15 Settembre, 2002
Riflessioni su Leonida Bissolati di Ennio Serventi
Non per scrivere di storia ma unicamente per ricordare alcune cose che sembrano obliterate non solo dal tempo,ma anche dalle rievocazioni e dai convegni.
Riflessioni su Leonida Bissolati di Ennio
Serventi
Non per scrivere di storia ma unicamente
per ricordare alcune cose che sembrano obliterate
non solo dal tempo,ma anche dalle rievocazioni
e dai convegni.
Egregio direttore, sembra sia pratica usuale
consegnare all’oblio percorsi che difficilmente
si uniformano con l’obbiettivo che ci si
propone. Non per scrivere di storia ma unicamente
per ricordare alcune cose che sembrano obliterate
non solo dal tempo,ma anche dalle rievocazioni
e dai convegni.
Venti locuzioni e modi di dire per un totale
di cinquantatre parole (s.e.o.)in latino,
lingue romanze e sassoni in poco più di quattro
colonne di piombo, citazioni da Montanelli
a Nietzsche passando per Giolitti, Alfassio
GRimaldi , Bozzetti ed altri, scoraggerebbero
chiunque a scrivere di storia. Figuriamoci
uno come me con il bagaglio lasciatogli da
una scuola dell’obbligo (allora era la quinta
elementare) frequentata in quell’antico primo
quinquennio del 1940. Al massimo, potrei
impreziosire il mio dire con il dialetto
cremonese , parlata con la quale la sarta
del secondo piano raccontava di Bissolati
e di quei suoi seguaci che, a suo dire, proprio
socialisti fino in fondo non furono. Non
per tradimento della causa, per carità, ma
per naturale evoluzione del pensiero considerato
che già al tempo della guerra di Libia i
socialisti di destra e riformisti si schierarono
in favore della guerra contro le direttive
del loro partito. Bissolati venne espulso
dal Partito socialista nel 1912,molti di
quelli che la pensavano come lui lo seguirono,
fondarono giornali e compagini politiche.
E’ singolare che proprio con quello che sembra
sia stato il maggiore artefice della sua
espulsione dal partito abbia poi trovato
una identità di vedute sull’irredentismo
e nel propugnare quella guerra che il papa
del tempo bollò come”inutile strage”.
A Pescarolo storico collegio elettorale di
Bissolati, nel cimitero nuovo delle lastre
di marmo ricordano, riportandone i nomi,
quelli che non tornarono. Chissà se alcuni
di questi, al termine dei vespri , curiosi
si fermavano sul sagrato ad ascoltare le
parole di pace, amore e fratellanza della
predicazione bissolatiana. A dire della sarta
del secondo piano, alla domenica, Bissolati
aspettava che i fedeli uscissero dal vespro
per iniziare il suo discorso. “Adesso che
dalle parole del prete avete imparato come
salvare l’anima, io vi parlerò di come non
perdere il corpo”. Vennero gli anni della
guerra e di quelli che avevano “cambiato
bandiera” schierandosi per l’intervento.
Lei, la sarta, raccontava e puntava accusatorio
l’indice contro quel bissolatiano cremonese
che in carrozza andò al poligono di tiro
“fuori porta Po” ad assistere alla “esemplare
esecuzione”. Con lui polemizzo vivacemente
l’Eco del Popolo, giornale dei socialisti
cremonesi, accusandolo di essere andato ad
assistere all’esecuzione di un “operaio socialista”.
I fucilati furono due, il cremonese ed uno
cagliaritano, rifiutarono i conforti religiosi.
Fucilati alla schiena dalle” truppe schierate
in quadrato rappresentanti tutte le armi
presenti in presidio”, i corpi, prima di
essere dispersi nella fossa comune, vennero
sepolti alle tombe seicento e seicentouno
del campo sedici nel cimitero di Cremona.
Era il 17 settembre del 1918. Il 4 di novembre
la guerra era finita. Ma non quella contro
i “bolscevichi” che dai bissolatiani venne
condotta in alleanza con i fascisti alle
elezioni del 1919. Si sa come andò a finire,
socialisti e popolari ebbero la maggioranza
dei seggi ma alla fine i fascisti conquistarono
il potere. Ed a Bissolati i fascisti cremonesi
dedicarono una delle strade più lunghe della
città che ancora porta il suo nome. Scelsero
proprio quella che la giunta comunale formata
da socialisti , comunisti e retta dal sindaco
Pozzoli, decretò “si chiamasse via Spartaco,poiché
a questo ribelle si ispirarono coloro che
in Germania si opposero al militarismo”.
Ennio Serventi
Nota Red/welfare
Come costume welfare pubblica anche note
non condivise. La vicenda di Bissolati come
uomo e come politico fu, da quanto conosco,
molto complessa ed articolata. Ridurla a
poche battute è sicuramente riduttivo. Spesso
è necessario, per dare senso al fuuro, salvare
degli uomini il lato migliore.
Gcst
Cr 27-09-2010
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