15 Settembre, 2002
Guido Miglioli, biografia
Nato a Pozzaglio (Cr) nel 1879-deceduto a Milano nel 1954
GUIDO MIGLIOLI
Biografia
nato a Pozzaglio (Cr) nel 1879-deceduto a
Milano nel 1954.
Guido Miglioli nacque a Pozzaglio nel 1879
da una famiglia di fittabili, che gestivano
in affitto un'azienda agricola, di medie
dimensioni, con alcuni salariati.
Guido Miglioli scrisse alcune opere sul sindacalismo
contadino fra cui possiamo ricordare: Le
leghe "bianche" nel Cremonese,
Guido Miglioli e il movimento contadino,
No guerra, ma terra! Guido Miglioli: una
vita per contadini.
Miglioli, durante la sua infanzia e adolescenza,
fu colpito da molti episodi, che riguardavano
la vita dei contadini e dei campi, in particolare
ricordava che sua madre assisteva molte famiglie
e contribuiva all'educazione di molti bambini
che abitavano nella sua cascina.
Era quel tipo di assistenza che molte famiglie
cristiane di imprenditori riservavano nei
confronti delle famiglie dei salariati secondo
le vecchie tradizioni della bontà e della
generosità cristiana.
Miglioli fu l'animatore delle leghe cattoliche
contadine; dal 1913 al 1923 fu deputato del
Partito Popolare.
Con l’avvento del partito fascista al potere
fu costretto all'esilio.
Guido Miglioli morì a Milano nel 1954.
Le tre tappe del sindacalismo contadino
L'opera sindacale di Miglioli potrebbe essere
divisa in tre filoni principali: il primo,
forse il più importante per potere definire
il "credo migliolino" , giunge
fino all'anno 1926, anno in cui Miglioli
è costretto ad espatriare; il secondo raggruppa
tutta l'esperienza internazionale del politico
che, nel periodo dell'esilio, sfrutta la
forzata occasione per osservare le condizioni
del proletariato rurale di altri paesi;
Il terzo, infine, può essere ricondotto all'attività
svolta a favore della Costituente della terra
ed al confronto diretto con il tema della
riforma fondiaria.
Le parole d'ordine del credo migliolino sono
essenzialmente due: compartecipazione agli
utili ed affittanze collettive per cercare
di creare cooperative.
Un problema assai grave, che diviene ben
presto motivo di scontro tra sindacalisti
di origine cattolica e marxista, era costituito
dalla retribuzione dovuta all'operaio agricolo.
Per Miglioli era necessario ridurre il salario
monetario e far partecipare l'operaio agli
utili dell'azienda, così il contadino, legato
all'azienda, non sarebbe stato estraneo al
processo produttivo. Questo fu il principio
al quale si ispirò il movimento delle leghe
bianche miglioline.
A queste idee fu estremamente sensibile il
mondo contadino, ma purtroppo, non fu mai
applicato concretamente perchè la sinistra
cercò sempre di perseguire una politica sindacale
che previlegiasse il salariato fisso.
L'Italia, con lo scoppio della prima guerra
mondiale, subì una grave crisi economica
e politica.
Occupandoci del settore agricolo, dobbiamo
precisare che moltissimi agricoltori furono
mandati al fronte e, a causa della mancata
preparazione militare e delle inadeguate
innovazioni tecnologiche delle armi, moltissimi
agricoltori ed operai morirono. Alla fine
del primo conflitto mondiale, la campagna
si trovò senza uomini in grado di coltivare
la terra, le condizioni economiche, igienico
- sanitarie delle famiglie erano disastrose,
ed inoltre i grandi latifondisti diventarono
ancora più potenti ed opportunisti nei confronti
delle famiglie dei contadini.
Tutto questo si verificò in tutta Italia,
ma nell'agricoltura padana dobbiamo ricordare
che le donne, per poter sfamare i bambini
e non morire di fame, dovettero andare anche
loro a lavorare nei campi, diventarono anche
loro delle braccianti agricole.
Il salario delle donne era bassissimo, 20
- 30 centesimi l'ora.
Nel primo dopoguerra in Italia avvennero
grandissime speculazioni con ancor più forti
conseguenze all'economia del paese.
Accaddero anche fatti scandalosi alle famiglie
di operai agricoli rimaste prive di uno o
più congiunti.
Venne vietato al conduttore dell'azienda
di ritenersi libero da ogni vincolo nei confronti
della famiglia che, già da tempo, non aveva
notizie del proprio congiunto sotto le armi
risultando quindi disperso; questo provvedimento,
però, non sempre fu rispettato.
Dobbiamo ancora sottolineare come Miglioli
cercò di trovare soluzioni per evitare che
venissero a crearsi grandi latifondisti.
Nel 1919 infatti Miglioli intervenne, con
molteplici pubblicazioni, sul giornale "
L'Azione " , per incitare i piccoli
agricoltori a continuare a coltivare la terra
e a non venderla, altrimenti si sarebbero
formati grandi latifondisti sempre più potenti
e più egoisti nei confronti dei contadini.
Questo invito fatto da Miglioli venne ascoltato
solo in Lombardia, dove gli agricoltori non
cedettero la terra e venne sollecitato un
incremento della produzione, offrendo dei
premi con valori monetari di 1000 lire.
Miglioli denunciò sul giornale "L'Azione"
il problema cosiddetto di S.Martino: con
lo scadere dei contratti di lavoro dei salariati,
vi fu una corsa dei più potenti a individuare
zone per l'acquisto, questo causò un aumento
a dismisura dei prezzi riguardanti l'affitto
e la compravendita.
Tutti gli agricoltori e coltivatori, che
tornarono dal primo grande conflitto mondiale,
trovarono nelle campagne situazioni disastrose
perchè i propri terreni furono mal coltivati
e molteplici stalle non ospitavano il bestiame;
incominciarono le prime proteste nazionalistiche
perchè molte promesse, che erano state fatte,
non furono rispettate.
In questo periodo, molto turbolento, nacque
il Partito Popolare Italiano ( gennaio 1919
) a cui Miglioli decise di aderire.
Il programma del P.P.I. era suddiviso in
dodici punti che principalmente riassumevano
le questioni relative ai problemi sociali,
economici, della terra e una riforma tributaria
generale e locale, sulla base della imposta
progressiva globale con l'esenzione delle
quote minime.
Il P.P.I. si presentava al Paese come un
partito democratico, nel cui programma includeva
anche la libertà e l'indipendenza della Chiesa.
Nel primo congresso del P.P.I. Miglioli espose
delle tesi che, però non vennero bene accolte,
di conseguenza, Miglioli decise di ritirarsi.
In questo stesso periodo nacquero movimenti
di destra, tra cui i Fasci italiani di combattimento,
con a capo Benito Mussolini.
Altre tragiche conseguenze derivarono dalla
guerra le quali peggioravano la vita del
popolo perchè, come possiamo immaginare,
vi era una carenza di viveri e uno sfrenato
aumento dei prezzi.
Miglioli e L'Azione riescono ad ottenere
le otto ore di lavoro giornaliere per i lavoratori
della terra e per quelli del settore metallurgico.
L'esperienza di Miglioli si concluse con
l'avvento del fascismo nell'anno 1920.
Il programma strutturato dai fascisti nell'anno
1919 non comprendeva nessun accenno alle
problematiche rurali e, per questo lo modificarono
così potevano avere un appoggio dalla popolazione
contadina.
A Cremona operava uno dei più importanti
fascisti, Farinacci.
Nelle campagne incominciarono gli studi per
abolire la figura del salariato, per potere
formare delle strutture di gestione della
terra sotto forma di associazioni.
L'opera di Guido Miglioli è stata una posizione
di rivoluzionismo cristiano ideologicamente
confusa, ma politicamente chiara.
La sua ideologia era di formare un programma
sindacale strutturato in modo tale di formare
un uomo libero in un Paese socialmente rinnovato.
Come si è gia detto, la situazione politica
italiana del primo dopoguerra era molto confusa,
la crisi sociale ed economica era molto forte
anche in Italia.
Miglioli nel 1927, a causa del regime fascista,
andò in esilio nell' U.R.S.S. dove, per tutto
il periodo dell'esilio, si occuperà del proletariato
rurale internazionale e porterà a compimento
la stesura di gran parte della sua opera.
Finito l'esilio, Miglioli cercò di iscriversi
alla Democrazia Cristiana, ma fu seccamente
rifiutato.
Miglioli, Grieco ed altri esponenti della
Costituente della terra, studiarono i programmi
da attuare per guidare il movimento contadino
nel secondo dopoguerra.
Questi programmi si possono raccoglire nei
seguenti punti:
- partecipazione del lavoro contadino alla
gestione dell'azienda;
- limitazione dell'estensione della proprietà
terriera e dell' espropriazione dell' eccedente,
come premessa alla trasformazione agraria
e allo sviluppo della produzione;
- assistenza economica e tecnica, da parte
dello Stato, alla piccola e media proprietà
e alla cooperazione;
- riforma e regolamentazione a livello nazionale
dei contratti agrari, al fine di dare ai
contadini stabilità sulla terra, migliore
compenso e sicurezza economica.
Nel 1948 vi fu la sconfitta politica di Miglioli
nel fronte popolare e incominciò un cauto
avvicinamento agli uomini della DC.
Dunque da quanto si è potuto capire, Miglioli
si occupò estremamente del campo agricolo.
Bandiere bianche nelle campagne (1945)
Fu dalla primavera del 1920 all’autunno del
1922, che si spiegarono le grandi agitazioni
agrarie.
Esse si accesero, prima, nella Romagna e
nell’Emilia, per opera delle organizzazioni
socialiste; si ampliarono e si intensificarono
poi, dietro la guida delle organizzazioni
cristiane, specialmente nella Lombardia,
Toscana e Veneto.
Mentre quelle miravano soprattutto all’aumento
dei salari, queste, pur non trascurando la
questione salariale, si proponevano una soluzione
più radicale del problema contadino.
I mezzadri ed i coloni aspiravano alla liquidazione
della mezzadria e della colonia parziaria,
mentre i piccoli fittabili, coltivatori diretti,
cercarono di assicurare ed affrettare il
loro accesso alla proprietà.
Fatto culminante della gigantesca lotta,
quello costituito dall’agitazione dei salariati;
esso ebbe il suo centro nelle terre dell’Alto
Cremonese.
Questa era, dunque, la terra designata per
un nuovo esperimento, poiché i contadini
" bianchi " specie i giovani e
i reduci della guerra, con una dignità e
personalità nuove, non si accontentavano
più di aumenti salariali, che erano l’obbiettivo
principale dell’azione socialista.
Essi volevano guadagnarsi una nuova posizione
giuridica e morale nell’azienda, dove versavano
il loro sudore, e perciò fecero propria questa
parola d’ordine lanciata dalle organizzazioni
cristiane: "agricoltore non più padrone;
il contadino non più salariato".
Alla provocazione padronale, che era giuridicamente
la rottura di un contratto, disposero i contadini
con l’occupare le terre, legittimando tale
fatto come un loro diritto a "gestire"
essi, provvisoriamente, le aziende, data
l’inadempienza contrattuale dell’altra parte.
In tal modo l’occupazione avvenne pacificamente.
Bandiere bianche si issarono su tutti i cascinali,
dai quali gli agricoltori si allontanavano.
Essi pensavano che quei poveri paria non
sarebbero stati capaci di procedere nella
conduzione e che gli avrebbero quindi richiamati.
Illusione! Il nostro contadino, specialmente
in quello giovane si trasformò.
Costituito in ogni cascinale un "consiglio
di cascina", per la direzione e l’amministrazione
dell’azienda, nel momento difficile delle
semine autunnali, queste si effettuarono
come non era avvenuto mai.
Furono inventariati tutti i capitali e i
contadini stessi escogitarono un modulo di
contabilità agricola, che nessun agricoltore
aveva mai pensato.
L’agrarismo, che aveva trovato il suo appoggio,
oltre che nella stampa fascista, anche negli
organi liberali sentì il colpo.
Cercò di reagire sul terreno politico, ma
non gli riuscì.
Promosse tentativi di accomodamenti, evidentemente
sfavorevoli a quanti contadini volevano conseguire
e di cui si facevano sempre più degni, con
il loro comportamento deciso e serio e con
un lavoro agricolo che suscitava ammirazione,
ma anche quei tentativi fallirono.
Così, davanti alla prospettiva di non potere
tornare nelle aziende e di non potere ricorrere,
con certezza di esito, alla violenza, alla
quale venivano spronati da diverse pari,
gli agricoltori si piegarono ad accettare
la proposta governativa di un arbitrato.
... il dott. Antonio Bianchi fissò un lodo
che si chiamò "Lodo Bianchi", quello
che costituì il fatto sociale più rivoluzionario
del dopoguerra: "l’abolizione del salariato
agricolo ed il diritto dei contadini a diventare
i gestori delle aziende".
Era il 10 agosto 1921, quasi nove mesi dall’occupazione
delle terre.
Incomincia così un'altra fase della lotta
dei contadini, la quale durò un anno intero,
fino all'autunno del 1922.
L'agrarismo era divenuto una cosa sola con
il fascismo; non solo, ma fascismo ed agrarismo
alleati avevano ottenuto la solidarietà tanto
del liberalismo conservatore e della sua
stampa, quanto della stessa democrazia e
del riformismo borghesi.
BIBLIOGRAFIA
- " Primo Mazzolari ( biografia e documenti
) " di Carlo Bellò.
- " Geremia Bonomelli " di Carlo
Bellò.
- " Il sindacalismo contadino di Guido
Miglioli nelle pagine de L'Azione ( 1918
- 1919 ) " di Paola Baldini.
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Dicono di lui
Angelo dei contadini
o bolscevico cattolico?
A sessant’anni dalla morte di Guido Miglioli.
Il suo ruolo nel cattolicesimo democratico,
in particolare nelle lotte contadine
di Franco Leonori
In questi giorni, sessant’anni fa, nella
clinica Capitanio di Milano, cessava di vivere
Guido Miglioli, uno dei personaggi più discussi
e più esaltanti del cattolicesimo democratico
italiano, legato a battaglie che affondano
le loro radici all’inizio del secolo scorso
nel momento in cui i cattolici cominciavano
in qualche modo a diventare protagonisti
della vita politica italiana.
Basterebbero i nomi coi quali si cercò di
caratterizzare questo singolare e complesso
personaggio – l’angelo dei contadini, il
cattolico populista, l’antifascista irriducibile
o il bolscevico bianco – per rendersi conto
di come Miglioli fu un uomo che lasciò, indubbiamente,
un segno nella politica italiana e anche
in quella internazionale. Non so quanto,
nel ricordarlo, io possa essere obiettivo,
visto che dall’inizio del 1946 (subito dopo
lo scioglimento della Sinistra cristiana
della quale ero stato un attivo dirigente)
fui per otto anni, fino alla sua morte, per
sua scelta, il suo segretario particolare.
Questa scelta caratterizza un certo candore,
una certa singolare onestà del personaggio.
Pure essendo stato a lungo parlamentare e
dirigente politico, a causa di un lungo e
sofferto esilio Miglioli era sostanzialmente
povero. Mi ricordo che spesso viaggiava in
treno di notte (gratuitamente per i suoi
trascorsi parlamentari) per evitare le spese
dell’albergo. A me che l’avevo conosciuto
durante le vicende della Sinistra cristiana,
disse: «Vorrei tanto che tu mi aiutassi sul
piano politico, ma non ho i soldi per pagarti».
Fu proprio questo che mi fece decidere!
Ma tornando alle lontane battaglie di Guido
Miglioli, va detto che il suo ruolo nel cattolicesimo
democratico e in particolare nelle lotte
contadine, nella formazione di quelle che
furono chiamate le Leghe bianche, fu fondamentale.
Miglioli era nato nel 1879 a Casalsirone,
un paesino del Cremonese. In quella zona
iniziò a svolgere le sue battaglie nel mondo
contadino. Furono battaglie coraggiose e
decisive che, alla fine, portarono al famosissimo
“lodo Bianchi”, prima grande conquista contrattuale
e sindacale nel mondo contadino fatta dai
cattolici attraverso un tentativo di accordo
con tutte le altre forze sindacali.
Ma queste battaglie sindacali si unirono
anche alle precoci e importantissime battaglie
politiche dei cattolici democratici in una
fase, quella prima della guerra, nella quale
per i cattolici stessi era purtroppo vigente
il non expedit, la non partecipazione a una
attiva vita politica, attenuata dal Patto
Gentiloni che cercava, in qualche modo, di
trovare una strada per questa partecipazione.
Tra i tanti elementi importanti di queste
battaglie mi soffermerò su un episodio legato
allo sviluppo dell’Unione popolare, organismo
politico dei cattolici, e all’attività della
Democrazia cristiana di origine murriana.
Al Congresso di Modena, tenutosi dal 9 all’11
ottobre del 1910, ci fu un’ala sinistra capeggiata
da Miglioli, seguito da don Sturzo, Bertini,
Chiri, Cecconelli e Colombo, che ottenne
pieno successo con le sue mozioni che gettavano
le basi per una futura azione politica autonoma
dei cattolici italiani. E Alcide De Gasperi,
sul giornale Il Trentino del 16 novembre
del 1910, sottolineava l’importanza di questi
interventi.
Su questa base Guido Miglioli, giovandosi
appunto del Patto Gentiloni, di una certa
apertura alla possibilità per i cattolici
di far politica, fu eletto deputato nelle
elezioni del 1913, con un grandissimo suffragio
che gli derivava in modo particolare dal
suo radicamento nel mondo contadino, specialmente
quello della Val Padana, e dalla sua posizione
di avanguardia nel cattolicesimo democratico.
È noto come, nel Parlamento, egli svolgesse
un’azione incessante sul piano delle rivendicazioni
del mondo contadino, ma anche una durissima
e molto contrastata azione neutralista di
fronte all’ipotesi della guerra che lo fece
oggetto di pesanti contestazioni.
Partecipò, insieme a Sturzo e a De Gasperi,
alla fondazione del Partito popolare, e anche
in quel frangente egli fu da un lato contrastato
dai cattolici moderati e dall’altro entusiasticamente
appoggiato da quelli progressisti. Basterebbe
pensare a quello che accadde al primo Congresso
del Partito popolare, a Bologna.
Eletto in Parlamento per il Partito popolare,
Miglioli proseguì la sua battaglia sul piano
politico e sindacale, da un lato guidando
l’ala sinistra del partito, e dall’altro
schierandosi, sin dall’inizio, contro ogni
collaborazione con il fascismo: nel momento
del suo avvento, fondò infatti insieme ad
altri due parlamentari della sinistra popolare,
Donati e Ferrari, il giornale Il Domani d’Italia,
che sarà fino all’ultimo profondamente antifascista.
La sua vita nel Partito popolare fu molto
contrastata, ma la sua popolarità raggiunse
l’apice al Congresso di Venezia, dove registrò
un successo quasi trionfale.
La sua posizione intransigente però lo mise
(specialmente a causa del rapporto tra popolari
e fascismo e a causa dell’allontanamento
di Sturzo e degli atteggiamenti filofascisti
della Curia) ai margini del partito, dal
quale fu estromesso. I fascisti lo perseguitarono,
gli distrussero lo studio e lo malmenarono.
Nel Natale del 1926 Miglioli fuggiva in Svizzera.
Con lo scioglimento del Partito popolare
e il consolidamento della dittatura fascista,
Miglioli fu, dopo l’allontanamento di Sturzo,
uno dei tre grandi esuli del Partito popolare
stesso: Ferrari, Donati e lui, proprio i
tre che avevano fondato Il Domani d’Italia.
In Italia i popolari furono ridotti al silenzio
e De Gasperi finì in carcere.
Ma il ruolo dei popolari in esilio fu molto
diverso, visto che Miglioli, spinto anche
dai suoi orientamenti in campo contadino,
si legò profondamente all’Internazionale
contadina, che era di fatto sotto il controllo
dell’Unione Sovietica. Pur con una profonda
autonomia politica e con una seria polemica
sulla mancanza di libertà, specie di quella
religiosa, stabilì profondi legami con l’Unione
Sovietica dove si recò più volte scrivendo
anche un famoso saggio sulla collettivizzazione
delle campagne sovietiche. Queste posizioni
lo allontanarono da una parte dell’antifascismo,
specie da quello cattolico, ma non impedirono
che egli fosse perseguitato, che finisse
più volte in carcere e che alla fine, catturato
dai fascisti, fosse mandato per lungo tempo
al confino.
Al confino avvenne un suo primo incontro
con una persona che poi gli fu particolarmente
vicina, sia come medico che come amico, pure
in una distinzione politica abbastanza seria.
Questa persona era Adriano Ossicini che lo
andò a trovare a Pescopagano. Ossicini aveva
già incontrato al confino un altro popolare,
il clericofascista Martire, che, nonostante
le sue posizioni d’estrema destra, fu condannato
per la sua ribellione contro le leggi razziali.
Adriano Ossicini rimase ammirato per le coraggiose
battaglie di Miglioli nel mondo contadino,
ma dissentì sempre dalle sue posizioni che
riteneva venate, in generale, da un certo
populismo e scarsamente polemiche contro
lo stalinismo e contro le deformazioni del
comunismo sovietico.
Per questo quando, alla caduta del fascismo,
Rodano e Ossicini incontrarono Guido Miglioli
a Roma, presso l’albergo Milano, mentre il
primo sperava di poterlo convincere a entrare
nella Sinistra cristiana, il secondo, che
gli era amico, reputava questo invito un
errore.
Miglioli non voleva affatto entrare nella
Sinistra cristiana; desiderava entrare nella
Democrazia cristiana. Ne fece richiesta,
accettata dalla Democrazia cristiana di Cremona,
ma bocciata da De Gasperi e dalla Dc a Roma.
Miglioli rimase profondamente scosso da questo
rifiuto e, per non rimanere isolato anche
nelle sue battaglie nel mondo sindacale,
si avvicinò sempre più in questo campo ai
comunisti. Di grande interesse fu, alla fine
del 1946, un suo lungo dibattito giornalistico
con don Mazzolari sui problemi legati ai
rapporti non solo politici tra cattolici
e comunisti.
La sofferenza per il rifiuto di De Gasperi
lo segnò profondamente sul piano politico
e umano, ma ciononostante non aprì mai su
questo una aperta polemica. Ricordo che Ossicini,
una volta, domandò a De Gasperi perché aveva
rifiutato l’ingresso di Miglioli nella Democrazia
cristiana. De Gasperi gli rispose: «Mi sono
opposto sia all’ingresso di Miglioli che
a quello di Martire, non perché Martire fosse
stato clericofascista» infatti aveva poi
pagato la sua posizione contro il razzismo
con tre anni di duro confino «né perché Miglioli
era stato nell’Internazionale contadina.
Erano due protagonisti che caratterizzavano,
come tali, due posizioni estreme, polemiche,
a destra e a sinistra, incompatibili con
il complesso equilibrio dell’unità dei cattolici».
Miglioli, a differenza di Ossicini che, come
del resto don Sturzo, ne temeva i rischi
religiosi, reputava l’unità dei cattolici
assolutamente giusta, ed era del tutto insensibile
a questi rischi. La sua preoccupazione, invece,
era legata al fatto che questa unità, che
riteneva politicamente vincente, potesse
favorire il prevalere nella Democrazia cristiana
dell’ala moderata. In questo senso ci consigliò
– e in particolare consigliò sempre Ossicini,
che per ovvie ragioni rifiutò – di entrare
nella Democrazia cristiana per rafforzarne
la sinistra. Dava la stessa indicazione fornita
da Togliatti a Rodano che... la rifiutò entrando
invece nel Partito comunista!
È emblematica questa polemica, perché caratterizza
la complessità e anche certe contraddizioni
delle posizioni politiche di Miglioli. In
mia presenza, Miglioli disse un giorno a
Ossicini: «Mi è difficile essere d’accordo
con te, perché tu hai, a mio avviso, due...
“deviazioni”: quella di sopravvalutare i
rischi religiosi dell’unità dei cattolici
e quella di una polemica rigida, senza alcuna
comprensione di certe difficoltà, contro
Stalin e l’Unione Sovietica».
Questa critica alle “deviazioni” di Ossicini
risulta chiara in una affettuosa dedica che
Guido Miglioli scrisse inviando, il lunedì
di Pasqua del 1954, una copia del suo libro
Con Roma e con Mosca alla mamma di Adriano,
Bianca, che era stata una fervente “migliolina”
nel Partito popolare (a differenza del padre
di Ossicini, Cesare, che era stato, come
affermò Miglioli, «un tenace sturziano»).
Questo è il testo della singolare dedica:
«Alla “mamma Bianca”, che trova il conforto
contro le “deviazioni” figliali nel ricordo
purissimo di Venezia, nella speranza che
arde sempre nell’anima cristiana di procedere,
attraverso l’amore, a ogni superiore conquista:
ecco il pensiero di queste pagine tormentate
e tormentatrici, che mi riaffermano nel cuore
degli anziani e in quello dei giovani della
progenie di “Cesare”».
La fase finale delle battaglie politiche
di Guido Miglioli è nota. Il suo avvicinamento
sempre più impegnativo alle lotte dei socialisti
e dei comunisti, specie sul piano sindacale,
l’autorevole partecipazione con essi alla
“Costituente della terra” e, alla fine, la
sua adesione (con il Movimento cristiano
per la pace, da lui fondato) alle battaglie
del Fronte democratico popolare.
Tutto questo non solo l’allontanò decisamente
da un retroterra politico tradizionale e
da molte sue amicizie, ma gli procurò una
dura polemica anche con Ossicini, che, proprio
a Bologna, nel dicembre del 1947, durante
l’assemblea costitutiva del Fronte democratico
popolare, denunciò pubblicamente questo Fronte
come un errore politico e disse a Miglioli
che ancor più era un errore un evanescente
Movimento cristiano per la pace e che entrambi
sarebbero stati duramente sconfitti.
Tutto questo puntualmente si verificò e uno
dei più autorevoli parlamentari italiani,
Miglioli appunto, non entrò in Parlamento
perché al suo posto furono eletti degli anonimi
funzionari di partito socialisti e comunisti!
Questa sconfitta segnò duramente Miglioli
sul piano politico e personale e avviò il
suo declino. Egli seguitò ad avere contatti
da un lato, a Milano, con la sorgente corrente
della “Base” della Democrazia cristiana legandosi
su un piano di amicizia con Granelli e con
Mancora, e dall’altro con un suo amico personale
di tante battaglie, Ruggiero Grieco; dichiarò
più volte però che ormai nella realtà italiana,
egemonizzata da una politica centrista e
con il tipo di polemica dell’opposizione
che egli non condivideva, un suo ruolo purtroppo
non trovava spazio. Di grande interesse è,
in questo senso, un lungo carteggio con Grieco
– contenente una argomentata polemica sui
problemi dei contadini della Val Padana –
pubblicato successivamente dall’onorevole
Zanibelli.
Alla fine, una durissima malattia, un terribile
cancro all’esofago, lo tenne per lunghi mesi
degente a Milano nella clinica Capitanio.
Ricordo che a un certo punto espresse il
desiderio, prima di morire, di incontrarsi
con l’antico amico Alcide De Gasperi, il
quale, nell’estate del 1954, dopo il Congresso
di Napoli, prima di tornare nel suo Trentino,
si fermò a Milano.
Fu un incontro non solo commovente, ma, come
è noto, di grande rilievo politico. Miglioli
si doleva per il fatto che a Napoli, oltre
alla presidenza del Consiglio, De Gasperi
avesse perduto la segreteria del partito.
De Gasperi rispose che, al di là dei fatti
personali, questo non avrebbe modificato
il ruolo della Democrazia cristiana, che
sarebbe stata egemone ancora in Italia per
alcuni decenni. Lamentò però che i partiti
si stavano burocratizzando e ampliando in
modo tale da avere bisogno di un impegno
rischioso sul piano delle spese.
De Gasperi morì poco dopo. Miglioli concluse
la sua esistenza alla fine di ottobre del
1954. Forse in conclusione si può ricordare
una sua affermazione, dal testamento spirituale
che mi ha allora consegnato. In sostanza
Miglioli sosteneva che la decisiva importanza
delle battaglie nel mondo contadino andava
oltre la difesa dei contadini stessi, ma
indicava un impegno nel quale, in qualche
modo emblematicamente, questa difesa significava
la difesa della natura, decisiva per la condizione
umana, e che solo la difesa della natura
poteva essere l’antitesi di ogni forma di
guerra. Il suo appello finale fu «Terra,
non guerra!».
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Protagonista delle lotte contadine degli
Anni Venti, perseguitato dai fascisti, ebbe
finanche un difficile e controverso rapporto
con De Gasperi.
Al nome di Guido Miglioli sono legate le
attività delle leghe bianche e dal suo nome
derivò quello di un movimento, il migliolismo.
Cattolico convinto, uomo di grande fede,
fu a Mosca per una conferenza dal titolo
"Chiesa cattolica fattore morale, sociale
e politico nella vita internazionale".
Guido Miglioli
(di C. Corghi, a cura di A. Nesti)
Nel maggio 1968, nella prefazione al libro
di Leonori No guerra ma terra, scrissi che
nel dicembre 1954 avevo sostato sulla tomba
di Miglioli nel cimitero di Soresina come
omaggio doveroso di un consigliere nazionale
della DC a un grande combattente cristiano
per la giustizia nel mondo contadino.
Ricordai che De Gasperi in viaggio in auto
per la sua Valsugana aveva voluto fare una
sosta a Milano per visitare Guido Miglioli
degente alla “Beata Capitanio” dopo circa
otto anni dall’ultimo incontro, quando De
Gasperi gli comunicò il rifiuto alla sua
domanda di iscrizione alla DC.
In quella visita fra due personaggi ben presto
avviati alla morte, sarà stato ricordato
quel triste commiato da Roma di De Gasperi
avvenuto quaranta anni prima con l’unico
parlamentare, il Miglioli, che lo aveva accompagnato
alla stazione.
Ambedue non volevano una guerra che fu terribile
per contadini e operai da ambo le parti.
Si ritrovarono nel Partito Popolare, poi
furono divisi dalla reazione fascista.
Morì prima De Gasperi e Miglioli scese con
grande sforzo nella cappella della clinica
per assistere alla Messa di suffragio. Lo
raggiunse la morte il 24 ottobre 1954 e volle
essere sepolto accanto ad un contadino “migliolino”
che era caduto al suo fianco in nella lotta
del 1921.
Da giovane avvocato era divenuto seguace
di Murri e aveva fatto suo l’indirizzo democratico-cristiano
per l’entrata dei cattolici nella vita politica.
Diede avvio alle Leghe Bianche nel primo
decennio del ‘900 per il miglioramento dei
livelli di vita dei contadini. Divenne con
Sturzo l’ala sinistra dell’Unione Popolare
che seguì alla soppressione dell’Opera dei
Congressi. Vescovo di Cremona era Geremia
Bonomelli che approvò, su indicazioni di
Miglioli, la partecipazioni dei lavoratori
cattolici alle manifestazioni del 1° maggio.
Fu contro la guerra libica e contro ogni
colonialismo. Era stato eletto deputato nel
1913 in posizione antigiolittiana. Quando
si determinarono i presupposti per il primo
conflitto mondiale si batté per il neutralismo
trovandosi accanto De Gasperi sostenitore
di trattative tra Austria e Italia. In questa
lotta contro la maggioranza nazionalista,
Miglioli fu in sintonia con i socialisti
in nome delle masse contadine cattoliche.
Nel 1919 ottenne per i contadini cremonesi
le otto ore di lavoro e indicò una nuova
meta: "La terra a chi lavora!".
Raggiunse il Patto di Parma con molti scioperi
(1920) per la trasformazione del patto colonico
a salario a struttura associativa, come prima
pietra per la riforma agraria. Ma con l’aiuto
violento delle squadre fasciste gli agrari
violeranno il patto, allora Miglioli lancerà
i contadini alla conquista della terra e
la formazione del consiglio di cascina.
Al primo congresso dei popolari chiese la
sostituzione della denominazione del partito
in partito del proletariato cristiano. Mentre
il fascismo assumeva tutto il potere nell’aprile
del 1923, dopo il congresso di Torino del
PPI, iniziava l’esilio per molti suoi dirigenti
e l’espulsione dal partito di coloro che
erano defluiti nella collaborazione con i
fascisti.
Miglioli fu accanto a Gramsci per una organica
unità di resistenza al fascismo e pertanto
venne espulso dal partito nel gennaio del
1925. Aderì alla Internazionale Contadina,
esule in Francia partecipò al primo congresso
internazionale antifascista a Berlino nel
1929. Nella seconda metà degli anni trenta
Miglioli tenne a Mosca nella sala rossa del
Cremlino una relazione sulla “Chiesa cattolica
fattore morale, sociale e politico nella
vita internazionale” illustrando l’opera
di pace dei pontefici.
Occupata la Francia i tedeschi arrestarono
Miglioli e lo consegnarono alla polizia fascista
che lo confinò. Liberato con la caduta del
fascismo, dopo l’8 settembre venne catturato
e subì un processo dall’onnipotente ras di
Cremona Roberto Farinacci e da don Calcagno
esaltatore della repubblica di Salò.
Si dedicò alla Costituente della terra e
al Movimento cristiano per la pace. Nel gennaio
1951 a Modena si tenne l’assemblea della
Avanguardia cristiana con la partecipazione
di don Mazzolari e di Miglioli. Io ebbi modo
di seguire i lavori dell’assemblea che ebbe
un pesante seguito con la rinuncia per don
Mazzolari della direzione del periodico ADESSO
e la proibizione di predicare al di fuori
della propria parrocchia di Bozzolo.
A molti Miglioli sembrò un agitatore ma chi
lo conobbe e poté constatare non solo l’acuta
intelligenza ma anche la sua profonda fede
religiosa, e chi ricostruì la sua sofferta
vita politica vide in Guido Miglioli un testimone
della redenzione cristiana e democratica
del mondo contadino del tempo.
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Il rapimento di Miglioli
Nell'aprile del 1944 Farinacci fece rapire
a Milano da una squadra dei suoi fedelissimi
Guido Miglioli.
Miglioli non era uno che rispettava le regole
della clandestinità, per cui dal rifugio
dove si trovava, e dove stava lavorando al
libro Con Roma e con Mosca, comunicava con
i suoi "amici" di Cremona, Soresina
e Castelleone quasi regolarmente.
Non fu quindi difficile ai fascisti individuare
il rifugio, farlo uscire con uno stratagemma,
caricarlo a forza su una automobile e portarlo
a Cremona davanti a Farinacci, di cui praticamente
rimase prigioniero e ostaggio sino al 25
aprile 1945.
Si è scritto molto su questo fatto, sono
state avanzate molte supposizioni sui motivi
per cui Farinacci decise di sequestrare Guido
Miglioli e sulla posizione presa dallo stesso
Miglioli dopo il sequestro e soprattutto
dopo il colloquio che egli ebbe con Farinacci.
Ci sembra che almeno due questioni siano
abbastanza chiare.
Evidentemente Farinacci mirava ad ottenere
da Miglioli una adesione o una partecipazione
al governo fascista repubblichino, oltre
che ad avere nelle mani un ostaggio prezioso.
Se tale manovra avesse avuto successo avrebbe
dato due risultati: una mano di vernice al
programma sociale di Verona, soprattutto
per le questioni agrarie, e nel contempo
avrebbe creato confusione e divisioni tra
le forze cattoliche che avevano aderito alla
Resistenza.
Per quanto riguarda la posizione assunta
da Miglioli nel frangente in cui si trovava,
risulta con sufficiente chiarezza che, pur
manovrando, egli ebbe subito chiaro dallo
stesso colloquio con Farinacci che il ras
di Cremona era un uomo finito, come finiti
erano, e questo Miglioli lo sapeva da tempo,
il fascismo e il nazismo oramai duramente
sconfitti in Europa.
E infatti questo il senso e la sostanza del
manoscritto che Miglioli riuscì a far avere
ai suoi fedeli amici di Soresina, Gazzoni
e Maruti [4] , e da questi fatte conoscere
ai comunisti Ernesto Ghidoni (ex migliolino)
e Arnaldo Bera, con i quali da tempo i rapporti
erano di piena e completa intesa sul piano
della lotta contro il fascismo.
fonte: www.anpi.cremona.it
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* materiale raccolto ed organizzato da Gian
Carlo Storti , Cremona 23 febbraio 2006
 
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