Ad un certo punto della sua esistenza, Charles Graner ha dovuto scegliere tra
l'inclinazione cristiana e il mestiere di secondino militare ed ha optato per la
seconda alternativa. Le foto che documentano la sua opera di torturatore ad Abu
Ghraib hanno fatto di lui una vera e propria star in America e forse è lecito
chiedersi se tra Graner ed i suoi connazionali ci sia poi tanta differenza. E'
strano ma sembra quasi che gli americani abbiano fatto il callo alla tortura,
tanto che i films come Sin City, che in materia di tortura, lascia poco
all'immaginazione, sono popolarissimi.
Il governo fa del suo meglio per adeguarsi al trend nazionale, tanto che non
ha fatto commenti di sorta sull'episodio di un cittadino dello Zambia deriso e
ricoperto dei suoi stessi escrementi dai militari USA, che non hanno nemmeno
dimenticato di deriderlo per il colore della sua pelle mentre lo torturavano. I
giornalisti si sono adeguati al silenzio generale. Nessun giornale ha riportato
la vicenda, neppure in Europa. Del resto, il pubblico occidentale, grondante di
lacrime davanti alla salma del Papa, non presta mai una grande attenzione ai
neri massacrati nelle carceri, soprattutto in un momento storico come quello
attuale, in cui anche la compassione è pilotata dai media. In America ed in
gran parte del mondo occidentale l'11 settembre sembra aver spazzato via
sentimenti come la moralità e la dignità e la gente si emoziona di più
davanti ad una sequenza di effetti speciali che davanti alla vivisezione di
esseri umani.
Qualche mese fa, uno degli shows più popolari degli Stati Uniti, "24
Hours", ha aperto la stagione con le immagini di una radiosa Catherine Zeta
Jones in abiti attillatti accanto ad un uomo rantolante torturato con scariche
elettriche. Ma perché gli americani non prestano attenzione alle torture vere
mentre sono attratti da quelle mediatiche? Una domanda da girare alla stampa o
al governo, perchè è grazie alle mistificazioni di entrambi che il pubblico
ritiene che Abu Ghraib faccia parte della cosiddetta "guerra al
terrorismo".
Prova ne è che, a parte qualche condanna ai secondini, la vicenda è stata
archiviata. Neppure quando i rapporti delle associazioni per i diritti umani
hanno rivelato che con la scusa del terrorismo sono state torturate almeno
90.000 persone si sono visti nelle strade i gruppi di preghiera raccolti per
Terri Schiavo, senza nulla togliere, naturalmente, alla dolorosa vicenda della
sfortunatissima donna. Il problema non è se radunarsi per l'una o per l'altra
causa ma venire a patti con la sofferenza, compresa quella causata dal governo
USA ad altri paesi. Sempre che gli americani vivendo in un comodo limbo non
siano divenuti indifferenti alle atrocità. In questo caso, la colpa sarebbe
certamente di chi ha fatto scattare nelle loro teste strani meccanismi
sbandierando continuamente lo spettro delle minacce terroristiche.
Non si tratta di un'ipotesi remota e lo prova il fatto che almeno un terzo
dei lettori del Washington Post ha definito Abu Ghraib "una difesa contro
il terrorismo". Una prova in più che il governo USA è riuscito a fare del
popolo un complice inconsapevole dei suoi metodi barbari. Destinato un giorno a
svegliarsi per scoprire che la tortura vera marchia le coscienze in modo
indelebile e, diversamente di come accade al cinema, non esiste lieto fine a
mitigarne l'orrore....
Bianca Cerri