15 Settembre, 2002
Perchè i giovani scappano da Cremona di Andrea Virgilio
Oggi la politica non ha perso la moralità ma ha smarrito il rapporto con il desiderio
Perchè i giovani scappano da Cremona di Andrea
Virgilio
Oggi la politica non ha perso la moralità
ma ha smarrito il rapporto con il desiderio
Credo sia un dovere interrogarci quando una
delle prime preoccupazioni di molti
giovani è come e quando lasciare il loro
territorio. Una preoccupazione che fati
ca a trasformarsi in ambizione, che può diventare
semplice rassegnazione, con l’esito
terribile di non prendere il volo e ridursi
a prigionieri di un ambiente poco attrattivo.
A ragione si potrebbe riconoscere che per
la nostra realtà è normale, il nostro
capoluogo non offre grandi prospettive, ma
qui dovrebbe entrare in gioco la poli
tica, la sua volontà di innovare senza tuttavia
quell’approccio rampante e sradi
cato dalle nostre eccellenze e dalle nostre
radici.
C’è da dire che non si tratta di una nostra
triste peculiarità: i territori sono
abbandonati dalla politica, vengono occupati
dalla globalizzazione, sono spesso
incapaci di comprendere le dinamiche del
cambiamento e i giovani smarriscono la
volontà di radicarsi.
Nello stesso ricco nord est la risposta delle
nuove generazioni a un contesto critico è
quella dell’esodo:
mettersi alla prova, ma almeno recarsi in
un luogo in cui avere degli stimoli.
Anche dalle nostre parti non c’è e non c’è
stata la volontà di costruire un pens
iero e politiche pubbliche organiche indirizzate
ai giovani, alla valorizzazione
delle loro competenze.
Il problema non è il colore politico delle
amministrazioni, perché i limiti sono
trasversali.
Non faccio solo riferimento alla logica perversa
degli “eventifici”: saloni, con
certi, incontri, ricerche sociali … occasioni
importanti, spesso abusate perché
visibili nella loro ovvietà e perché legittimano
l’esistenza di chi le propone;
c’è un generico approccio a iniziative di
testimonianza, a buone pratiche estemporanee,
senza un ragionamento sulla loro efficacia,
sulle risorse investite, sul
la loro ricaduta.
Il risultato è che la città è poco aperta
alle provocazioni, è invece spesso con
testo di insoddisfazione e di rassegnazione;
i quartieri oggi come ieri sono privi
di presidi educativi che non possono essere
garantiti dal solo intervento pubblico,
ma devono essere implementati grazie a percorsi
di sussidiarietà e di partnership pubblico
- privato.
La cosa più curiosa è che realtà interessanti
nascono e crescono a prescindere dall’impulso
della pubblica
amministrazione penso per esempio a quelle
associazioni giovanili che hanno sempre
più assunto il ruolo di laboratori di sperimentazioni
che non di luoghi di “militanza” e che in
modo autonomo hanno coinvolto la città.
Oggi c’è quindi: l’esigenza di definire progetti
e proposte di lungo periodo cap
aci di risuscitare un rapporto più stretto
e più costruttivo fra territorio e giovani.
Questo anche alla luce degli effetti della
crisi che hanno accentuato la selezione,
se infatti fino a ieri l’ampio sviluppo del
terziario aveva garantito in qualche modo
un’occupazione, oggi i canali di accesso
a questo comparto sono diventati, non solo
più ristretti,
ma anche molto più selettivi.
Il problema dei precari che ha investito
le due principali amministrazioni, è in
un certo senso rappresentativo perché ci
pone un interrogativo importante: quale
futuro per quei giovani che desiderano occuparsi
del bene pubblico?
Pensiamo per esempio alle situazioni di incertezza
lavorativa ed economica di molti
giovani occupati nel privato sociale, che
gestiscono beni comuni e relazionali.
Sono spesso contesti incapaci di trattenere
i giovani professionisti, non solo per
una progressione retributiva più piatta rispetto
ai colleghi del mondo profit,
ma perché è spesso trascurata la crescita
di quadri intermedi che possono
farsi carico dello sviluppo dell'organizzazione
e dell’esigenza di generare un ricambio
della classe dirigente.
La situazione non cambia negli altri settori,
l’innovazione fatica a modificare
gli atteggiamenti all’interno del tessuto
imprenditoriale, persiste infatti una
“cultura di prudenza che frena l’avvio di
una nuova fase del suo sviluppo” (una
citazione del rapporto Censis sulla nostra
città del lontano 2005 ma ancora molto attuale)
e che per queste ragioni respinge iniziative
moderne e creative.
Si avverte pertanto l’urgenza di unire le
forze, costruire sinergie fra istituzioni,
capitale sociale, imprese, soggetti che operano
dentro alla comunità, non solo
per evitare politiche e iniziative settoriali,
ma anche per oltrepassare una
concezione delle politiche locali centrata
soltanto sui bisogni e sugli interessi.
C’è una dimensione, quella del desiderio,
delle aspettative personali, che s
e valorizzate possono contribuire a una qualità
più alta dello sviluppo locale e anche
ad un’alleanza inedita fra solidarietà e
operosità.
Oggi la politica non ha perso la moralità
ma ha smarrito il rapporto con il desiderio;
la politica negli ultimi anni è lo scontro
fra persone, fra gossip, dossier,
anche a livello locale la dinamica rischia
di essere la stessa. La politica
si è impoverita nel duello perché abbiamo
voluto un bipolarismo muscolare e perché
ogni schieramento è impegnato ad assecondare
la pancia del suo elettorato, questo
contribuisce a indebolire il protagonismo
e il contributo di tutte le strutture intermedie.
La politica è anche lo specchio delle contrapposizioni
sociali anche rispetto ai
rapporti intergenerazionali. Non credo che
la retorica del giovanilismo possa essere
utile a modificare stili e contenuti, la
stessa forzatura sul conflitto fra vecchie
e nuove classi
dirigenti è utile soltanto per chi si mette
alla testa di queste battaglie mediatiche.
Oggi i giovani impegnati in politica rischiano
due degenerazioni: ridursi a manovalanza
dell’esistente in una condizione di permanente
subalternità o aggrapparsi all’ansia
della visibilità riducendo tutto alla comunicazione,
con la tentazione del rancore e dell’autoreferenzialità.
Quello che rischiamo di non avere è la consapevolezza
della politica come costruzione faticosa
di
processi e di relazioni, è la fatica del
viaggio quella che viene in qualche modo
bypassata
per adeguarsi alla semplice e inconcludente
presenza.
Andrea Virgilio
Capogruppo PD Provincia di Cremona
 
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