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15 Settembre, 2002
La trasformazione delle Ipab. Quadro informativo . di Lazzarini G.Vittorio
Entro settembre tutte le Ipab sono tenute a trasformarsi in Fondazioni (istituti di diritto privato sotto il profilo giuridico) o in Aziende di Servizi alla Persone (le Asp, che mantengono personalità di diritto pubblico).



· Entro settembre tutte le Ipab sono tenute a trasformarsi in Fondazioni (istituti di diritto privato sotto il profilo giuridico) o in Aziende di Servizi alla Persone (le Asp, che mantengono personalità di diritto pubblico). Ricordiamo che le Ipab sono state da secoli enti di beneficenza creati dalla carità e dalle donazioni testamentarie dei cittadini, legate strettamente all’ambito delle comunità in cui sono sorte; oggi si dedicano soprattutto alla gestione delle case si riposo; nel cremonese, sono caratterizzate da una identità giuridica “pubblica”, essendo in genere strettamente legate ai Comuni, che hanno un ruolo decisivo nella nomina dei Consigli di Amministrazione. La scelta di trasformare le Ipab o in Fondazioni o in Asp è posta dalla legge 328 (più nota come legge Turco), che demandava alla Regione la successiva regolamentazione.
· Lo spirito della legge quadro 328 di riforma dell’assistenza (voluta dal governo di centro sinistra) da un lato ha ampliato e valorizzato il ruolo dei soggetti non pubblici (sia le imprese di mercato sia le organizzazioni non profit: associazioni, volontariato, fondazioni, cooperative sociali…), dall’altro ha rimarcato il soggetto pubblico come perno della progettazione degli interventi socio-assistenziali ai vari livelli. Per la 328, l’ambito pubblico, oltre a mantenere ampi compiti di gestione diretta dei servizi, conferma la sua funzione di garanzia di gestione qualificata dei servizi, riconoscendo al territorio e ai Comuni la centralità delle scelte sulle politiche a sostegno della non autosufficienza e per una rete integrata di servizi.
· Nell’applicazione della legge, la maggioranza in Regione ha portato delle rilevanti “forzature”. In un primo tempo, addirittura ha cercato di inglobare in toto le ex Ipab nel sistema regionale degli interventi assistenziali, espropriando i Comuni non solo delle scelte politiche e del ruolo gestionale degli enti, ma anche del patrimonio. Come per ospedali e Asl, anche per le Ipab ha voluto attuare in pieno la logica della centralizzazione: la Giunta è arrivata a prevedere che, nel caso delle Asp, fosse la regione a nominare non solo la maggioranza del Consiglio di Amministrazione (il CdA), ma perfino il Presidente e il Direttore Generale. In seguito, le pressioni da parte delle opposizioni, dei Comuni, del sindacato e delle Ipab stesse, hanno portato la Giunta regionale, dopo un forte contrasto anche interno, a modificare la sua iniziale proposta di legge.
· Per quanto riguarda le Asp, la Regione ha mantenuto il potere di nominare buona parte del CdA, mettendo il Comune, contrariamente ad altre regioni, ai margini del processo di riorganizzazione e di gestione di questi enti. Le Asp pertanto rimangono nell’area pubblica solo come “terminali” dei servizi della Regione, con presidenti e dirigenti in gran parte non espressi dalle realtà locali. Inoltre, una dettagliata e vincolante disciplina regionale, che si sostituisce a quella generale statale, garantisce alla Regione con un grande potere di indirizzo anche gestionale e una fortissima possibilità di controllo.
· Assai minore è stata la pressione della Giunta per controllare direttamente le Ipab qualora decidano di trasformarsi in Fondazioni. Paradossalmente, diventando Fondazioni e quindi soggetti di diritto privato, le Ipab mantengono meglio il loro carattere pubblico e la loro diretta relazione con la loro comunità, dato che la normativa permette ai Comuni di avere un notevole spazio nei consigli di amministrazione e l’ingerenza regionale nelle scelte decisionali diventa debole.
· Per quanto riguarda l’importante questione della difesa dell’occupazione e dei diritti contrattuali per i dipendenti delle Ipab, la pressione del fronte sindacale, nelle sue varie articolazioni, ha ottenuto la garanzia della parità, presente nella legge, della omogeneità dello stato giuridico dei dipendenti dell’Asp e della Fondazione. Da un punto di vista normativo generale, la soluzione Asp o Fondazione non dovrebbe cambiare nulla per quanto riguarda i diritti e le condizioni di lavoro dei dipendenti, anche se la forma dell’Asp, secondo i sindacati della Funzione Pubblica, offre maggiori garanzia del rispetto di tutti gli elementi contrattuali sulla qualità dell’organizzazione del lavoro e sulle possibilità degli operatori di svolgere il loro compiti di cura e di assistenza. Ma su questo tema si stanno confrontando valutazioni diverse. In ogni caso, lo Spi non mancherà di offrire il suo sostegno alle rivendicazioni dei dipendenti e alle loro esigenze di ben lavorare e di ben dedicarsi alle persone che sono affidate alla loro cura.
· Il nostra sindacato, per la sua visione politica, per come concepisce lo stato sociale e la modalità con cui progettare e realizzare la risposta sanitaria e socio-assistenziale, nonché per come considera le stesse Ipab, vale a dire soggetti storicamente e pienamente inseriti nella comunità, a livello di principio non avrebbe avuto dubbi nel preferire la scelta dell’Asp, cioè la veste giuridica “pubblica”. Ma le pesanti scelte della Giunta regionale, come si è cercato di spiegare, ci costringono a riconsiderare il problema: ci chiediamo infatti quale delle due soluzioni, nelle condizioni date, garantisca meglio i diritti e il benessere degli assistiti, la qualità dei servizi e degli rapporti di lavoro, ed infine la possibilità delle Ipab di essere snodi significativi di quella riforma dello stato sociale che perseguiamo e di porsi, anche unendosi fra di loro ed eventualmente con altri ambiti dei servizi alla persona, come importanti e forti centri di servizio e di intervento dell’intero sistema socio-assistenziale del territorio.

Gianvittorio Lazzarini

 


       



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