15 Settembre, 2002
Dalla parte dei salari (Giorgio Tonini su L'*Unità)
Ai cantieri navali di Fano, il settore che tira di più è quello degli yacht di lusso. Per comprare il modello più «economico» bisogna staccare un assegno da cinque milioni e mezzo di euro.
Ai cantieri navali di Fano, il settore che tira di più è quello degli yacht di lusso. Per comprare il modello più «economico» bisogna staccare un assegno da cinque milioni e mezzo di euro. E bisogna mettersi in fila, c'è da aspettare qualche anno. Perché nel mondo - solo due su dieci di questi giocattoli vengono comprati da italiani - per fortuna i ricchi aumentano.
Dico per fortuna non solo perché, come ci ha insegnato Olof Palme,
dobbiamo combattere la povertà e non la ricchezza. Ma anche perché
questi ricchi capricciosi consentono di vivere e prosperare ad una
dinamica filiera di vivacissime medie imprese italiane, a loro volta
traino di uno sciame di piccolissime aziende artigiane. La
ristrutturazione del nostro sistema produttivo, in questi anni, è
avvenuta proprio così: attorno a qualche migliaio di medie imprese
che hanno imparato a nuotare nel mare aperto della globalizzazione,
facendo della qualità la loro carta vincente e dell'integrazione con
un alone di piccole e microimprese il loro nuovo modello
organizzativo.
Gli operai dei cantieri di Fano guadagnano meno di mille euro al
mese. Per comprare le favolose barche che producono non gli
basterebbero 400 anni di lavoro. Molti di loro sono extracomunitari:
e così il cerchio della globalizzazione si chiude. I poveri del mondo
vengono da noi a produrre i giocattoli di lusso per i ricchi del
mondo. Ma ci sono ancora tanti operai italiani. Per i quali è forse
ancora più difficile vivere con quella cifra. Eppure, le indagini
sociometriche ci dicono che la maggior parte di loro, in Italia, vota
a destra. Quasi nessuno ha votato la Sinistra Arcobaleno. In tanti,
ma minoranza, hanno votato il Pd.
Perché non abbiano votato la Sinistra Arcobaleno è presto detto.
Perché parlare loro di lotta di classe, o di ripudio della
globalizzazione, è semplicemente insensato. Loro vivono di
globalizzazione. Ed hanno interiorizzato, tanto più quanto più
l'impresa in cui lavorano è piccola, la cultura delle compatibilità.
Sanno bene che se vai fuori mercato ti devi cercare un altro posto di
lavoro e difficilmente lo troverai a condizioni migliori. La battuta
di Bertinotti contro Veltroni che aveva annunciato la candidatura
dell'operaio della Thyssen e del giovane imprenditore («uno dei due è
di troppo») alla loro concreta esperienza di vita non dice nulla, è
vuota ideologia.
Dall'altra parte, la destra propone loro la detassazione degli
straordinari e magari, un domani, delle tredicesime. Solo gli
straordinari, sono quasi uno stipendio l'anno in più. Quattro
miliardi di euro l'anno, a favore del lavoro. A noi democratici non
piace questa soluzione, perché frammenta il mondo del lavoro,
identifica l'aumento di produttività solo con l'aumento di orario,
perché è tendenzialmente unilateralista, cioè ignora o quanto meno
marginalizza la contrattazione collettiva e perché, come ha bene
evidenziato Pietro Ichino, è pure maschilista, dato che gli
straordinari li fanno quasi solo gli uomini e quasi mai le donne. Ma
a molti operai la proposta della destra è piaciuta e piace, perché ha
il pregio di essere terribilmente concreta.
La nostra proposta è certamente migliore: è la proposta di riformare
la struttura delle relazioni industriali, enfatizzando il ruolo della
contrattazione di secondo livello, aziendale e territoriale, l'unica
in grado di incentivare la produttività, di concepirla non come mero
aggravio del tempo di lavoro, ma come miglioramento della sua
qualità, e di ridistribuirla, destinandone una quota significativa al
salario e non solo al profitto. Ma la nostra proposta ha un difetto,
che è poi anche il suo pregio: presuppone un accordo tra le parti
sociali, un impegno in prima persona del sindacato e poi anche un
nuovo modo di contrattare, più aderente ai luoghi di lavoro e quindi
allo stesso tempo più democratico e più competente. Ce la faremo a
dimostrare ai lavoratori italiani che la proposta migliore può essere
anche concreta e che loro non devono scegliere tra l'uovo oggi e la
gallina domani? Questa è la sfida dinanzi alla quale ci troviamo.
Questa è la strada da percorrere per conquistare i consensi che ci
mancano, anche nel mondo del lavoro, che non è più altra cosa dal
mondo dell'impresa. Auguriamoci, in questo Primo Maggio, di riuscire
insieme ad esserne capaci.
 
Fonte L'Unità
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