15 Settembre, 2002
La storia di una bimba danzerina di G.V.Lazzarini
C’era una volta una bella bambina che aveva due nomi, Claudia Giulia...
La storia di una bimba danzerina
C’era una volta una bella bambina che aveva
due nomi, Claudia Giulia, due occhi neri,
brillanti e pizzichini, due orecchie fini
e bravissime nel gioco del nasconditinasconditi,
due braccia, due mani e due gambe perfette
per le danze fiorite e per i giochi scintillanti
d’allegrezza. Però aveva un solo naso, ma
tenero e sbarazzino, una sola bocca, ma zuccherina
e ridarella, un solo milione di capelli,
ma neri come il mistero profumato della notte,
un solo sederino, ma rotondo come la luna
bambina.
Un giorno Giacomo, il fratello di Claudia
Giulia, che era più grande di lei, le disse:
“Questa mattina, mentre andavo a cavallo,
mi è capitata una cosa ben strana. Nel prato,
tra l’erba, mi è sembrato di sentire una
voce di bambina, di ragazza, che si lamentava,
che piangeva… Ho guardato e riguardato, ma
non ho visto nulla. Avrò sognato? Qualcuno
mi ha fatto un scherzo?”.
Claudia Giulia divenne subito attenta, perché
Giacomo era un ragazzo bravo, che non raccontava
frottole. E subito chiese: “Ma quella voce,
non ha detto niente? Non ha spiegato perché
piangeva?”.
Giacomo ci pensò un po’ e poi disse: “Ecco,
mi pare che dicesse qualcosa, ma delle parole
senza senso…, del tipo ‘sono inciampata nel
luccicore fuggito dalle ali di una libellula’…
Si vede proprio che in quel momento stavo
proprio sognando…”. E non ci pensò più.
Ma il giorno dopo, Giacomo tornò dalla sua
cavalcata tutto bianco, con il cuore che
correva a cento all’ora e il respiro ansante,
tanto che quasi non riusciva a parlare. Finalmente
poté spiegarsi e disse che aveva sentito
ancora quella voce in mezzo all’erba, e che
si lamentava con così tanto dolore che lui
sentì compassione e si avvicinò al luogo
da dove veniva la voce. Ma non vide nulla
e allora spronò il cavallo perché andasse
avanti ma l’animale ad un certo punto saltò,
come se nell’erba ci fosse qualcuno che si
poteva calpestare… Ma nell’erba, spiegò Giacomo,
non c’era nessuno, eppure gli sembrò di sentire
la voce dire: “Grazie, cavallo buono…”.
La bambina al momento non disse nulla, ma
restò pensierosa tutto il giorno e verso
sera, senza farsi sentire da nessuno, disse
a Giacomo: “Credo di aver capito di chi è
quella voce. E’ quella di una ninfa-fata”.
“Una ninfa che?” chiese stupito il ragazzo,
che da qualche tempo aveva smesso di ascoltare
e di leggere le fiabe.
Claudia Giulia allora gli spiegò che le ninfe-fate
sono bellissime fanciulle che escono di notte
quando c’è la luna e ballano leggere, lievi
e felici fino all’alba… Quando arriva il
sole, non si possono più vedere, perché se
ne vanno nel loro regno. E poi, vedendo il
fratello poco convinto, gli disse: “Io queste
cose le so perché le ho trovate nelle fiabe
e poi perché me lo dice il mio cuore, che
è quello di una bimba che ama tanto ballare”.
Discussero un pezzo, e alla fine si misero
d’accordo che dopo cena, con la scusa di
fare una passeggiata, sarebbero andati in
quel prato a vedere se c’era davvero una
ninfa-fata.
E così fecero, anche perché i loro genitori
gli diedero il permesso di andare perché
erano contenti se i loro figli andavano a
passeggiare in mezzo alla natura e poi perché
c’era un bellissima luna chiara e luminosa,
che scacciava ogni paura.
Si avvicinarono piano piano, in silenzio,
al prato, con il cuore che batteva forte,
tenendosi per mano… All’inizio non sentirono
nulla, solo qualche ranocchio lontano che
faceva la serenata… Ma poi, ecco, una piccola
voce stanca e dolente cominciò lamentarsi,
a chiedere aiuto. Ed allora si avvicinarono
e videro, sdraiata nell’erba, una bellissima
ninfa-fata che lacrimava dolore.
I due bimbi le dissero con voce dolce e gentile
perché piangeva e la ninfa, che aveva capito
subito che erano bambini buoni, spiegò che
era inciampata in un luccichio, forse in
una lucciola o in un riflesso di luna balzato
via dallo stagno o dalle ali di una libellula,
e si era rotta una gamba. Le sue compagne
avevano cercato di aiutarla, ma non c’erano
riuscite e, sconsolate, erano andate a piangerla
nel loro regno segreto.
Claudia Giulia disse: “Ti sei rotto una gamba?
Allora ti portiamo subito all’ospedale, dai
dottori, che te la cureranno, e te la ingesseranno
come si deve e guarirai per bene”.
La fanciulla magica scosse la testa sconsolata
e disse: “Piccola amica, i dottori non mi
possono aiutare. Io ho il corpo fatto solo
di aria leggera, di nebbia e, là dove ci
sono le ossa, di raggi di luce sottile… Come
può un dottore aggiustarmi di nuovo la gamba,
se al più leggero tocco, alla più lieve fasciatura,
me la rompe di nuovo e peggio di prima?”.
Claudia Giulia non seppe cosa risponderle,
e allora chiese aiuto con gli occhi al fratello
Giacomo, che, pur essendo in fondo anche
lui ancora un bambino, era saggio e assennato.
E Giacomo disse: “Tu sei fatta di aria, di
acqua e di luce, e per aiutarti ci vuole
qualcuno che se ne intende di queste cose…
Ma noi lo abbiamo a casa, questo qualcuno!
Il nostro babbo Giuseppe è il capo di tutti
quelli che si occupano di aria, di acqua
e di luce, e saprà bene trovare il modo di
aiutarti. Ma poi occorre anche qualcuno che
abbia la mano così delicata e lieve da curare
e ingessare una gamba come la tua, fatta
di nebbia, di aria e di luce sottile… Ma
noi lo abbiamo in casa, questo qualcuno.
La nostra mamma Patrizia, vero Claudia Giulia?,
quando siamo ammalati ha un mano così gentile
e tenera che ogni suo gesto sembra una carezza
di schiuma…”.
La sorellina disse che aveva proprio ragione
e di andare subito a chiamare la mamma, il
babbo, mentre lei sarebbe rimasta lì, a tenere
per mano la ninfa-fata, a consolarla.
Quando arrivarono, papà Giuseppe e mamma
Patrizia si misero subito all’opera e, unendo
le loro capacità e conoscenze, trovarono
il modo di curare la gamba. Il babbo catturò
due lucciole e le diede alla mamma, con le
quali disinfettò lievemente la gamba, e poi
le lasciò di nuovo libere di girovagare per
la notte… Poi il babbo prese al volo un raggio
di luna, lo mise in una goccia di rugiada
nel cavo di un fiore e separò l’azzurro più
dolce che c’era dagli altri colori dell’iride
e ne fece un velo, che fece riscaldare con
il sospiro di grazia di una bambina tenerella
e con quello di speranza di un ragazzino
giudizioso. E poi la mamma con il velo azzurro,
con carezze aggiustò e poi ingessò in modo
finemente delicato la gamba rotta.
Poi papà Giuseppe disse: “Signorina ninfa-fata,
ora tutto è a posto, ma lei dovrà stare a
riposo per almeno un mese. E soprattutto,
niente balli!”.
E mamma Patrizia aggiunse: “Venga per un
po’ ad abitare a casa nostra. Ci penserà
questa sua nuova amica, cioè Claudia Giulia,
a correre, a giocare e a ballare anche per
lei… Non è mai ferma!”.
La fata-ninfa si ristorò con tre gocce di
rugiada, un soffio di brezza e uno scintillio
di luna, poi guardò commossa tutti quanti,
e disse: “Non so come ringraziarvi per quello
che avete fatto per me, con l’intelligenza,
il cuore, le mani, la fantasia. Noi fate
continuiamo a vivere come quando il Tempo
giaceva ancora nella sua culla, e viviamo
senza pensieri nel nostro Regno Segreto e
nelle notte di luna usciamo nel mondo e balliamo
felici, seguendo Armonia, Ritmo, Gioia, Gioco,
Piacere … Ma anche in mezzo a noi qualche
volta arriva Dolore, Paura, Perdita ed anche
Pianto, che fa luccicare tutto e tutti…”.
Si alzò lentamente e poi disse: “Amici, non
posso accettare la vostra offerta: io devo
tornare nel mio mondo, che è quello del tempo
rotondo del ‘C’era una volta’ e restarci
per sempre. In questo tempo, che è quello
del sogno e della magia che si chiama fantasia,
anche voi uomini, soprattutto i bambini,
ogni tanto riuscite ad entrare. Così, se
tu lo vorrai davvero, Claudia Giulia, ogni
tanto potrai vedermi, e io ti insegnerò a
danzare come sanno danzare le ninfe. E tu,
ma anche tuo fratello, tuo padre e tua madre,
se lo vorrete davvero, potrete di nuovo insegnarmi
a scoprire e ad amare, nella pentola d’oro
sotto l’Orizzonte, il tesoro del Voler Bene,
cioè dell’Incontro e dell’Essere per Sé e
dell’Essere per l’Altro”.
La ninfa-fata si mise le mani sul cuore e
le aprì verso i suoi amici e poi, lentamente,
scomparve nel segreto della notte.
E il luccichio del pianto intenerì gli occhi
di Claudia Giulia, di Giacomo, di Patrizia
e di Giuseppe, ma si trattava di quel pianto
che, come per fortuna capita, fa bene al
cuore. Gianvittorio Lazzarini
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