Errori per lo più in buona fede. Famiglie ingannate dalla lettera della
Presidenza del Consiglio. Il presidente Olivero: «Norma discriminatoria e
informazione contraddittoria»
Roma, 19 aprile 2006 – Il Patronato Acli presterà la propria difesa
legale alle famiglie di immigrati coinvolte nella vicenda-beffa dei bonus bebè
previsti dalla Legge Finanziaria. La decisione presa per scongiurare il rischio
che eventuali conseguenze giudiziarie possano pregiudicare l’integrazione e la
permanenza in Italia di numerose persone, che in buona fede si sono recate agli
uffici postali a ritirare i 1000 euro destinati ai bimbi nati nel 2005.
Tramite il proprio ente di Patronato le Acli hanno potuto constatare come la
maggior parte di queste famiglie di immigrati sia stata indotta in errore da una
serie di informazioni ambigue e contraddittorie. A partire dall'invio della
lettera “personale”, da parte della Presidenza del Consiglio, a tutti i bambini
nati e residenti in Italia, a prescindere dall'essere o meno cittadini italiani,
con il modulo di autocertificazione allegato che portava già scritti i dati del
nuovo nato.
«Non si può non rimanere perplessi - afferma il presidente
nazionale delle Acli Andrea Olivero – di fronte al modo con il quale è stata
gestita tutta l'operazione bonus bebè da parte delle Istituzioni. Sarebbe
bastata l’indicazione di un semplice controllo, ad esempio, presso le Poste
Italiane, del documento d’identità di chi chiedeva il bonus per evitare che si
creasse questa situazione spiacevolissima. Sarebbe del resto ora che lo Stato
iniziasse ad affidarsi di più, anche in queste circostanze, agli Enti di
Patronato, che, riconosciuti dalla legge, operano quotidianamente nel campo
dell’immigrazione».
«Neppure si può tacere – continua Olivero – il carattere
discriminatorio della stessa norma che ha previsto il bonus, che taglia fuori un
numero significativo di famiglie, seppure straniere, ma regolarmente presenti in
Italia con casa e lavoro e oltremodo tra le più bisognose del bonus. Tanto più
che i bambini cui oggi viene negato il contributo, saranno italiani domani, al
compimento dei loro 18 anni. Come potremo giustificare ai loro occhi la nostra
discriminazione?»
In tal senso e per le considerazioni esposte le Acli, convinte che
l'integrazione dei futuri cittadini avviene attraverso la parificazione dei
diritti oltre che dei doveri, fin da ora intendono assumere, tramite il proprio
ente di Patronato, l'eventuale difesa legale a favore delle famiglie di
immigrati che, a fronte della restituzione dei 1000 euro, verranno denunciate
per aver rilasciato dichiarazioni mendaci nell'autocertificazione prodotta. Tale
tutela si rende necessaria anche per il rischio che una eventuale condanna in
sede giudiziaria possa avere come conseguenza l'arresto del percorso di
integrazione dei futuri nuovi cittadini italiani.