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15 Settembre, 2002
Usa - Torturatori al bivio
Bianca Cerri per ReporterAssociati: «Ma perché gli americani non prestano attenzione alle torture vere»?

Ad un certo punto della sua esistenza, Charles Graner ha dovuto scegliere tra l'inclinazione cristiana e il mestiere di secondino militare ed ha optato per la seconda alternativa. Le foto che documentano la sua opera di torturatore ad Abu Ghraib hanno fatto di lui una vera e propria star in America e forse è lecito chiedersi se tra Graner ed i suoi connazionali ci sia poi tanta differenza. E' strano ma sembra quasi che gli americani abbiano fatto il callo alla tortura, tanto che i films come Sin City, che in materia di tortura, lascia poco all'immaginazione, sono popolarissimi.

Il governo fa del suo meglio per adeguarsi al trend nazionale, tanto che non ha fatto commenti di sorta sull'episodio di un cittadino dello Zambia deriso e ricoperto dei suoi stessi escrementi dai militari USA, che non hanno nemmeno dimenticato di deriderlo per il colore della sua pelle mentre lo torturavano. I giornalisti si sono adeguati al silenzio generale. Nessun giornale ha riportato la vicenda, neppure in Europa. Del resto, il pubblico occidentale, grondante di lacrime davanti alla salma del Papa, non presta mai una grande attenzione ai neri massacrati nelle carceri, soprattutto in un momento storico come quello attuale, in cui anche la compassione è pilotata dai media. In America ed in gran parte del mondo occidentale l'11 settembre sembra aver spazzato via sentimenti come la moralità e la dignità e la gente si emoziona di più davanti ad una sequenza di effetti speciali che davanti alla vivisezione di esseri umani.

Qualche mese fa, uno degli shows più popolari degli Stati Uniti, "24 Hours", ha aperto la stagione con le immagini di una radiosa Catherine Zeta Jones in abiti attillatti accanto ad un uomo rantolante torturato con scariche elettriche. Ma perché gli americani non prestano attenzione alle torture vere mentre sono attratti da quelle mediatiche? Una domanda da girare alla stampa o al governo, perchè è grazie alle mistificazioni di entrambi che il pubblico ritiene che Abu Ghraib faccia parte della cosiddetta "guerra al terrorismo".

Prova ne è che, a parte qualche condanna ai secondini, la vicenda è stata archiviata. Neppure quando i rapporti delle associazioni per i diritti umani hanno rivelato che con la scusa del terrorismo sono state torturate almeno 90.000 persone si sono visti nelle strade i gruppi di preghiera raccolti per Terri Schiavo, senza nulla togliere, naturalmente, alla dolorosa vicenda della sfortunatissima donna. Il problema non è se radunarsi per l'una o per l'altra causa ma venire a patti con la sofferenza, compresa quella causata dal governo USA ad altri paesi. Sempre che gli americani vivendo in un comodo limbo non siano divenuti indifferenti alle atrocità. In questo caso, la colpa sarebbe certamente di chi ha fatto scattare nelle loro teste strani meccanismi sbandierando continuamente lo spettro delle minacce terroristiche.

Non si tratta di un'ipotesi remota e lo prova il fatto che almeno un terzo dei lettori del Washington Post ha definito Abu Ghraib "una difesa contro il terrorismo". Una prova in più che il governo USA è riuscito a fare del popolo un complice inconsapevole dei suoi metodi barbari. Destinato un giorno a svegliarsi per scoprire che la tortura vera marchia le coscienze in modo indelebile e, diversamente di come accade al cinema, non esiste lieto fine a mitigarne l'orrore....

Bianca Cerri

 


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