15 Settembre, 2002
Una legge molto controversa. Il parlamento inizia la votazione sul progetto di legge sulla fecondazi
Le opinioni di Maurizio Mori
Una legge molto controversa. Il parlamento
inizia la votazione sul progetto di legge
sulla fecondazione assistita.
Le opinioni di Maurizio Mori
Oggi (3 dicembre 2003) è un giorno storico
per l’Italia. È uno di quei giorni in cui
prendono forma le grandi scelte legislative
che possono plasmare la vita sociale e la
cultura di un paese. È il giorno in cui inizia
la votazione sul progetto di legge circa
la fecondazione assistita (mi rifiuto di
parlare di “procreazone” perché tale termine
– pur essendo usato spesso – ha una valenza
squisitamente teologica che fuorivia il discorso).
Dopo anni di controversie sul piano culturale
e di iter legislativi iniziati nel 1997,
il Senato comincia a votare in materia, e
non sembrano possibili scappatoie: o l’aula
approva il testo che è stato “blindato” in
Commissione, o introduce un qualche emendamento
significativo equivalente ad una bocciatura.
Infatti, se il testo dovesse tornare alla
Camera la sua approvazione nella legislatura
diventerà molto difficile, forse impossibile.
Se il testo fosse approvato, avremo la “legge
cattolica” sulla procreazione assistita.
Alcuni non vogliono sentir parlare di “legge
cattolica”, affermando che essa difende i
diritti dell’embrione ed il benessere del
nascituro, valori che dovrebbero essere condivisi
da tutti – laici inclusi. In realtà, come
è noto, sulla questione dell’embrione c’è
un’annosa controversia e i laici non credono
affatto che l’embrione sia “uno di noi”,
né credono che il modo migliore di tutelare
il benessere dei figli sia porre divieti
di legge, invece che fare appello alla responsabilità
delle persone. Ma non è questa la sede per
discutere su questi temi: quella in esame
è e resta la “legge cattolica” perché fortemente
voluta dai cattolici. Persino il papa è sceso
in campo a richiederne la rapida approvazione.
Di fronte a questo appello esplicito, le
altre sottili distinzioni sono sofismi che
non convincono più nessuno.
Rattrista non poco vedere l’unanimismo mostrato
dai fedeli: non c’è stato alcun dissenso
né voce discordante. A volte, a tavola o
in conversazioni private, alcuni autorevoli
esponenti mi hanno manifestato il loro disaccordo
personale con le posizioni ufficiali, mostrando
di avere una visione più aperta e duttile.
Ho detto loro: “perché non prendi il telefono,
chiami un grande quotidiano e rilasci una
pubblica dichiarazione. Vedrai che la tua
voce non cadrà nel vuoto”. Ma nessuno l’ha
fatto. L’iniziale approvazione di una visione
più duttile si trasforma in una cocente delusione,
perché è triste vedere quanto limitata sia
la libertà di pensiero e di espressione.
Questa situazione vale non solo sul piano
intellettuale ed accademico, ma anche su
quello politico: vasti pensare alle dichiarazione
di voto di formazioni politiche della Sinistra!
Se la “legge cattolica” fosse approvata,
per l’Italia sarà una catastrofe. Le leggi
sono come le grandi vie di comunicazione
che servono per consentire la coordinazione
sociale nel rispetto delle libertà fondamentali.
Come non fare una strada in un dato posto
può isolare una comunità impedendone lo sviluppo,
così non fare una legge o fare una legge
sbagliata può impoverire la vita delle persone,
che si vedono private di opportunità. Come
per fare una strada bisogna prevedere i futuri
“flussi di traffico”, così per fare una buona
legge bisogna prevedere quali sono le esigenze
delle persone e cercare di regolare i corrispondenti
comportamenti.
La “legge cattolica”, invece, tende solo
a creare ingorghi e intoppi: le norme previste
sono contraddittorie e in generale poco applicabili.
Come è stato varie volte ribadito, porterà
alla clandestinità o al cosiddetto “turismo
procreatico”. Lo scopo della legge non è
regolare i comportamenti delle persone, ma
è tracciare in modo aprioristico una “linea
del Piave”, una “barriera intransitabile”,
issando una bandiera.
Il problema grave è che si tratta della bandiera
sbagliata, perché le tecnologie riproduttive
non sono in sé cattive, socialmente dannose
o “contro l’uomo”. Solo obsoleti pregiudizi
possono far credere questo. La fecondazione
assistita allarga la capacità riproduttiva
e con essa la libertà delle persone. Ma avere
figli è cosa buona, e la libertà riproduttiva
è un diritto civile fondamentale. La “legge
cattolica” è tutta tesa a porre vincoli e
divieti, un fatto che mostra come i cattolici
non abbiano colto l’aspetto nuovo e positivo
apportato dalla tecnologia. Ancora una volta
hanno perso il treno della storia. Peccato.
L’approvazione della “legge cattolica” sarebbe
un disastro non solo perché la normativa
impoverirebbe la vita sociale del paese,
che subirebbe un’ulteriore battuta d’arresto
(dopo quella che ha bocciato alla Camera
il cosiddetto “divorzio breve”), ma anche
per i cattolici stessi. Infatti, la legge
pretende di tutelare l’embrione, ma permette
pur sempre la fecondazione omologa. Come
osservato Carlo Famigni (in un articolo in
uscita su Bioetica. Rivista interdisciplinare,
2003, n. 4) così facendo i cattolici rinnegano
il principio di inscindibilità del significato
unitivo e procreativo dell’atto coniugale.
Mentre al tempo del divorzio hanno preferito
perdere la battaglia politica e difendere
il valore morale dell’indissolubilità del
matrimonio, adesso preferiscono portare a
casa la “legge cattolica” ed abbandonare
il principio d’inscindibilità. Di fatto a
gran voce chiedono una legge che permette
la fecondazione assistita, cioè una pratica
che prevede “metodiche artificiali di per
sé moralmente inaccettabili” – come le ha
definite il papa. Il passo compiuto è gravissimo:
forse che l’indissolubilità è più importante
dell’inscindibilità? Forse anche al riguardo
dovremo aspettare la prossima generazione
per impostare correttamente il discorso.
Infine, la “legge cattolica” sarebbe un disastro
perché porterebbe ad un isolamento dell’Italia
dal resto d’Europa. Il 19 novembre il Parlamento
dell’Unione Europea ha approvato l’accesso
ai fondi del VI Programma quadro, ed il 3
dicembre il Consiglio dell’Unione Europea
avrebbe dovuto decidere come risolvere la
questione. Grazie all’azione del Presidente
italiano, il ministro Letizia Moratti, la
riunione non ha portato ad alcun risultato,
per cui i finanziamenti saranno decisi caso
per caso, dopo la valutazione dei singoli
protocolli. Poiché nel primo semestre 2004
la Presidenza è irlandese ed è nota la cattolicità
degli irlandesi, c’è da attendersi che la
decisione del Parlamento Europeo debba aspettare
ancora qualche tempo prima di diventare prassi
accolta.
La vicenda meriterebbe un libro apposito
dedicato a illustrare le incredibili traversie
di un progetto d ricerca scientifica. Ma
quando la decisione passerà, nei paesi in
cui ciò è legalmente stabilito, si potrà
sperimentare sulle cellule staminali embrionali
e cercare nuove terapie, mentre in Italia
non si potrà fare nulla. Ancora una volta
il nostro paese resterà al palo. A me pare
che questo sia gravissimo: anche di questo
dobbiamo ringraziare in primo luogo i cattolici.
Ho cominciato dicendo che oggi (3 dicembre)
è un giorno storico. Speriamo non sia da
annoverare tra i giorni bui e negativi.
* Maurizio Mori è' coordinatore della sezione
Bioetica del Centro studi Politeia di Milano,
socio fondatore e segretario della Consulta
di Bioetica di Milano e fondatore e direttore
della rivista "Bioetica". Membro
del direttivo della International association
of bioethics, insegna Bioetica all'Università
di Torino. Risiede a Cremona
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