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 Cronaca

15 Settembre, 2002
La vicenda del sergente Aldo Protti e l*alleanza tra Hitler e Farinacci
Enrico *Kiro* Fogliazza, presidente provinciale dell*ANPi e Commissario politico della 17esima Brigata Garibaldi operante in Val Susa, ricostruisce la barbara azione anti-partigiana in Piemonte e nell'Appennino emiliano tra il 1943 ed il 1945

LA VICENDA DEL SERGENTE GNR ALDO PROTTI ED IL COORDINAMENTO TRA FARINACCI ED I NAZISTI
NELLA BARBARA AZIONE ANTIPARTIGIANA IN PIEMONTE, VALLE DI SUSA E NELL'APPENNINO EMILIANO 1943 - 1945

===========

Il lettore deve immedesimarsi con il momento storico politico che si stava vivendo. La guerra è perdente per i nazi-fascisti. L’Armata Rossa al nord respinge su Berlino i tedeschi in fuga da Stalingrado. Al sud gli Alleati, liberata Roma, avanzano verso la valle padana. I vari sbarchi in Europa - quello di Normandia, in particolare - aumentano le speranze in una fine sollecita della guerra. Lo scontro diventa sempre più infuocato sui vari fronti e drammatica è la vita comune. Famiglie divise e distrutte, bombardamenti, arresti, sevizie, fucilazioni, paure, fame, freddo, diffidenze diffuse: questo è ciò che domina la vita del cittadino.
Gli unici che si sentono e sono “al sicuro” sono i fascisti ed i tedeschi.
La gerarchia fascista cremonese, Roberto Farinacci in prima persona, manifesta forti preoccupazioni per il “Basta fascismo, basta guerra” denunciato - pur in forma clandestina e nel silenzio - dai circa mille giovani cremonesi che - squarciata la coltre di paura e di larvata adesione che contraddistingue la "fascistissima Cremona" - si sono convinti della necessità di farla finita con una situazione del genere, e via via danno vita ad una "diserzione di massa" dalla chiamata alle armi nell’esercito repubblichino di Salò. Si fa strada così l'idea della ribellione, si cerca di raggiungere e si raggiungono concretamente i luoghi partigiani.
Farinacci viene in possesso di elenchi di giovani che credeva fascisti e che invece si trovano, ora, nelle valli del piacentino e parmense, in val di Scalve o nelle montagne del bresciano e del bergamasco. Viene a conoscenza del gruppo di oltre cinquecento cremonesi che si trovano in Piemonte, nelle Langhe. in val Sesia. Centotrenta sono in valle di Susa per contribuire a rendere inservibile ai tedeschi la linea ferroviaria Torino-Modane, nodo ferroviario indispensabile per organizzare una linea di difesa efficace.
Rileggendo le relazioni di Vittorio Blandino e di Alessio Maffiodo, Comandanti delle formazioni dell’epoca (allegati a “Deo e i cento cremonesi in Valle di Susa” di Enrico Fogliazza – Kiro - ed Cremona Books 2003 ) si viene informati delle difficoltà, dovute al trasporto del tritolo e della dinamite, “materia delicata” e dal forte innevamento.
Aveva preso forma da queste difficoltà e da queste esigenze, con ogni probabilità, l’idea di procedere ad un ampio reclutamento di giovani anche fuori Regione, sino a raggiungere Cremona, tramite l’operaio cremonese Paolo Ghilardotti che lavorava in una fabbrica di Rivoli. Presi i contatti con i fratelli Biselli, Ghidetti. Nino a Porta Po, con Attilio Zavatti, Pedro, Libero Scala per Porta Venezia, con Binaschi, Gino Frosi e Angelo Giazzi per la zona di porta Milano, la Ceramica, Cavatigozzi si ottiene l’adesione e si trasferiscono a gruppi sul piano strettamente clandestino 134 giovani cremonesi in valle di Susa.
Essi non erano a conoscenza dei motivi strategici dell'area operativa verso la quale si stavano recando: si saprà, infatti, solo a guerra terminata che la funzione fondamentale delle brigate partigiane in Valle di Susa doveva essere rivolta al sabotaggio di una linea di fondamentale importanza per l'esercito invasore ed alla difesa delle valli dai prevedibili rastrellamenti tedeschi e fascisti. Accade che, mentre era in rodaggio il reclutamento e il trasferimento non facile a causa della stretta sorveglianza della rete spionistica di Farinacci e del fascismo, l'intero Comando Militare Piemontese, compreso il Gen.Giuseppe Perotti, viene catturato. Tutti vengono passati per le armi il 5 aprile 1944 al Martinetto di Torino. Il colpo è particolarmente duro per la Resistenza non solo piemontese. La perdita non è di facile nè rapida soluzione, almeno quanto la situazione richiederebbe.
L'operazione di trasferimento dei giovani cremonesi in montagna si trova all'improvviso senza l'indispensabile servizio di informazioni. I partigiani già operanti in montagna e gli abitanti della zona sono all'oscuro dell'arrivo di un consistente numero di nuovi partigiani (si raggiungerà il numero di 200 con l'arrivo anche di bergamaschi, milanesi e mantovani oltre che di altri torinesi).
La zona della Frassa, scelta come sede, doveva essere, come ci avevano detto alla partenza, anche il luogo dove erano nascosti i resti della 4° Armata Alpina.
Magari ci saranno anche stati, ma col tempo tutto era scomparso.
Noi nuovi arrivati restiamo senza mangiare, armi, munizioni, vestiti, scarpe, coperte ecc. anche perché da casa non ci siamo portati nulla. Il comandante Alessio, imprecando contro chi ha costruito l’operazione, si dà da fare per aiutarci, ma le difficoltà sono grandi.
La questione crea qualche situazione preoccupata. In alcuni serpeggia il panico. I montanari, le donne in special modo, non sanno come riusciranno a sopportare, poveri come sono, un gruppo così numeroso di giovani. I partigiani del posto nulla sanno dell’arrivo di tanti "allievi partigiani".
Non possiamo che accontentarci di ciliegie crude e cotte e di qualche soccorso proveniente dalle famiglie di varie baite o borgate.
Alcuni del nostro gruppo decidono di cambiare valle, altri forse se ne tornano a casa e qualcuno, probabilmente, svolge opera di spionaggio, magari facendo avere a Farinacci e ai fascisti cremonesi indicazioni sui luoghi della montagna partigiana e sui cremonesi rimasti lassù, che sono a quel punto oltre i cento.
Dopo qualche giorno, agli inizi di Luglio, si scatena in val di Susa un rastrellamento violentissimo. Noi siamo ancora senza armi e vettovaglie, con tanta fame e tanta paura per questo uragano che avanza ammazzando e bruciando. Ci vediamo costretti al ritiro precipitoso verso il Civrari. Purtroppo un gruppo numeroso viene catturato al Colle del Lys: vengono tutti massacrati. Non fucilati, massacrati!

Era in atto, sul piano della guerra guerreggiata, l’alleanza Farinacci-Tedeschi. Farinacci, che si sentiva tradito ed umiliato dai "suoi" giovani fascisti (o, meglio, che lui riteneva tali) si vuole vendicare e nello stesso tempo vuole accreditarsi come il più fido alleato del nazismo tedesco. Eccolo allora voler cogliere due piccioni con una fava: vendicarsi del tradimento dei suoi giovani e rafforzare l'alleanza con Hitler. I due obbiettivi si saldano.

D'altra parte i rapporti tra Farinacci e i tedeschi sono noti. Il gemellaggio Cremona-Hannover: il 25 luglio del 43 i ras di Cremona ripara all’ambasciata tedesca e il giorno successivo parte per Monaco e viene ricevuto da Hitler. La lotta antisemita e l’annientamento dell’ebraismo è il cemento di prova. Farinacci frequenta gli ambienti e i gerarchi nazisti . Vi è una citazione su Farinacci molto significativa da parte di Paolo Pavolini tratta da Waterquote - aforismi e citazioni in liberta: “Roberto Farinacci è il più feroce tra i capibanda squadristi del 1919 – 1922, poi Segretario del partito e ras di Cremona. Un goffo truce e violento. Votato senza riserva alla causa di Hutler di cui era notoriamente l’agente (ben pagato ) e l’informatore personale per le cose italiane.“

Trova quindi tutte le porte aperte.

Il Comando tedesco e Roberto Farinacci decidono la grande operazione a partire dal 1 luglio 1944, cominciando con l’attacco alla 17° Brigata Garibaldi nella zona Col del Lys impegnandovi, come deciso, tutte le forze presenti in zona, specie dei gruppi italiani SS, “Leonessa” e GNR, l'esercito fascista della repubblica di Salò.

Ecco cosa dicono Sergio Corbatti e Marco Nava nel libro “Sentire-Pensare-Volere: la storia della Legione della SS Italiana “ (ed. Ritter).

Capitolo VII - LE OPERAZIONI ANTIGUERRIGLIA DELL’ESTATE 1944 – COL DEL LYS.

"Nonostante si trovasse in Piemonte, ufficialmente per completare la fase addestrativa e organizzativa in vista dell’impiego al fronte, la Waffen – Granadier – Brigade der SS venne coinvolta totalmente nell’attività antipartigiana poiché la normale attività di presidio non poteva limitarsi alla semplice difesa degli accantonamenti. A partire dal mese di luglio del 1944 la SS Ogruf. Wolff autorizzò lo Stato Maggiore lotta alla bande della SS und Polizieifuhre Oberitalien West a impiegare senza limitazioni i volontari SS italiani in operazioni antiguerriglia, operazioni che videro l’impiego di appositi gruppi da combattimento costituiti da reparti diversi della brigata SS.

La prima azione di un certo rilievo interessò la bassa Val Susa dal 26 giugno all’otto di luglio 1944 e vide impegnati la Waffwn-Pionier-Kompanie der SS, un Kamfgrruppe dell’Ispettorato Armi Pesanti, agli ordini dello Stabaf, Pietro Martinelli, composto da una sezione controcarro con tre pezzi da 75 mm.PAK 40 e tre mitragliere da 20 mm, repari tedeschi della Poliziei, il 29 Battaglione M e il 115 Battaglione M “ MONTEBELLO” della GNR e tre carri M 13 del Gruppo Corazzato “Leonessa". L'operazione aveva come obiettivo l’annientamento delle bande presenti in Val di Susa, protagoniste alla fine di giugno di un attacco contro alcuni presidi italo-tedeschi.

Il 1 luglio (ricordarsi ndr) il Kamfgruppe dell’Ispettorato Armi Pesanti che proseguiva verso la strada del Colle del Lys, giunse ad Almese, dove si erano rifugiati i garibaldini della 17 Brigata, e mise in batteria i pezzi da 75 mm PAK e le mitragliere da 20 mm. Durante tutta la giornata del 1 luglio gli artiglieri SS spararono con i pezzi controcarro ben 120 colpi e dispersero la formazione partigiana, mentre il giorno seguente i genieri SS e i Legionari della GNR puntarono su Favella divisi su due colonne, una partita da Condove, la seconda, proveniente da Valdellatorre. Grazie ai tre carri del gruppo Corazzato “Leonessa” e all’appoggio dei pezzi controcarro e delle mitragliere 20mm intervenute a sostegno dei reparti di fanteria, a Favella i genieri SS e i legionari della GNR ebbero facilmente ragione della resistenza della retroguardia della Brigata Garibaldi, e nonostante la disperata resistenza da parte si una cinquantina di disertori georgiani agli ordini di Andrei Grenko, i partigiani furono costretti a disperdersi. Il 3 luglio (in effetti il 2 ndr) le due colonne raggiungevano il Col del Lys dove vennero catturati numerosi apparteneneni alla 17 Brigata Garibaldi fra cui anche un gruppo di disertori appartenenti a un reparto della GNR di Cremona inviato di presidio in Piemonte, che vennero subito passati per le armi. I partigiani ebbero in tutto una cinquantina di morti, tra cui otto georgiani- Le SS italiane non registrarono nessuna perdita, mentre i legionari della GNR ebbero un caduto e un ferito”.

COSA CI HANNO DETTO Corbatti e Nava??

1) Ci hanno riferito cose che noi conoscevamo solo parzialmente, come l’entità e la qualità degli armamenti dell’esercito nazi-fascista preponderante di fronte a quello in possesso dei partigiani;

2) lo svolgimento dell’azione, i 120 colpi del giorno prima, che noi - arrivati da qualche settimana e dislocati in alta montagna, disarmati, e con nulla - non avevamo sentito;

3) ci informano dettagliatamente delle forze presenti al rastrellamento: SS tedesche, SS italiane, la “Leonessa di Brescia” e la GNR in modo massiccio;

4) precisano che la GNR era ben presente a Favella e al Col del Lys;

5) ripetono la tesi della GNR circa la fucilazione dei cinque cremonesi catturati tra la grande massa dgli sbandati in fuga dal Colle del Lys verso il Civrari e riportano anche la menzogna che si trattasse di “disertori” della GNR. Questa infatti è una grande bufala, una volgare bugia per tentare di giustificare un massacro di massa;: recupereremo, infatti, successivamente, 26 corpi martoriati di vittime. Nessuno appariva come fucilato, tutti risultavano massacrati. I corpi nudi o seminudi, intrecciate tra di loro gambe, braccia e altre parti macellate.

I cinque cremonesi SCALA, CONCA, FALESCHINI, BOCCALINI, ZANIBONI, erano venuti in montagna come tutti noi. Un'ora prima di essere massacrati ci siamo abbracciati e lasciati alle Miande Marino, per due sentieri diversi. Eravamo in quelle baite come distaccamento. Piuttosto la domanda é: chi ha riconosciuto i cinque cosiddetti fucilati? Chi ha potuto definirli e riconoscerli come disertori cremonesi della GNR? Il sergente GNR Aldo Protti conosceva bene Franco Scala in quanto sino al 25 luglio o l’8 settembre 1943 – nove mesi prima – erano militari, ed io con loro, nel Gruppo di Complemento del 3 Corpo d’Armata a Casalbuttano (Cremona);

Dei contadini ci informano che i giorni successivii al 2 luglio una delegazione di ufficiali tedeschi era stata vista al Colle, pare accertassero e facessero indagini sui gravi fatti avvenui e sulla loro legittimità. Questa notizia, di una presenza tedesca quel giorno su al Colle (era il 6- 7 luglio) ci era stata trasmessa anche dai contadini di passaggio a Col S. Giovanni. Ci dissero che era pericoloso recarsi verso il Colle, destinazione alla quale eravamo diretti, per la presenza appunto delle SS tedesche.

Eravamo Deo, Kiro, Pucci, Bomba, Cutaletta, Alj, Tuffo, Ghiss, Micio, Pineugia, Balota, Ermes, Culata, Ricciolo, Buta , Mario, Gianlupi, tutti cremonesi e Elio e altri torinesi.

Si può dire che le notizie trasmesse da Corbatti e Nava sono in gran parte delle novità anche per noi, in quanto, anche successivamente, non si è avuto il tempo e non c’erano le condizioni per un commissioni di inchiesta o per esaminare l’andamento del rastrellamento. Era zona di morte, di tanta paura! L’unica conclusione è che tedeschi e fascisti erano armati di tutto punto e con armi efficienti contro l’inadeguato armamento partigiano che non riusciva a far ronte alla potenza nemica.

Si operava con l’aiuto dei parroci di Monpelato e Bertasseno, dei contadini, degli sfollati e artigiani per la sepoltura nel modo più sempilce che la situazioni imponeva. Compreso la scelta obbligata della fossa comune.

QUALE POTEVA ESSERE LA NOSTRA SITUAZIONE DI FRONTE AD UN MOMENTO COSI DRAMMATICO? ERAVAMO LONTANI DALLE NOSTRE CASE, SENZA ARMI; SENZA PANE, SCARPE, VESTITI. DOVEVAMO SCEGLIERE. CHE FARE DI FRONTE A TALI MISFATTI ? SI DECISE CHE LA LOTTA DOVEVA CONTINUARE

Farinacci e il fascismo cremonese, in stretta collaborazione con i tedeschi, decisero di inviare sul posto in valle di Susa e precisamente ad Avigliana, un Presidio dei legionari delle GNR. Scelti tra squadristi e fascisti più fedeli ma anche i più feroci. Si legga l’elenco e ci si potrà rendere conto, almeno per chi è ancora vivo.. Testimonianza del milite GNR - S. A. - del 16 ottobre 1944 al comandante partigiano Geni Bocia in zona Vale a S. Antonino di Susa.
Disse: ”la GNR DI CREMONA era composta da un centinaio di uomini Comandata dal Cap. Giuseppe Messina e Cap. Piero Politi, dal. Ten Mazzuffarri Bruno e Vanelli entrambi di Pistoia, S.Ten Panini Attilio e S.Ten. Galli entrambi cremonesi (tutti e due fascisti sfegatati, specie il Galli). Sottufficiali della Compagnia: Serg. Maccalli di Castelleone, Serg Magg. Guerreschi e Serg, Protti entrambi di Cremona. La compagnia ha un centinaio di uomini divisi in quattro plotoni. Ogni plotone ha 6 fucili mitragliatori, 8 mitra, dei quali tre pesanti. Nella compagnia ci sono molti elementi (una quarantina) scappati da Pistoia e che sono stati ammessi alla Compagnia dato il grande numero di diserzioni avvenute. La compagnia O.P (Ordine Pubblico) di Brescia ha sempre da 80 a 90 uomimi.”

In questo quadro e tornando alla situazione precedente, come è stato utilizzato Aldo Protti?

ECCO LE NOTIZIE TRATTE DA DOCUMENTI UFFICIALI
Come si può leggere anche nell'originale qui allegato

COMANDO DISTRETTO MILITARE DU CREMONA
Ufficio forze in congedo – sezione sottufficiali e tuppa
FOGLIO NOTIZIE
(scritto di proprio pugno da Aldo Protti)

Grado: sergente, cognome e nome PROTTI Aldo, paternità Attilio, maternità Domini Rosalinda: data di nascita il 19 - 7 -.1920, luogo di nascita Cremona. Titolo di studio, III Inferiore. professione Artista Lirico, Domicilio attuale, Cremona, Via dei Mille 24.: Arma di appartenenza, III Regg. Artigl.C.d’A, specialità Tiro-Radiotelegrafista, incarichi ricoperti, Istruttore Radiotelegrafista presso il III Regg. Artigl. di Corpo d’Armata Specializzazione conseguite. Capo Radio Telegrafista (122).
Se dispensato dal richiamo alle armi. Si. Per quale motivo: congedo illimitato in data 8-9-1943.

DISTRETTO MILITARE DI CREMONA
FOGLIO MATRICOLARE E CARATTERISTICO
Il Foglio matricolare dice al capitolo ”CAMPAGNE”

"Non ammesso ai sensi dell’art.11 del D.L. del 4- 3 – 1948 a fruire dei benefici di guerra per avere riportato sanzioni disciplinari, in merito a valutazioni del comportamento tenuto all’atto dell’armistizio e dopo l’8 settembre 1943 “

Il FOGLIO Matricolare segnala le variazioni tra le quali; il 2 ottobre 1942 Di essere stato trasferito al 13 Gruppo di Compl. della 3 armata in Casalbuttano.

COMANDO DISTRETTO MILITARE DI CREMONA
Ufficio Forza in congedo - Sdezionwe Sottufficiali e truppa
FOGLIO NOTIZIE

Il Protti Aldo chiamato al Distretto in data 5 ottobre 1948 a compilare il Foglio Notizie del Comando del Distretto Militare di Cremona
DI PROPRIO PUGNO SCRIVE:

“…Tale nel 20 Comando Militare Provinciale il 31 gennaio 1944. Richiamato 13 dicembre 1943 dal Distretto di Cremona solo dietro mia domanda al 20 Comando Provinciale il 20 gennaio 1944. Inviato alla scuola di Firenze, scuola centrale, per comandante di stazione nel maggio del 1944 (forse il 10 maggio). Inviato con la scuola come truppa di copertura vicino ad Arezzo nei primi di giugno, ritirati a Bologna indi ritornato al corpo di provenienza a Cremona alla Guardia Repubblicana all’incirca il 29 giugno 1944. Effettivo alla Compagnia O.P di Cremona, partito con la compagnia stessa per Torino il 1 LUGLIO 1944. All’incirca il 10 luglio la compagnia trasferita ad Avigliana al Diinamitificio “Nobel”. Ritirati da Avigliana il 29 aprile 1945, concentratii in Val d’Aosta, all’incirca 5 maggio 45. Trasportati dagli americani nel campo di concentramento di Piacenza indi in quello di Modena indi in quello di Coltano. Per una ventina di giorni fermi a Coltano indi trasferiti a Taranto riuscito a fuggire all’incirca il 10 luglio.Tornato a casa“

Cremona, lì 5 ottobre 1948
Firma: Aldo Protti

ALCUNE CONSIDERAZIONI

In via prelimiare sembra che il Protti abbia contestato – a quanto risulta in maniera mlto violenta - l’armistizio dell’8 settembre 43. Chiamato alle armi del distretto militare di Cremona il 13 dicembre 1943 e su sua richiesta decide di passare al 20° Comando Provinciale (credo trattarsi delle prime formazioni armate fasciste formatesi dopo l’8 settembre 1943).
Da valutare che il Protti scappa dal campo di Taranto e arriva a casa. Lavora come aiuto scultore da Checchi, noto scultore con studio in piazza Risorgimento a Cremona. E' abbastanza tranquillo e frequenta la scuola di lirica. Anzi sul Foglio Notizie si dichiara già come "artista lirico". Il FOGLIO NOTIZIE è firmato dal PROTTI il 5 ottobre 1948, dopo il 2 giugno 1946 giornata referendaria con la conquista della Repubblica e il 1 gennaio 1948 giorno della promulgazione della Carta Costituzionale Italiana. Si era già in una fase dei nuovi assestamenti della vita politica italiana. Ma sul Foglio Notizie tace sul periodo che va dal 1 LUGLIO 44, giorno di partenza da Cremona per Torino, sino al 10 luglio 44, giorno in cui vengono trasferiti definitivamente alla “Nobel “ di Avigliana. Vi rimarranno fino al 29 aprile 1945, quattro giorni dopo l’avvenuta liberazione.
La compagnia del Protti dopo il ” trofeo” conquistato al Col de Lys per Farinacci (la testa di Scala, Conca, Boccalini, Faleschini, Zanibonu ), si è riversata a tutta forza nell’azione militare di guerra prevista dal programma concordato con i tedeschi, verso Balmafol – La Combe contro la 42° Brigata del Comandante Falco (Alessandro Ciamei) nella zona di Bussoleno-Chianocco. La formazione di Falco è giovane ed agile ed ha predisoposto una tattica del tutto nuova. La montagna in zona è ricca di sassi e di macigni di varie dimensioni, abbastanza manovrabili. Attirato il nemico nella zona dagli spari, i partigiani raccolgono decine e decine di grandi sassi e macigni che fanno rotolare verso valle. Nella discesa libera e potente vengono colpiti i fascisti e tedeschi risalenti, che si vedono costretti ad una disordinata ritirata, lasciando sul terreno morti e feriti.
A questa battaglia è stata dedicata una canzone!

”LA BATTAGLIA DI BALMAFOL“
” Balmafol è un alta Cima, Gloria nostra Partigian,
c’è la morte a noi vicina. Ma il nemico non temiam
,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,e gù sassi a rotolon !!!!

La sconfitta di Balmafol impedisce di procedere con l’azione verso le formazioini di Cino Moscatelli. I fascisti sono costretti a cambiar programma e il Presidio cremonese della GNR viene dunque dislocato il 10 luglio 44 ad Avigliana alla fabbrica "Nobel” - come lo stesso Protti ammette sul Foglio Notizie - sino al 29 aprile 45.

LE CONTESTAZIONI PIU EVIDENTI

Si deve premettere che io, Franco Scala massacrato al Col del Lys e molti altri cremonesi abbiamo conosciuto il Sergente Aldo Protti durante il servizio militare - dal maggio 1942 all’8 settembre1943 - nel reparto distaccato a Casalbutano (Cr) del 3 Regg.to Artiglieria di C.A. con sede in Cremona – presso la Caserma Manfredini.
Protti si può definire giovane normale, gioviale e di compagnia quando si era in libera uscita. Ci si trovava in tanti alla osteria della Pinuccia e dopo un po' di panbiscotto e qualche bicchiere ci si lasciava andare a qualche bel coro.
Sapevamo che il Protti era un cantante lirico. Lo si spingeva a proporsi con la sua voce, e lui accettava volentieri. Era una voce vellutata. Con toni ed espressioni che ti prendevano, ti facevano bene. Veniva applaudito da tutti, era abbastanza soddisfatto, era un amico con il quale si erano creati rapporti di vicinanza e di cameratismo amicale.
Ma le rare volte - dati i momenti - nelle quali si tentava un approccio a temi politici veniva fuori un personaggio aggressivo e violento, a dura e tenace difesa di Mussolini e della Guerra. Quando era di servizio di “giornata” la sveglia era un tormento di urla, di brande rivoltate, di minacce e di punizioni, Non era più il Protti del giorno prima.
Dopo la guerra, tornato a Cremoma, riprese la sua carriera e divenne uno dei baritoni di grande valore che onorava anche la propria città.
Lo incontrai a Roma, a teatro, dopo una interpretazione veramente di grande successo, venne congratulato da noi, un gruppo di parlamentari presenti.
Contento e soddisfato invitò alcuni di noi a pranzo per il giorno successivo. Erano gli anni ‘60, e vidi un Protti tutto diverso da quando faceva le “sveglie” o discuteva di politica. Mi sembrava sereno e molto felice. Ebbi l’occasione di incontrarlo altre volte come pilota motonauta, dirigente del MSI, consigliere provinciale dello stesso Partito. Una delle prime volte, eravamo nel 1947, fu invitato da me, su richiesta dei partigiani cremonesi che erano in Val Susa, ad un incontro per chiarire le chiacchiere dalle quali sembrava che egli avesse partecipato ai rastrellamenti di cui abbiamo parlato. Rifiutò e sconfessò tali dicerie.

Nell’autunno del 1983, mi trovavo a Grugliasco (TO) in sede ANPI. Ero in fase di conclusione del mio libro "Deo e i 100 cremonesi in Valle Susa". Mi confrontavo con un gruppo di comandanti partigiani della Valle. Nell'occasione il Presidente dell’ANPI di Grugliasco - il partigiano Nello Farina - mi consegna una busta lucida di color rosso scuro, sgualcita e vecchiotta. L'apro e mi trovo di fronte ad un elenco di nomi scritto su macchina da scrivere dell'epoca, con battute scorrette. Si intusice che è un elenco scritto di gran fretta. La carta è ingiallita e sgualcita. Mi colpisce leggere quanto segue: "Elenco dei fascisti cremonesi al distaccamento presso la fabbrica Alloia, ex Nobel, durante la guerra partigiana”. Mi saltano all’occhio due nomi che conosco molto bene: il Capitano Piero Politi e il sergente Aldo Protti. Il primo, grande amico di Farinacci e Comandante della GIL. Conoscendo i precedenti di entrambi, la notizia non mi meraviglia più di tanto.

Erano passati quasi quarant’anni, e tale documento non poteva essere utilizzato sul piano penale. Avrebbe potuto essere utilizzato, però, sul piano politico e morale.
Chiesto pareri a legali ed ad alcuni compagni ed amici del mondo politico, tutti concordano con me che aprire dopo quarant’anni tale piaga vorrebbe dire riaprire odi, cattiverie che sembrano ormai sopite. Valuto inoltre che il Protti è in una travolgente carriera, ha sposato una giapponese, pure lei cantante, ed ha due figli.
Mi sembrerebbe di ferire una vita felice, anche se è vero che al Protti la vita altrui, in quei tristi periodi di morte, era interessata poco o niente. Decido di tenere quell'elenco tra le mia carte segrete e lo unisco ad un altro che contiene 55 nomi di fascisti di Grosseto, Brescia, Torino.

Ma c'é un limite a tutto.

Purtroppo, dopo anni, Alleanza Nazionale di Cremona - nel 2005, decennale della morte di Protti - chiede di intitolare una via di Cremona a questo grande baritono, cittadino benemerito ecc ecc.
Alleanza Nazionale, tra gli "argomenti a sostegno" fa un cenno, tra l'altro, anche al fatto che "per ora parliamo di Protti, ma poi verranno anche altri nomi....perché non anche quello di Farinacci ?!"
A questo punto Cremona democratica ed antifascista protesta vibratamente, riuscendo a bloccare questa vera e propria provocazione. Il grande baritono Aldo Protti é già ricordato dalla sua città e dal suo Teatro con una targa dedicata all'interno del Ponchielli. La richiesta di intitolargli una via va ben oltre la volontà di ricordare l'artista. Tende, invece, a ribaltare la storia e suona da sfregio alle vittime massacrate non solo quel 2 luglio '44, ma negli oltre 40 rastrellamenti effettuati da truppe naziste e da forze fasciste tra il luglio 1943 e l'aprile 1944 in valle di Susa.
Si impone, dunque, una ricerca di documenti che mettano in fila fatti ed accadimenti. Dalle ricerche effettuate, dalla lettura del libro di Corbatti e Nava sulla storia delle SS italiane, dai Fogli Matricola e dai Fogli Notizie del Protti viene alla luce una chiara partecipazione della GNR di Cremona ai rastrellamenti in valle di Susa, ma certamente anche nel piacentino e nel parmense e in altre valli ancora. La permanenza ad Avigliana fino al 29 aprile 1945 della GNR di Cremona, e del sergente Aldo Protti non era da considerarsi pausa di festa e di vacanza ma attiva partecipazione alla lotta armata contro la Resistenza in tutte le valli Piemonesi e del nord del Paese.

PRIMO:

Il coordinamento tra le autorità militari tedesche e quelle italiane - coordinamento nel quale il ras di Cremona Roberto Farinacci ha esercitato tutto il suo potere ed il suo ruolo - è testimoniato anche dalla decisione di impegnare - nelle operazioni di rastrellamento del 1 luglio 1944 contro i partigiani in Valle di Susa - le forze armate italiane della Repubblica di Salò – le SS, le GNR e la “Leonessa” di Brescia – così come scritto e sostenuto nei testi di Corbatti e Nava, autori che fanno riferimento esplicito alla destra politica italiana.

SECONDO:

Il Protti – a scuola a Firenze il 10 maggio e a caccia di esperienze con azioni militari ad Arezzo - si trova a Bologna ai primi di giungo e rientra a Cremona il 29 giugno in previsione di una trasferta importante! Tant'é che immediatamente dopo parte da Cremona per raggiungere Torino il 1 Luglio 1944. E’ certo che il Protti viene reclutato come personale di fiducia e di alta specializzazione per la sua frequentazione della scuola di Firenze. Ed è altrettanto risaputo che Farinacci conosceva molto bene i suoi uomini più fidati e su Protti riversa tutta la propria fiducia. Non si mandano in azioni di alta responsabilità uomini mediocri in fede e in ferocia. Ed io ho ben presente quanto fosse violenta ed aggressiva, ai limiti della ferocia, la reazione del Protti al solo sentir far cenno a critiche al duce ed al fascismo. Su Protti la fiducia di un gerarca fascista e violento come Farinacci è ben spesa.
Protti dunque parte, previo incontro con Farinacci, incontro d’obbligo, per le ultime istruzioni, per la Valle di Susa. Tutto come Farinacci aveva predisposto nel piano di azione con i tedeschi.
Il 1 luglio 1944, le artiglierie tedesche partono da Avigliana e sulla strada per il Col del Lys – a detta di Corbatti e Nava - si appostano con armi pesanti ad Almese e sparano 120 colpi per tutto il giorno su obiettivi partigiani veri o presuniti. Ripeto, èper chiarezza, che di questo fatto non eravamo a conoscenza e che lo abbiamo appreso solamente ora, dopo 65 anni, leggendo i testi di Corbatti e Nava.
Lo stesso giorno, 1 luglio 1944, Protti e compagnia partono da Cremona per Torino. Si potrebbe dire trattarsi di pura combinazione di date, ed invece sono date ben combinate. Giunto a Torino il giorno 1 luglio, la compagnia GNR proveniente da Cremona si incontra ad Almese o li vicino con i tedeschi per eventuali precisazioni circa la migliore preparazione dell’azione del giorno dopo, il 2 luglio 1944. Un feroce rastrellamento parte il mattino presto da Almese per il risolutivo attacco contro la 17° Brigata Garibaldi, per distruggerla e catturare quei cremonesi traditori del fascismo e di Farinaccci e giungere al tanto agognato Col del Lys, con il trofeo della vittoria!
Come si sa vi giunsero, macellarono 26 giovani disarmati ed affamati, in fuga per salvarsi dalla ferocia che si era scatenata. E qualcuno, poi, cercherà di inventarsi una falsa fucilazione motivandola da una fantomatica "diserzione" di quei ragazzi. Ma la domanda è d'obbligo: come avrebbero potuto "intuire" si trattasse di disertori, se non li avessero riconosciuti? E come avrebbero potuto riconoscerli, se a riconoscerli non fossero stati direttamente dei cremonesi?
I cento e più giovani partigiani giunti da qualche settimana, disarmati ed affamati, si erano ritirati in quei giorni in alta montagna, nella zona Frassa–Mianda Marino. La notte del 1-2 luglio un cruento e violento temporale era intervenuto a sradicare piante e baite, tanto da rendere insonne e preoccupata quella disgraziata notte, preludio del feroce rastrellamento. I giornalisti Nava e Corbatti sono i primi e gli unici ad informarci, a 65 anni di distanza, anche della procedura seguita.e dello stato degli armamenti in atto.

TERZO:

Il Protti, partito da Cremona il giorno 1 luglio e giunto a Torino, viene trasportato ad Almese nella stessa giornata. Perché tace?
La mattina successiva, il 2 luglio. alle prime luce dell’alba o prima ancora è partito da Almese l’attacco di fondo nazi-fascista per raggiungere Rocca Sella, Favella, Monpelato, Col del Lys. E’ durante questa avanzata tutto ciò che appariva “partigiano” veniva bruciato e distrutto.
Giunti alla zona del Col del Lys hanno intercettato quei ragazzi disarmati, disperati in fuga per salvarsi la vita. Alcuni di essi facevano parte del gruppo che era con noi alla Mianda Marino sino a qualche ora prima. Erano in borghese, sui 18-20-25 anni, disarmati, vestiti quasi di stracci, impauriti dal frastuono e dall'eco degli spari delle mitraglie, dei mitra o dai fucili e dalla ferocia espressa dalle brigate nere e dai tedeschi. Nei resti e nei volti di 26 giovani massacrati, già pieni di vita ma annullati dalla prepotenza e dalla violenza di pugnali baionette ed armi di ogni tipo, prevalevano gli occhi sbarrati dalla disperazione per la tragica brutalità che stavano subendo.
Ritrovammo quei corpi alcuni giorni dopo, forse 5 o 6, sfigurati da ferite e squarci, tra grumi di sangue e terra, sottoposti ai temporali ed al caldo del sole battente, per diversi giorni in una tragica atmosfera di morte e di odio, di lacrime contro la guerra, il fascismo, il nazismo.
Tra questi i cinque cremonesi - Franco Scala, Gianpaolo Conca, Sauro Faleschini, Edoardo Boccalini, e Alfredo Zaniboni - non fucilati, come dicono i due scrittori, e perché disertori della GNR, ( grande menzogna ), ma massacrati nel modo più brutale. Loro 5 insieme agli altri. Si diceva fossero stati 33, ne trovammo solo 26 Gli altri forse nei burroni. Occultati tra cespugli e rocce. Senza divisa e senza armi in pugno: avrebbero dovuti esser fatti prigionieri... ed invece venero trucidati.

Cosa avvenne fra noi dopo l’abbandono della Mianda Marino? Posso dire che dalla Mianda Marino ci siamo divisi per prendere due sentieri diversi, e fuggire per salvarci la vita. La camminata era difficile, le ginocchia si piegavano, il cuore pieno di paura e furibondo dalle sparatorie, dall’incrociare delle mitraglie, delle spietate “urla“, dalla tremenda “Sega di Hitler" mitragliera di una potenza tale che colpisce la psiche e ti annulla. I passi in salita erano difficili da farsi Ricordo Cutaletta, Aldo, Bomba, Culatta, Pierino, Ghis, Primo, due torinesi, che sbandati sono venuti con noi., ed altri, in affanno, qualcuno anche piangente. Certamente tutti pervasi da uno stato di disperazione.
A un certo punto Cutaletta prende una storta ad un piede, non può camminare e non si può lasciarlo. Addossano su di me giacche, cappotti, pentola, maglie e due si incaricano di aiutarlo, sollevandolo per le ascelle mentre Cutaletta si lamenta per il male. Cerchiamo di farci coraggio, ma la situazione è confusa e non sappiamo dove siamo e dove si va! Una scarica e più colpi di mitra sembrano rivolti verso di noi. Ne nasce un fuggi fuggi cercando di non disperderci. Cutaletta è guarito (!!) e cammina più degli altri! Io stracarico perdo il contatto, mi fermo nei pressi di una buca per nascondere del materiale ed alleggerirmi. Alzo la testa. Gli altri sono già avanti un centinaio di metri. Non si sono fermati perché convinti che io sia stato colpito e bloccato. Chiamare, tornare - per loro e per me - è sconsigliabile e assai pericoloso.
Rimango solo, triste, penso a casa, alla bimba, la moglie, la mamma, tutti. Sono impaurito ma cerco di farcela. Almeno cerco di convincermi. Cammino sotto la vegetazione seguendo un sentiero con segnaletica in rosso. Non mi voglio allontanare dalla strada dalla quale arrivano rumori che mi servono come punto di riferinemto tra valli sperdute e sconosciute.
Ad un certo punto sento voci lontane. Circospetto mi avvicino. Sono due giovani, forse figli del malgaro che li vicino, alle Frette, questo mi pare il nome delle baite, aveva portato il bestiame al pascolo Stavano guardando da un potente canocchiale ciò che stava avvenendo al Col del Lys. Cauto mi avvicino e mi rendono partecipe. La casa cantoniera che i partigiani avevano trasformato in officina stava bruciando, così altre baite. Sul piazzale era un rincorrersi di uomini, piccoli, in divisa di vario tipo scuro. Bivaccavano, scorazzavano, si rincorrevano, file alla fontanina, sembrava che festeggiassero una vittoria importante.
Forse per loro il massacro del Col del Lys era un trofeo di guerra da presentare a Farinacci?
Tutto era possibile in quel mondo impazzito!!!
Il malgaro mi offre polenta e latte. Ringraziatolo per l'ospitalità, mi allontano anche per evitare loro dei possibili guai. Mi indicano gentilmente il sentiero da seguire per giungere a Col S.Giovanni. Dopo qualche ora vengo sorpreso - tra nuvole, pioggia e freddo in un ambiente roccioso - da un buio pesto. Cerco di proteggermi al riparo di una roccia sporgente. Al grido “chi va là “ la paura aumenta, farfuglio qualcosa ma sono già immobilizzato da due uomini con vestiti strani. Prendo qualche spinta, ceffoni e qualche scossone. Chi sono? Cosa faccio lì? Farfuglio il nome di Deo come nome di riferimento. Si qualifcano: si tratta di una pattuglia partigiana del distaccamento di Tullio di Col San Giovanni. Dopo qualche ora di cammino vengo portato da Tullio Un brevissimo interrogatorio chiarisce l'equivoco, mi consegna subito un fucile ’91 e una manciata di caricatori e vengo accompagnato alla postazione tra gli altri partigiani.
Tira un forte vento. C'è pioggia e un gran freddo. Si teme che Il rastrellamento possa arrivare anche da loro. Invece tedeschi e fascisti non giungono fino a Col S. Giovanni, ma tornano per dare l’assalto alla 42° Brigata Garibaldi, comandata da Falco nella zona Chianocco. Mi stavo abituando alla nuova situazione. Qualche giorno dopo dalla strada che porta ad Usseglio e Lemie si sentono grida e canti. E' un bel gruppo di cremonesi: Deo, Pucci, Bomba, Barbarossa. Erano certi che avessi fatto una brutta fine. Ed invece eccoci qui ad abbracciarci ed a festeggiare con un fiasco ed un evviva. Poi partenza per vedere cosa sia successo al Colle. E’ qui che troviamo dei contadini che ci invitano a fermarci perché al Col del Lys, da alcuni giorni, ci sono appostate le SS tedesche. Si parla di domande che vengono rivolte in giro, dai tedeschi, circa gli accadimenti avvenuti durante il rastrellamento del 2 luglio.
Ancora viene in mente la possibilità che avrebbero dovuto essere fatti prigionieri, secondo le leggi di guerra e soprattutto secondo il “buon senso”. Ma si può sperare nel buon senso, in gente inferocita da odio, alcool e droga? In esseri ridotti a belve affamate?

QUARTO:

La GNR, la SS. la “Leonessa”, quindi anche i cremonesi inviati da Farinacci non per godersi le ferie, erano presenti al rastrellamento a Favella e al Col del Lys e diciamolo, probabilmente anche al massacro! Il cremonese o i cremonesi tuttora viventi che erano presenti, devono avere il coraggio morale e civile di denunciare sul piano politico e a tanti anni di distanza, questo grave crimine del quale, a quanto risulterebbe, gli stessi tedeschi ebbero a dubitare la legittimità. Questa, almeno, era la voce che circolava in quelle ore tra i contadini della zona! L’apertura degli “armadi della vergogna” potrebbe, forse, dare una risposta anche a questo drammatico interrogativo.

QUINTO:

Il sergente maggiore Aldo Protti, ha sempre detto a tutti e anche a me, quando glielo chiesi direttamente, di non essere mai stato ad Avigliana. Protti scrive di suo pugno che egli, e il suo gruppo della GNR cremonese, dopo aver frequentato la Scuola centrale di Firenze per comandanti di Stazione, aver partecipato ad azioni nella zona di Arezzo, rientrato a Bologna e rientrato alla sede di Cremona il 29 giugno 1944, è partito subito il 1 luglio da Cremona per Torino. Da quella data sino al 10 luglio 1944 dove è stato? C'è un eloquente vuoto di 10 giorni sul foglio notizie! Era il periodo fissato per i due rastrellamenti: primo al Col del Lys poi a Balmafol alla 42 Brigata Garobaldi “W.Fontan”. Sconfitto "dai massi e dai macigni" e fallito il programma, egli dichiara di essere stato trasferito ad Avigliana alla fabbrica Nobel. e di esserci rimasto sino al 29 aprile 1945. Ben 4 giorni dopo la Liberazione. Altro che "stragi del dopoguerra"! Vennero talmente rispettati al punto di avere il tempo per bruciare tutte le carte e fare tabula rasa di ogni possibile prova.
Dove li hanno passati quei 10 giorni Protti e tutta la GNR di Cremona? Lo dice il programma di attacco del Comando delle operazioni che prevedeva l’inizio il 1 luglio con i 120 colpi di mortaio di Almese. Erano forse in attesa dell’arrivo da Cremona dei rinforzi inviati da Farinacci? Il 2 luglio, domenica , il mattino successivvo, molto presto, è iniziato l’attacco per giungere su al Col del Lys.
Protti e tutto il suo gruppo di specializzati nella lotta al partigiano, erano ben presenti in tutti quei dieci giorni di guerra sfrenata e di misfatti di ogni genere. Chi di noi ha vissuto quei giorni, non ha avuto mai più una pace completa, mai più una serenità piena del trascorrere della vita! Sono cose che ti rimangono dentro nel profondo, stampate, che bruciano, che ti fanno male, sulle quali non puoi non piangere.
Avevano fatto tabula rasa ed eliminato ogni atto compromettente, per cui, dopo la guerra, ad ogni nostra richiesta di documenti su questa presenza si opponeva un muro di silenzio e di falsità. Perché Protti ha sempre affermato, in vita, di non essere mai stato ad Avigliana? Perché ha affermato di essere sempre stato a Massa o in Toscana? Cosa aveva da nascondere?
La caccia dei partigiani ai fascisti – fascisti responsabili di stragi bestiali - non vi è stata neanche in questa situazione di guerra calda rappresentata da Avigliana e dalla Val Susa. Essi ne uscirono indenni e senza un graffio, tanto da giungere dopo qualche settimana alle loro case, e dormire nei loro letti. Tanto, poi, durante gli anni, da poter intraprendere una fulgida e - per la qualità della voce - meritatissima carrieta di baritono!
I partigiani non avevano nè intenzione nè il tempo per lasciarsi andare a vendette. Erano impegnati a salvare le centrali elettriche, le fabbriche, gli ospedali, i ponti, le Istituzioni, le popolazioni da possibili massacri, nella convulsa ritirata tedesca, come avvenuto a Grugliasco il 28 aprile 1945. Durante i dieci mesi di permanenza ad Avigliana (dal 10 luglio 1944 al 29 aprile 1945 ) Protti, Politi, Guerreschi e tutto il presidio di oltre cento uomini, cosa hanno fatto? E’ bene sapere che si sono avuti 40 rastrellamenti in valle Susa e oltre un centinaio nella zona e nelle varie valli.
Le Valli Chisone, Lanzo, Sangone e Susa piangono 2024 partigiani morti: 718 in val Susa, 704 in val Lanzo, 403 in val Chisone e gli altri nella val Sangone. Solo nella valle di Susa vi sono stati circa una quarantina e più rastrellamenti – a mia memoria – a marzo e aprile 44 a Rivoli, nel giugno 44 ad Almese, Villardora, Il 2 luglio al Col del Lys con lo sterminio di 26 partigiani, indi l’azione del 6 novembre a Malatrait di Rubiana con la morte di sei partigiani tra i quale Bruno Rosa, e il Comandante Oriente. Il 10 gennaio 1945 con cinque mila armati sino ai denti passati in rivista ad Avigliana dal Ministro Repubblicano Graziani per un nuovo rastrellamento in una zona innevata senza vie d’uscita. Dopo intense discussioni tra noi sul da farsi, si decise di scendere alla periferia di Torino nascosti nelle cascine sotto la protezione non facile dei contadini. Operazione che venne da noi definita “ La grande beffa". “Loro sfrenati all’attacco che arrivano e trovano la valle vuota”. Non si finirà mai di ringraziare gli agricoltori e i contadini delle cascine Bogiala, Delle Monache, del Lago, La Diletta, la Ciapusera per ricordare solo alcune delle cascine ospitanti.
Puntate continue in pianura a Dreuent, Broni, S.Gillio, Rivoli, Givoletto, Pianezza. Il 12, 19, 22 marzo tornati in montagna saranno respinti e sconfitti. Il 29 marzo invece con un rastrellamento di circa un migliaio di militi e di specialisti, grazie alla fitta nebbia, riuscirono ad assassinare Deo e Pucci, Comandantie e Vice Comandante di Brigata, cremonesi, accanto a Gino, Romualdo, Zini, Michele, caduti a Pra du Col nei pressi di Favella. Rastrellameti alla Triplex e nelle zone di metà valle verso Susa più a nord. o nel Pinerolese o nel Canavesano più a Sud o nelle Langhe o ancor più giù nel piacentino e parmense come avvenne il 15 gennaio 1945 in parallelo con il rastrellamento in atto nella Valle di Susa.
Anche sull’appennino emiliano, Parma e Piacenza, notevoli i gruppi di partigiani cremonesi. A Bettola, Salsomaggiore, Castellarquato, Val Tidone e Trebbia nella Divisione “G.L Piacenza" vi era un forte gruppo di castelleonesi tra i quali Elia Ruggeri. il notaio Marchesi, Serafino Corada, che era il Direttore del giornale clandestino “Il grido del Popolo”!!
Anche in questa zona Farinacci ha puntato le sue forze, sempre in collaborazione con i tedeschi. Infatti il 15 gennaio1945 si sviluppa un rastrellamento che parte da Chiavari , Borgotaro, Parma dal sud e da Codogno, Voghera, Piacenza dal nord in modo avvolgente. Vi fu il martirio di venti partigiani portati in una insenatura del Nure e finiti di notte con il colpo alla nuca. Altre stragi o assassini nella val Trebbia, in val Tidone o presso Castellarquato contro la 62° Brigata Evangelisti nella zona di Salsomaggiore e tante altre località del piacentino e del parmense. Diversi partigiani cremonesi persero la vita come Marzano, Gastaldi, Ghilardi, Canevari e tanti altri.
Da notare che analogo e potente rastrellameto, si verificava lo stesso 10 gennaio in Valle di Susa.
Come si vede la Resistenza teneva impegnate divisioni di tedeschi e fascisti nella lotta antipartigiana, per mesi, sfiancandoli e tenendoli lontani dal fronte. Non era certamente una “guerra civile“, come osano dire i revisionisti della storia, ma una guerra collocata nella strategia generale della lotta degli anglo-americani e degli alleati contro la Germania nazista ed i sui alleati.
Vergogna per chi sostiene questo volgare e falso argomento.
C'era una guerra vera e propria, per la libertà e la democrazia. Da una parte chi le difendeva e voleva riconquistarle. Dall'altra chi le aveva affossate e voleva continuare a farlo!
Noi non eravamo partigiani arrivati a caso. Eravamo raggruppamenti, distaccamenti, brigate, divisioni che tenevano impegnate, nell’arco alpino ed appenninico, oltre che nella pianura e città, intere divisioni nemiche, indebolendo così la loro presenza al fronte per facilitare gli Alleati nell'attaco decisivo di primavera per la liberazione del nord.

Questa che chiamerei “Memoria urlante” va fatta conoscere. Occorre parlarne, parlarne, parlarne sempre ed ovunque! Bisogna sbugiardare gli artefici di questo tentativo di falsare la storia tentando di annullare le grandi conquiste epocali di quel periodo quali la Repubblica, la Costituzione, Pace, Libertà, Democrazia.

La distanza di tempo ed il defluire delle generazioni non può, ad esempio, farci dimenticare chi era Roberto Farinacci, il fascista più fascista, il fascistissimo. Il feroce bandito che agiva negli anni 1920 -21 col fuoco e la morte nelle cooperatve di Rivarolo del Re, di Cappella Picenardi. Colui le cui squadre assaltarono il Consiglio Comunale di Cremona e il Consiglio Provinciale dopo aver bruciato la casa dell’On Guido Migliol, ucciso Attilio Boldori, fatto tacere Vttorio Dotti, dirigente repubblicano in comizio in Teatro di Crema. Messo al bando gli antifascisti Dante Bernamonti, Ernesto Caporali, Arturo Verzelletti e altre decine di oppositori. Costui, questo bandito, eletto deputato, in pieno transatlantico alla Camera dei Deputati, a dispetto di ogni Regola Istituzionale, prese a pedate nel sedere il deputato Misiano perche “si era schierato contro la guerra nel 15-18" guerra della quale bisogna cominciare a dire la verità storica, come racconta il libro dell’On. Emilio Lusssu, Tenente sull’Altipiano, ”l’Unità d’Italia vista dal basso, è stata una montagna di eroismi e ignominiie”.
Un Farinacci legato in uno stretto rapporto di alleanza e di subalternità con Hitler, il mondo nazista, del quale frequentava i salotti, ed ambient torvi, dopo l’8 settembre. 1943.
Tornato a Cremona dall’esilio in Germania, grida sul Regime fascista “Eccomi tornato”. Si è trovato invece di fronte a un migliaio o più di giovani che gridano "BASTA GUERRA , BASTA FASCISMO, VOGLIAMO PACE E PANE” e si avviano verso la ribellione armata nella varie zone del’Alta Italia e nella stessa pianura, nascosti nelle baracche, cascinali, ponti, nella zona rivierasca del Po, Adda. Serio, Oglio dove sorgeranno i gruppi per le Formazioni Garibaldi, Matteotti, Fiamme Verdi: formazioni combattive e di grande utilità durante il periodo insurrezionale. Farinacci era inviperito alla notizia dei cinquecento giovani cremonesi, trenta dei quali vi lasceranno la vita, sulle montagne del Piemonte ed in particolare in Valle di Susa, per collaborare nell’azione di sabotaggio, distruggendo ponti, gallerie ed impegnati a rendere inagibile il nodo ferroviario Torino Modane e bloccare i tedeschi ed i traffici di armi, soldati, e di nostre opere d'arte che avrebbero voluto portare in Germania.
Da qui l’alleanza militare Farinacci – Hitller per colpire le brigate composte da tre mila partigiani nella solo Valle di Susa.
Bisogna far conoscere ai cremonesi di oggi cosa è stato il fascismo a Cremona e chi era il suo capo, il ras Farinacci. Per farsene almeno una idea è importante leggere, ad esempio, il libro “Squadrismo” di R.Farinacci, (editore Ardita) del 1942.
Invitiamo i giovani, gli studenti, chi vuol conoscere la verità storica a buttare a mare ogni pigrizia, ricordarsi che ricercare, lavorare, produrre mantiene giovani!

Ringrazio i cremonesi e gli amici dell’ANPI che hanno colaborato a questa ricerca ed all'uscita di questa pagina di storia.

PREMIANDO PROTTI CON L'INTITOLAZIONE DI UNA VIA CREMONESE AVETE CONTRIBUITO AD UCCIDERE UNA SECONDA VOLTA I TRENTA PARTIGIANI CREMONESI CADUTI IN VALLE DI SUSA E IN PIEMONTE. VERGOGNA.

Enrico "Kiro" Fogliazza
Presidente Provinciale dell’ANPI di Cremona
ex Commissario Politico 17° Brigata Garibaldi “F.Cima “
operante in bassa Valle di Susa - Colle del Lys - Torino

Cremona , 4 febbraio 2010 


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