15 Settembre, 2002
'Ricordi', il libro di Giovanni ed Enrico Fogliazza
Il testo della presentazione effettuata da Renato A Rozzi
Presentato 'Ricordi', il libro di Giovanni ed Enrico Fogliazza
In una sala del Consiglio Provinciale gremita é stato presentato il libro 'Ricordi' di Giovanni ed Enrico Fogliazza, edito da Cremonabooks.
La presentazione é stata tenuta da Gian Carlo Corada, da Renato Rozzi e da Franco Dolci.
Di seguito il testo integrale della presentazine effettuata da Renato A. Rozzi.
Il libro di Enrico Fogliazza può essere significativo non solo per gli adulti qui presenti, ma per i giovani qui assenti: è la storia della formazione personale di un giovane "paisàan" dagli anni 30 alla guerra. Dalla protezione affettiva famigliare ai durissimi apprendistati lavorativi, dal necessitato attraversamento delle culture dominanti della Chiesa e del fascismo, fino all'entrata nella Resistenza e nel Partito comunista il libro racconta la vicenda complessa di un diventare adulto in quel periodo in cui si sono fondati valori ancora per noi attuali.
Per una persona della mia generazione (ho una decina d'anni meno di Fogliazza e non son mai stato nel PCI) questo libro, proprio per la vivezza della vicenda personale giovanile che descrive, rende ancor più evidente il fatto che la storia del PCI ha invece condotto i militanti a tener dentro, se non nascondersi, la parte più personale della vita politica. La memoria di Fogliazza è la testimonianza che questa ibernazione della vita profonda alla lunga in lui non è riuscita. Quanto è accaduto al comunismo ha dimostrato che mettere in silenzio tanta parte di sé stessi è sempre parziale e alla fine lo si paga: il partito poteva chiedere ai suoi militanti di differire, non di rinunciare. Da tempo è chiaro quanto questa oppressione sia costata tanto all'individuo che al gruppo comunista. Esser costretti ad intendere sé stessi in modo sovrapersonale e troppo poco libero poteva essere una condizione in parte necessitata nella Resistenza e nelle durissime lotte contadine fino al '48, ma si è sempre più rivelata una repressività politicamente deleteria per le ragioni di libertà da cui la lotta dei "paisàan" era nata.
La prova di quel che dico sta nel bisogno dell'autore di raccontare ciò che di formativo precede la vita politica adulta, un bisogno anche liberatorio: i suoi ricordi sono convincenti, non intaccati dal non breve periodo a cui li ha costretti l'atmosfera costrittiva del partito.
Fogliazza si racconta in prima persona, ma non si sposta certo dalla parte di quell'individualismo chiaccherone oggi così diffuso: dalla vivezza rara alla sua età risulta più evidente non solo quanta storia personale profonda c'era nel diventare comunista, ma quanta in seguito sarebbe stata taciuta, se non rimossa (e rimuovere vuoI dire dimenticare di dimenticare). Se infatti si fa rientrare in gioco la storia personale profonda di un comunista, cosa muta dell'idea comunista? Muta molto, e il libro di Fogliazza, proprio perché utilizza la memoria affettiva delle origini, ce lo rivela bene. Già tanti anni fa, pur con interpretazioni politiche diverse, le autobiografie dei "Militanti di base" di Danilo Montaldi erano andate alla ricerca dei fondamenti vissuti dell'esistenza politica. La descrizione che Fogliazza fa delle condizioni di secolare esclusione in cui è cresciuto un "paisàan" cremonese tra gli anni 30 e 50 fa emergere l'ossatura reale su cui si è costruita la forza del PCI d'allora. E ne esce un'immagine diversa da quella che il comunismo proponeva del militante leninista, predestinato dalla storia, con la sua durezza impersonale, col suo senso obbligato dell'uomo nuovo, sensibile solo al futuro del suo partito. L'immagine reale è invece quella di un proletariato rivolto, nel dopoguerra con grande combattività, verso un realizzabile obbiettivo di liberazione dalla vita dolorosa di salariato di cascina. Non è certo l'immagine di chi si sente spinto a cambiare il mondo, è quella di chi è cresciuto in una cultura non guerriera, ma piena di attesa di riscatto, di chi ha le proprie giuste soluzioni, non le soluzioni di tutto. E' l'immagine di chi è travagliato dall'odio sociale, ma vuole uscirne.
Il libro di Fogliazza aggiunge dunque (senza volerlo, e questo gli dà validità) altre prove di questa forzatura ideologica della propria base da parte del PCI: la sua infanzia, la sua famiglia, il suo modo di diventare adulto sono una conferma di una politicità del mondo contadino padano diversa quella allora idealizzata ed insieme equivocata dal gruppo comunista. Nel '48, dopo le lotte e la sconfitta politica dei "paisàan", mentre già iniziava il loro esodo, questa forzatura chiamata di solito stalinismo è risaltata sempre di più, troppo a lungo.
Fogliazza ci rimanda l'esperienza preideologica del diventare comunista, e pone con ciò il problema di ciò che vien prima dell'esser comunista (o democristiano, o quel che volete). Ciò che circola più decisivamente nel suo scritto è l'affettività della sua cerchia di socializzazione familiare: viene da essa la protezione più formativa per quel bambino, poi ragazzo, poi giovane nelle sue difficili trasformazioni per diventare adulto.
Questa mia interpretazione di sollievo del libro di Fogliazza è sorretta da quella prova, credo unica tra le pubblicazioni cremonesi su questo argomento, che è lo scritto del padre, un documento anche linguisticamente interessante, ingenuo ed oggettivamente rivelatore, un esempio significativo della trasmissione culturale di fondo tra padre e figlio. Con questa fertile presenza del senso dell'esser figlio si comincia a rispondere ad una domanda troppo ignorata (soprattutto durante il peggior stalinismo che impediva di riandare autocriticamente alle proprie origini e di avere una comunicazione educativa con la generazione successiva). Un tempo la domanda sarebbe stata espressa così: come si diventa comunista? Oggi si propone in questo modo più complesso: come si trasmette un'idea politica profonda, la sua religiosità? E come insieme ad essa vien trasmessa la nostra base etica?
Non ho buttato lì a caso il termine religiosità (se c'è qualcuno a cui esso dà ancora fastidio posso sostituire ciò che è religioso con ciò che è profondo) perché in Fogliazza c'è qualcosa di più del comunicare tra genitori e figli: il suo libro nasce infatti rivolgendosi alla sorella suora (La forma "Cara sorellina cara" credo sia nell'uso affettuoso del pudore dialettale).
Il tempo mi fa tagliare giù alla svelta ma qui debbo segnalare che abbiamo toccato un cerchio ancor più intimo fra quelli che costituiscono quel "privato" di cui i comunisti sembravano privati: qui vedo porre per la prima volta da un militante di allora il problema di una comunicazione familiare interrotta, ma non spezzata tra due differenti scelte di vita, divenute anche differenti concezioni del mondo, per l'appunto profonde, per le quali di solito si usa il termine "fede". Colto a questo livello, questo aggancio improvviso, doloroso, tra fratello e sorella si pone come un prezioso punto interrogativo, aprendo uno spaccato sempre represso nella cultura comunista di allora. Ed in particolare, questo punto interrogativo diventa importante se lo percepiamo largamente nella comunità cremonese di allora (per me il Duomo ed il Comune, nel loro fronteggiarsi nei secoli, sembrano rendere tangibile il contrasto della religione organizzata e.della relIgIosità laIca). C'è tutta una storia sociale e politica da ricostruire In quest'ottica in cui il profondo delle persone non è solo quello gestito dalla religione ufficiale: mi viene anzi da dire che il libro di Fogliazza porta con sé la sua parte profonda e cerca di esprimerla anche all'altra parte, così come il fratello cerca la sorella.
Termino anch'io come Corada con l'immagine di Fogliazza ancor giovane che entra eletto nel Parlamento. C'è un sentimento di gioia a cui è difficile sottrarsi: anche gli esclusi, anche gli ultimi entrano del tutto a rappresentarsi ed esprimersi nella propria società. Credo che pochi momenti ci raffigurino altrettanto bene l'insieme della comunità cremonese di allora (siamo nel '53): una storia è finita, ne comincia una assai diversa.
Renato A. Rozzi
Nella foto: Enrico Fogliazza, autore - insieme al padre Giovanni - del libro 'Ricordi'
 
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