15 Settembre, 2002
Gravi dichiarazioni del Ministro della Difesa Antonio Martino
Le valutazioni di Pierluigi Castagnetti e Marco Minniti
Pierluigi Castagnetti (Margherita): "gravi e intempestive le parole del ministro"
Le affermazioni del ministro Martino sulla disponibilità dell’Italia a fornire basi militari e spazio aereo in caso di raid contro l’Iraq sono gravi e intempestive.
Gravi perché quelle rilasciate nei corridoi sono di contenuto diverso da quanto detto in commissione. Gravi perché su questa materia l’Europa deve cercare di muoversi in modo coordinato. Gravi, infine, perché la materia non è nella disponibilità del governo.
Su una materia di quest’importanza è il Parlamento che deve decidere.
Il fatto che il ministro abbia dichiarato la disponibilità italiana nei confronti degli Usa è molto grave. E’ una disponibilità che non può essere dichiarata dal governo ma dal Parlamento.
Martino, inoltre, parla di sostegno militare, sia pure indiretto. E poi perché agli Usa, visto che è in corso l’attuazione della risoluzione 1441 dell’Onu?.
Anziché offrire disponibilità, il governo dovrebbe dirci che cosa sta facendo per evitare il conflitto.
Ciò non significa essere filo-Saddam.
Si può essere amici degli Usa e dissentire dalla strategia militare attuata da questa amministrazione.
L’intervento contro l’Iraq non é inserito nella strategia di lotta al terrorismo, servirebbe invece solo a disegnare un nuovo paesaggio geopolitico.
Marco Minniti (DS): "Lealtà non significa acquiescenza"
C´è un´evidente contraddizione tra quanto il ministro Martino ha detto nelle commissioni Difesa di Camera e Senato e quanto poi gli è stato successivamente attribuito.
Non sfugge a nessuno che c´è una grande differenza tra una richiesta degli Usa di poter utilizzare spazio aereo e basi nazionali e la concessione di questa disponibilità. Affermare questa disponibilità é una prerogativa del Parlamento.
Ma c’è una seconda questione, che riguarda un errore di impostazione: in questo momento bisogna fare tutto quanto è necessario per evitare il conflitto. Ci vuole un impegno più forte ed esplicito dell´Italia affinché venga perseguita fino in fondo la strada tracciata dall´Onu.
Mi riferisco alla risoluzione 1441 dell’ONU che ha un dispositivo che agisce su un doppio binario: da un lato, tramite la richiesta al governo iracheno di un rapporto sullo stato dei loro armamenti, dall´altro attraverso l´ispezione diretta degli inviati dell´Onu.
La comunità internazionale e l´Onu, a cui spetta la valutazione di merito sull´applicazione della risoluzione, non possono prescindere da entrambi i punti.
Non convincerebbe, quindi, un giudizio basato soltanto sul documento redatto dall´Iraq.
Se non si vuole che sia considerato un pregiudizio, bisogna aspettare, con fermezza ma anche con pazienza, l´esito del lavoro degli ispettori delle Nazioni unite, che sta procedendo con la massima collaborazione, così come veniva richiesto dalla risoluzione.
Insomma, siamo di fronte a una questione troppo importante per non andare fino in fondo sulla strada intrapresa.
Il dovere della comunità internazionale, e in particolare dell´Europa e dell´Italia, è di tenere aperto e di allargare lo spiraglio costituito dalla risoluzione, che consente, al contempo, di poter verificare l´effettivo disarmo dell´Iraq e di evitare la guerra.
La guerra costituirebbe un drammatico errore e comporterebbe molti rischi. Che si scateni un effetto domino, che si verifichi una rottura con i Paesi arabi moderati e che, quindi, si rafforzi il brodo di coltura nel quale si sviluppa il terrorismo internazionale.
L´amicizia e la lealtà nei confronti degli alleati non possono essere scambiati con un´assoluta remissività e con una supina acquiescenza.
Un atteggiamento del genere non gioverebbe né oggi né domani a garantire la sicurezza e la pace.
So che il sentiero è stretto, molto stretto, ma è possibile assicurare insieme sicurezza e pace, che non sono due elementi in contraddizione tra di loro.
 
|