrediscono". Ma
continuando nell'analisi-confronto aggiunge: " Le moderne Costituzioni,
invece, vengono scritte per fissare i limiti al potere di chi comanda, per
definire le condizioni e i modi in cui l'autorità deve essere esercitata e
per fissare i diritti dei soggetti nei confronti dell'autorità, che non può
legalmente violarli".
E' stata definita una Costituzione presbite, per aver saputo guardare non
troppo ai problemi immediati, quanto fissare il quadro dei principi di fondo
idonei a supportare e guidare nel lungo termine il cammino dell'Italia. "Un
Paese", come ha detto Carlo Azeglio Ciampi "che si sente uno e cento. Ma sa
anche di essere uno e indivisibile".
Una Carta dei valori, che senza rinunciare ai più intimi legami cristiani
dei suoi cittadini ha saputo dar corpo al grande "compromesso", che dette
vita ad un ordinamento giuridico "fondato sul lavoro" (art. 1 della
Costituzione). Non certo quale parametro astratto, bensì come valore
costituzionale essenziale. Il "fondamento" sul lavoro, sempre secondo V.
Onida, sta ad indicare il valore che la Repubblica attribuisce all'apporto
del lavoro di ciascuno (secondo le proprie capacità e le proprie scelte -
art. 4), in luogo di altri fattori in passato determinanti, come la nobiltà
di nascita o di ricchezza, ai fini del ruolo sociale dell'individuo.
Un modello legislativo coevo della Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo (proclamata dall'Onu nel 1948), suscettibile nei suoi risvolti
materiali di opportuni aggiornamenti e di pratici miglioramenti, ma che
andrebbe ulteriormente rafforzata nella difesa della salvaguardia dei suoi
principi fondamentali. Con l'auspicata modifica dell'art. 138, che
prevedesse un quorum dei due terzi per la revisione della Costituzione, per
garantire alle riforme costituzionali la massima condivisione di intervento,
lontana da ogni interesse contingente di parte.
Sono solo i primi 60 anni. La carica di modernità è tale da garantirne
celebrazioni centenarie nei secoli dei secoli. Auguri orgogliosi. E che
anche l'Europa sappia giovarsene.
(gelormini@katamail.com)
 
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