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15 Settembre, 2002
Aids, guerre e siccità fanno fare la fame a 842 milioni di persone
Anche quest’anno l’immagine della fame avrà il volto dell’Eritrea, dell’Etiopia, della Somalia e di tutti quei Paesi dell’Africa centrale e occidentale dove conflitti, siccità, Aids continuano a spianare la strada al dilagarsi della fame nel mondo.

Aids, guerre e siccità fanno fare la fame a 842 milioni di persone
Anche quest’anno l’immagine della fame avrà il volto dell’Eritrea, dell’Etiopia, della Somalia e di tutti quei Paesi dell’Africa centrale e occidentale dove conflitti, siccità, Aids continuano a spianare la strada al dilagarsi della fame nel mondo.

Un «continente di affamati» che oggi conta 842 milioni di persone, concentrati quasi tutti, 798 milioni, nei paesi in via di sviluppo, 34 milioni nei paesi mediamente sviluppati e solo in minima parte, ma pur sempre 10 milioni, nel mondo industrializzato. Un continente di dimenticati, perché - accusa Jacques Diouf, direttore generale della Fao, «a meno che non ci sia un conflitto o una catastrofe naturale a richiamare l’attenzione internazionale, niente viene detto e ancora meno viene fatto per porre fine alle loro sofferenze».
A fornire la sconcertante fotografia è appunto la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, in un rapporto diffuso dal titolo «Lo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo 2003». Stando alle 40 pagine del documento, il numero delle persone che soffrono la fame, dopo essere sceso in modo costante nella prima metà degli anni ‘90, -nei paesi in via di sviluppo si era ridotto di 37 milioni di unità-, nella seconda metà del decennio è tornato drasticamente a salire di ben 18 milioni.
«Il problema non è tanto la mancanza di cibo -incalza ancora Diouf- quanto piuttosto l’assenza di una vera volontà politica», a vincere la guerra contro la fame, «investendo risorse e impegnandosi in riforme». Una volontà, sottolinea il rapporto, come quella dimostrata invece dal presidente brasiliano Lula da Silva con il suo progetto «Fame zero».
Non è un caso che a livello regionale siano infatti solo l'America Latina e i Caraibi a registrare un calo nel numero delle vittime della malnutrizione a partire dalla metà degli anni ‘90. Mentre solo 19 Paesi, tra i quali la Cina, sono riusciti a ridurre il totale delle persone che soffrono la fame nell’intero decennio. «Nei Paesi i cui gli sforzi sono stati coronati da successo, il numero totale delle persone che soffrono la fame è sceso di oltre 80 milioni», si legge nel documento. Di contro vi sono 26 Paesi nei quali il numero è aumentato di 60 milioni.
Ventidue Paesi, tra cui il Bangladesh, Haiti ed il Mozambico, sono riusciti ad invertire la tendenza negativa. In questi paesi, «il numero dei sottonutriti è diminuito nella seconda metà del decennio dopo essere salito nei primi cinque anni». In altri 17 però, -tra cui India, Indonesia, la Nigeria-, si è assistito ad un trend opposto, vale a dire il numero dei sottonutriti che era sceso, ha ripreso a salire. Il rapporto conferma che i Paesi con una crescita economica ed agricola significativamente alta hanno ottenuto i migliori risultati nel ridurre la fame. Mentre i Paesi con più affamati continuano ad essere quelli afflitti dai conflitti armati, e dalla piaga dell’Aids.
Proprio ieri la diffusione di un altro rapporto, sempre dell’Onu, sull’Aids, ha reso noto che l’Africa sub-sahariana, con 29,4 milioni di persone affette, conserva il triste primato di regione più colpita nel mondo. Il fatto è che lo stillicidio dell’Hiv, riduce la forza lavoro (del 60-70% nelle zone rurali) e, mancando forza lavoro, risorse e conoscenza tecnica per coltivare prodotti di base o destinati alla vendita, molte famiglie coltivano solo cibo per la sopravvivenza. Nei casi migliori, perché in altri i campi vengono completamente abbandonati. Non solo: il rapporto ricorda anche che la siccità da sola è «la causa più comune di scarsezza di cibo nei paesi in via di sviluppo».
E l’Africa ne è un crudo esempio, essendo al tempo stesso il continente più arido del mondo ed anche quello in cui il problema della fame è più acuto.
Una situazione insomma allarmante che necessita, secondo la Fao, di un immediato intervento da parte della comunità internazionale, che «deve dar seguito all’impegno preso durante il summit mondiale dell’Alimentazione» del giugno 2002, creando «un’alleanza internazionale contro la fame».
Dando priorità a questi punti: migliorare la produttività agricola nelle comunità rurali povere; sviluppare le risorse naturali; espandere le infrastrutture rurali e allargare l’accesso al mercato; rafforzare le capacità di generare e diffondere le conoscenze; garantire l’accesso al cibo a chi ne ha più bisogno. «Perché -dice ancora Diouf- le sofferenze degli oltre 800 milioni di essere umani costituiscono non solo una tragedia insensata, quanto una minaccia per la crescita economica e la stabilità del mondo intero. La fame non può attendere».

di Cinzia Zambrano
da www.unita.it 


       



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