15 Settembre, 2002
2 giugno 1946 la seconda liberazione secondo Nonna Barbara di G.C.Storti
2 giugno '46 la seconda liberazione nei racconti di nonna Barbera e di altre testimonianze del tempo.
2 giugno 1946 la seconda liberazione secondo
Nonna Barbara
2 giugno '46 la seconda liberazione nei racconti
di nonna Barbera e di altre testimonianze
del tempo.
Il primo voto libero dopo la guerra.
Nonna Barbara, nel '46, aveva 51 anni essendo
nata infatti nel 1897. In quel mezzo secolo
aveva visto di tutto. Nascere il movimento
socialista, di cui suo padre era attivista.
Vide partire il suo " bel promesso sposo"
per la guerra del '15 , fortuna volle che
tornò nel '18 ma era cambiato , molto cambiato.
La felicità del matrimonio e della nascita
delle tre figlie durò poco perchè vide morire
il suo vecchio padre a causa delle botte
di quei violenti che si chiamavano fascisti.
Suo marito Annibale partecipò poi alla fondazione
del partito comunista d'Italia nel '21 e
con lui condivise tutto il periodo della
dittatura vantandosi di non aver mai lavato
e stirato una camicia nera. Raccolse viveri
per i partigiani, li ospitò nella legnaia
della cascina, vide partire gli ultimi tedeschi
con il viso triste verso la Germania, salutò
gli americani con una bandiera rossa e partecipò
alle grandi manifestazioni del 25 aprile
e del 1° maggio a Cremona ed il 2 giugno
1946 partecipò per la prima volta a libere
elezioni. Per anni continuò a ripetere che
quello fu il suo piu' bel giorno di tutta
la vita, ancor di piu' del matrimonio. Era
consapevole che votare, per una donna , era
un fatto storico che non poteva dimenticare
facilmente.
Alla fine di maggio del 1946 erano ancora
ben visibili i segni dei bombardamenti americani
: gente ammucchiata in precari alloggi di
coabitazione ricavati nelle ex caserme ,
famiglie in attesa degli ultimi militari
prigionieri, il ponte di barche sul Po ecc.
I fascisti, quelli che non erano scappati
, prudentemente, stavano in ombra e in silenzio,
i partigiani avevano preso il potere e comandavano
in comune e negli altri posti prima occupati
dai fascisti. Era stata una guerra dura che
per la prima volta aveva coinvolto i civili
quanto gli eserciti.
Sempre la nonna Barbera mi raccontava di
quando i partigiani, a Cremona, fecero sfilare
, per le vie del centro le " donne collaborazioniste"
del regime e dei fascisti, pelate e svergognate.
Non tutte erano puttane. Alcune solo delle
cameriere che avevano " servito"
il loro padrone fascista o tedesco fino alla
fine. Però diceva " l'odio accumulato
era tanto e non si facevano molte differenze".
Lei andava anche in chiesa e si ricordava
che le parrocchie erano ingombre di derrate
alimentari e vestiti smessi arrivati dagli
Stati Uniti e distribuiti con oculatezza
ai poveri, " quelli però che si confessavano"
, aggiungeva. Il marito invece frequentava
una sezione del PCI e ogni domenica di quel
mese di maggio tornava a casa sempre con
delle " carte" da distribuire ai
suoi compagni della cascina.
Le prime elezioni libere e la campagna elettorale
La campagna elettorale - che abbinava il
voto per l'assemblea costituente al referendum
monarchia/repubblica - si faceva nelle strade,
nelle piazze, nei mercati, nelle case chiedendo
consiglio ai più anziani che avevano vissuto
nell'Italia pre-fascista . I simboli e gli
slogan attaccati ai muri, i comizi - tutti
gremiti - erano l'aspetto più vistoso e nuovo
ma la propaganda vera era quella di centinaia
di attivisti che giravano casa per casa e
creavano momenti di discussione al mercato,
in piazza, nei bar. Nonna Barbara mi raccontava
anche di un gruppo di compagni di città (
forse del quartiere di San Bassano) che andavano
nelle cascine ad organizzare vere e proprie
sceneggiate con pro e contro, spesso così
realistiche da far rischiare le botte al
compagno che si prestava al ruolo di monarchico.
Mi parlava di forti discussioni nei bar anche
con qualche monarchico . Infatti la guerra
di liberazione aveva visto combattere insieme
i comunisti delle brigate Garibaldi, gli
azionisti di giustizia e libertà, i socialisti,
i cattolici , il fronte militare di fede
monarchica, tutti rappresentati nel Cln e
in contatto con gli alleati e con il governo
Badoglio; la democrazia cristiana aveva deciso
di lasciare "libertà di coscienza"
ai suoi elettori.
La parola ai giovani
Ma i principali protagonisti della campagna
elettorale furono i giovani, con la presenza
più visibile nelle manifestazioni di cartelli
fatti a mano, scritte fantasiose, bandiere,
canzoni.
Erano loro ad affiggere dappertutto i manifesti
con la colla casalinga, acqua e farina cucinate
da madri compiacenti, a fare le scritte di
vernice rossa o con la calce bianca . Spesso
la scritta " Viva la Repubblica "
era sbagliata ( mancava una " b")
ma si capiva lo stesso. Erano loro a distribuire
volantini, animare i dibattiti di strada
e a insegnare a votare. Alla generazione
che non aveva mai esercitato il diritto di
voto si aggiungevano gli anziani che lo avevano
dimenticato, molti dei quali analfabeti,
e infine le donne. Per la prima volta c'erano
donne in lista, per la prima volta, fra dubbi,
perplessità, sfiducia di molti progressisti,
tutte le donne italiane andavano a votare
e a loro si poneva, oltre al problema dell'orientamento
politico, quello dell'esercizio materiale
del voto. Furono proprio ragazzi e ragazze
a studiare i regolamenti e a spiegare ai
coetanei e ai più anziani, cominciando dalla
propria famiglia, «come si vota».
Mi raccontava di antifascisti riottosi che
insistevano per firmare la scheda «perché
io non ho paura di nessuno», repubblicani
decisi a cancellare con una croce il simbolo
degli odiati Savoia e soprattutto uomini
e donne che temevano di sbagliare, di confondersi,
di farsi vincere dall'emozione e chiedevano
di portarsi nella cabina un congiunto o un
compagno più preparato.
Per molti vi era l' amarezza di non poter
votare. Ragazzi di 19-20 anni appena scesi
dalle montagne dove avevano combattuto, comandato
formazioni partigiane, subito carcere e tortura,
ragazze che avevano rischiato la vita ogni
giorno portando armi, viveri e ordini nelle
borse della spesa, arrancando in bicicletta
fra un posto di blocco tedesco e un ponte
crollato, non accettavano facilmente di non
essere considerati idonei ad una operazione
semplice e non rischiosa come il voto, di
non essere chiamati a decidere sulla sorte
del paese che avevano liberato. Ma si votava
a 21 anni compiuti, bisognava rassegnarsi
a insegnare agli altri a votare ed aspettare
il turno successivo..
Alla fine la Repubblica vinse.
Arrivò così il 2 giugno e gli entusiasmi
si smorzarono in diffuso timore: come avrebbero
votato i vecchi? Come avrebbero votato i
cattolici? E le donne ritenute dal diffuso
maschilismo dell'epoca succubi di scrupoli
religiosi o pietistici? Come avrebbe votato
Roma ? E i carabinieri? Il nonno presidiò
il seggio, con altri, tutta la notte per
paura dei brogli dai quali qualcuno aveva
messo in guardia.
I risultati tardavano alimentando i peggiori
sospetti. Una voce maschile , dalla stessa
radio da dove si ascoltava " radio Londra"
finalmente lesse il comunicato liberatore:
la repubblica aveva vinto con poco piu’ di
due milioni di voti.
Fu come una seconda liberazione e nella cascina
Incrociatello ( dove oggi si erge un moderno
quartiere) si festeggiò tagliando un salame
e brindando con del vino bianco che qualcuno
aveva acquistato sul piacentino.
Gian Carlo Storti, 2 giugno 2006.
 
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