15 Settembre, 2002
Partito democratico, davvero
Rosy Bindi si candida alla segreteria nazionale del partito nuovo
Rosy Bindi, si è candidata alla guida del PD: è la prima volta che in Italia una
donna compete per la leadership di un grande partito, è un fatto storico per la
nostra democrazia.
Ha bisogno di 3000 firme nel giro di una settimana, cosa non semplicissima, ma
come avete certamente notato, il regolamento per le elezioni del 14 ottobre
"sembra" fatto apposta per avvantaggiare i candidati supportati dagli apparati di
partito a discapito degli altri.
Indipendentemente da come ognuno deciderà di votare alle primarie del 14 ottobre, è
importante, ulivista e democratico contribuire a rendere possibile questa
candidatura.
Scaricate i moduli per la raccolta delle firme dal sito www.ulivo.it
"Presentazione della Candidatura di Segretario Politico Nazionale".
Buon lavoro, il Partito Democratico vi ringrazierà.
Annamaria Abbate
***
Partito democratico, davvero
19 Luglio 2007
di Rosy Bindi
Partito democratico, davvero
Per un’Italia più libera, più ricca, più giusta
Il nostro cantiere democratico
Oggi presento la mia candidatura alla guida del Partito democratico. Lo faccio
con grande senso di responsabilità chiedendo a tanti di collaborare a questo
entusiasmante compito.
Non ho voluto offrire qui un programma né un manifesto, ma brevi riflessioni
lasciate volutamente aperte, perché a sostegno della mia candidatura non chiedo
soltanto una firma, ma contributi, esperienze e idee che arricchiscano questa fase
del nostro lavoro comune.
Nelle prossime settimane, attraverso incontri, convegni, siti internet e i
laboratori che si apriranno nei 475 collegi elettorali, potremo liberare le
energie di una vera fase costituente e portare, tutti insieme, a compimento il
programma per il Partito democratico.
Un partito nuovo
Abbiamo una grande ambizione: restituire dignità e autorevolezza alla politica.
Vogliamo farlo attraverso la costruzione di un partito nuovo.
Proprio nel momento in cui il sistema dei partiti appare screditato e i cittadini
sentono la politica distante, noi scommettiamo su un’idea nuova di partito e di
politica.
La società italiana è ferita, sono aumentate le disuguaglianze e si è allargata
la distanza fra i cittadini e le istituzioni. Qualcuno pensa che la risposta sia
l’antipolitica e l’alimenta attraverso un populismo mediatico e un nuovo
corporativismo sociale e geografico. E’ invece solo la politica, rimotivata e
adeguata alle nuove situazioni, che può davvero aiutare a risolvere i problemi e
restituire la voglia di futuro al Paese.
Un partito plurale
Il Partito democratico non sarà la semplice fusione dei partiti fondatori. Già
ora l’Ulivo è qualcosa di più. Per dar vita a un partito nuovo è necessario unire
le culture politiche della liberaldemocrazia, del cattolicesimo democratico e
della sinistra democratica, ma anche accogliere i tanti fermenti nati nel nuovo
secolo attorno ai temi della pace, della democrazia partecipativa, dello sviluppo
sostenibile e dei diritti.
Mentre quelli del Novecento erano partiti identitari perché rispondevano a
società culturalmente omogenee, oggi noi siamo chiamati a costruire un partito
plurale perché viviamo in una società caratterizzata dalla frammentazione etica
e culturale. Una frammentazione che si trasferisce nelle istituzioni, crea
conflitto al loro interno, paralizza le decisioni, e rischia di inibire l’azione
di governo.
Il partito plurale che dobbiamo costruire insieme deve quindi assumersi la fatica
e la responsabilità della sintesi, in modo da rendere le istituzioni libere dai
conflitti e capaci di decidere.
Un partito davvero plurale non è un partito che include una parte in un’altra,
non giustappone le diversità, non oscura le differenze. E’ invece capace di
affermare una forte identità in virtù di una sintesi autentica tra culture e
punti di vista diversi che devono continuare a vivere.
Un partito davvero plurale trova nella sintesi tra le tante tonalità presenti la
condizione indispensabile per essere unito e fare le scelte necessarie. E quanto
più quelle scelte appaiono innovative e coraggiose, tanto più è necessario
l’apporto di tutti.
Tutti hanno pari dignità, tutti hanno la responsabilità di offrire un contributo
che peserà e conterà in una decisione comune frutto di una sintesi più avanzata e
convincente del proprio punto di vista
Per questo motivo la collocazione internazionale del nuovo partito è una questione
fondamentale. Il Pd italiano ha l’ambizione di creare a livello europeo una casa
politica nuova per tutte le culture democratiche che devono attrezzarsi a
rispondere alle domande nuove di questo secolo: domande di giustizia, nuove
questioni poste dalla scienza, nuovi interrogativi etici e nuove sfide
antropologiche.
Nessuno disconosce il valore dell’esperienza socialdemocratica europea ma il mondo
è incalzato da nuove domande di democrazia, di libertà e di giustizia sociale alle
quali solo l’unità delle culture riformiste può dare a livello mondiale risposte,
portando ad unità percorsi e storie che hanno interpretato i valori democratici in
tutti i continenti. Noi non ci arrendiamo allo schema oramai ingessato del
Parlamento europeo.
Un partito democratico
A differenza di altre Costituzioni, (quella francese affida ai partiti un
semplice ruolo elettorale, quella tedesca li limita a strumenti di manifestazione
della volontà politica del popolo) l’originalità della nostra Costituzione è
quella di individuare nei partiti lo strumento a disposizione dei cittadini per
determinare la politica nazionale con metodo democratico. Questo strumento che
negli ultimi due decenni è stato depotenziato, fino ad essere delegittimato
dall’ultima legge elettorale fondata sull’idea implicita che l’unica relazione
tra potere politico e cittadini sia la tele-comunicazione, deve essere rinnovato.
I partiti sono una palestra insostituibile di democrazia per un Paese. Se
fallisce il metodo democratico dentro i partiti è a rischio anche la democrazia
nella società. Ciascuno di noi è chiamato ad un’innovazione radicale del proprio
modo di concepire il partito, la militanza, la responsabilità politica.
Il Partito democratico non nasce per azzerare le storie, personali e collettive,
le biografie, le radici di ognuno di noi. Ma non nasce neppure per garantire il
nostro passato e il nostro presente con la rassicurante continuità di
un’organizzazione e di una forma partito che non corrispondono più né alle
aspettative dei cittadini né agli obiettivi che ci siamo dati.
Il percorso che stiamo sperimentando in vista dell’appuntamento del 14 ottobre,
dovrà essere il frutto di una larga consultazione, del coinvolgimento di tutti,
di ascolto paziente e vero. Anche se il regolamento elettorale che è stato
approvato favorisce chi può contare su una forte organizzazione, siamo certi che
saranno in moltissimi, donne e uomini, e soprattutto giovani ad essere i
protagonisti di questa nuova stagione.
Fin d’ora possiamo impegnarci su alcuni punti. Un partito che contrastando
radicalmente le patologie del passato sia costruito sulla base della
partecipazione vera e democrazia interna. Un partito aperto ma anche con una
militanza e un radicamento nel territorio. Capace di rappresentare la ricchezza e
la diversità che caratterizza il popolo italiano. Un partito nazionale e federale
che riconosce il valore dell’autonomia delle sue espressioni locali.
Il carattere Nazionale e unitario del Pd dovrà essere assicurato da una
leadership rappresentativa e plurale: il nostro non sarà mai il partito del
leader.
Per una nuova laicità
Se il Pd è pensato e progettato al servizio del bene del nostro Paese, capace
cioè di guidare il rinnovamento della democrazia e superare in una nuova sintesi
le vecchie appartenenze, dovrà anche diventare la casa e la scuola di una nuova
laicità, il luogo in cui tutti i cittadini possano sentirsi rappresentati, a
qualunque fede, etica e cultura appartengano.
Oggi si può guardare a una nuova laicità che si faccia carico delle diversità
etiche, culturali e religiose, all’interno delle quali viviamo quotidianamente.
Mentre si avverte una crescente insofferenza per il conflitto continuo e la
demonizzazione reciproca, è maturata la consapevolezza che la laicità non è il
laicismo, non è negazione o indifferenza sui valori, ma confronto persuasivo e
faticosa ricerca di un bene condiviso e storicamente realizzabile.
Il pluralismo etico, religioso e culturale che caratterizza la società italiana,
e che va ulteriormente arricchendosi per la presenza di nuovi cittadini
stranieri, impone non solo un civile confronto tra i credenti di diverse
appartenenze religiose, e un dialogo tra credenti e non credenti, ma ci spinge
alla ricerca di una sintesi più avanzata di dialogo e collaborazione, nel quadro
delle linee tracciate dalla nostra Costituzione.
Per un bipolarismo maturo
Il Partito democratico ha la funzione di portare a compimento una lunga
transizione politica, realizzando una matura democrazia dell’alternanza, in grado
di assicurare governabilità e stabilità.
All’Italia serve un bipolarismo fondato su chiari rapporti istituzionali, in cui
chi vince governa e chi perde le elezioni sta all’opposizione fino al termine
della legislatura o fino a nuove elezioni.
Il Pd è un partito che investe nel valore di una democrazia governante e si mette
al servizio dell’interesse generale.
Un partito collocato al centro del centrosinistra per portare tutto il
centrosinistra al governo, senza ambiguità e tatticismi nella politica delle
alleanze e non invece un partito che all’interno del centro sinistra si pensa come
parte contrapposta ad altre parti, aperta ad un confronto autonomo con tutto o
parti del centro destra.
Per questo è indispensabile cambiare questa legge elettorale e realizzare un nuovo
assetto istituzionale, muovendoci con equilibrio, senza tradire la Carta
costituzionale che la destra italiana voleva stravolgere e che ci è stata
restituita con un referendum popolare.
Il Paese ha bisogno di completare l’attuazione del nuovo Titolo V della
Costituzione, riconoscendo alle regioni e ai governi locali una autonomia fiscale
pur nel rispetto della solidarietà nazionale. Ma è anche necessario rafforzare le
responsabilità e i poteri dell’esecutivo dando ai cittadini la possibilità di
scegliere senza tuttavia prevedere l’elezione diretta del capo del governo.
Il Pd e il governo dell’Italia
L’orizzonte temporale di un partito è ben più ampio dei cinque anni di una
legislatura, cui è legata l’attività di un governo.
E mentre la funzione di un partito è quella di costruire il consenso, affezionare
alla democrazia, alimentare partecipazione e condivisione nel Paese, il governo
attua il proprio mandato di legislatura, esercitando e costruendo le necessarie
mediazioni nella coalizione.
Per questo un programma di un partito si colloca in un orizzonte diverso da quello
di un programma di governo. Esprime una visione del Paese, indica una prospettiva
di lungo periodo che si offre come linfa vitale ma non unica dell’azione di
governo.
Oggi il programma del Partito democratico parte da un sostegno forte e convinto al
Governo guidato da Romano Prodi, senza ambiguità e tatticismi nel rispetto del
patto solennemente sottoscritto da tutti i partiti dell’Unione di fronte agli
elettori per un governo di legislatura. E disegna una prospettiva per il futuro.
Per uno sviluppo sostenibile
L’Italia è stata a lungo un paese fermo, che deve affrontare tanti problemi: le
disuguaglianze tra Nord e Sud, le poche risorse destinate all’innovazione a alla
ricerca, le carenze nelle infrastrutture, la bassa competitività del nostro
sistema produttivo, la scarsa mobilità sociale.
L’Italia deve fare scelte forti e impegnative per i giovani, i poveri, i fragili e
i bambini, e può farlo se la politica torna ad essere credibile. E’ questo il
compito di un partito nuovo, che in primo luogo restituisce autorevolezza alla
politica perché la politica possa risvegliare il senso di responsabilità e lo
spirito di collaborazione in ogni parte della società .
Queste scelte sono possibili solo se c’è condivisione e solidarietà.
Nessuno pensi di risolvere separatamente la questione settentrionale dalla
questione meridionale.
Nessuno pensi di risolvere il conflitto tra le generazione mettendo i padri contro
i figli.
Queste scelte sono possibili se insomma tutti, le istituzioni, le imprese, i
sindacati, la cultura, la comunicazione, le famiglie faranno la propria parte.
L’Italia sarà più libera, più ricca e più giusta se il Pd assumerà il riformismo
come una costante attitudine al cambiamento.
Rimuovere i vincoli strutturali allo sviluppo a cominciare da quelli di finanza
pubblica, far crescere la dotazione infrastrutturale e la rete dei servizi per le
imprese, agevolare l’accesso al credito, riqualificare il sistema di istruzione
e formazione, combattere le posizioni di rendita e monopolio, rappresentano gli
assi di una politica economica in grado di far recuperare all’Italia il divario
rispetto ai partners europei.
Il Pd è chiamato inoltre a comporre le istanze, che hanno talora portato
all’immobilismo, provenienti dal mondo dell’industria con le istanze ambientali
fatte proprie dai cittadini.
Il conflitto si può ridurre se affianchiamo ad un grande sforzo di investimenti
in tecnologia, un forte impegno nelle politiche che incentivano la qualità
ambientale.
Qualità e sostenibilità sono le caratteristiche dello sviluppo del paese che il
Pd si impegna promuovere anche attraverso la tutela dei beni pubblici come
l’acqua, l’aria e il patrimonio culturale e naturale.
Equità ed efficienza nei servizi pubblici
L’esperienza europea insegna che l’attenzione alle esigenze delle persone, il
perseguimento della giustizia nell’economia ha costituito un fattore decisivo di
successo del nostro modello di sviluppo.
Garantire le opportunità a tutti i cittadini è una ricchezza per tutti.
Allo stesso tempo è necessario adeguare il ruolo dello Stato alle mutate esigenze
del Paese.
Un’efficace rete di protezione sociale rende la società più libera e permette di
affrontare le sfide della competizione globale.
Innovazione è oggi una parola cruciale nell’azione pubblica, se vogliamo – come
noi vogliamo - assicurare la sostenibilità finanziaria dei sistemi di welfare.
E’ il nodo principale da affrontare, il servizio migliore che la politica può
rendere ai propri cittadini. La qualità dei servizi e l’efficienza della gestione
sono il pilastro dell’azione politica.
Una migliore efficienza e la capacità di innovare della pubblica amministrazione
costituiscono il presupposto per chiedere ai cittadini di adempiere il dovere
fiscale.
Ci sono troppi segnali di frattura nel Paese. Affrontare il problema di una
gestione ottimale delle risorse pubbliche è l’unica opportunità per rinsaldare il
patto sociale tra chi chiede, giustamente, una pressione fiscale meno soffocante e
chi auspica il potenziamento degli standard delle prestazioni. Innovare la
pubblica amministrazione significa anche liberare le imprese dal fardello della
burocrazia, freno che il sistema paese non può più permettersi nel contesto della
competizione globale.
La promozione dell’universalità dei servizi pubblici, accanto ad un fisco più
equo, è un passo essenziale per scongiurare il miraggio di una risposta
individualistica alla gestione dei rischi.
Un welfare di lungo periodo
È necessario che il Partito democratico pensi il Paese nel lungo periodo.
In questo senso il rigore dei conti pubblici e il controllo della dinamica del
debito pubblico sono la condizione necessaria per garantire la tenuta del nostro
Stato sociale anche in futuro.
L’invecchiamento della popolazione è una delle sfide più importanti dei prossimi
anni. Se il Partito democratico saprà mettere al centro le esigenze reali delle
persone e della famiglia, se saprà scommettere sull’immigrazione regolare come
una bella e grande risorsa per il nuovo Paese, i mutamenti in corso
costituiranno non più solo un problema ma anche un’importante occasione di
rinnovamento.
L’allungamento della vita cambierà il modo di pensare agli anziani e al rapporto
tra età lavorativa e età pensionabile. Fra qualche anno il dibattito di questi
giorni sull’innalzamento dell’età pensionabile risulterà drammaticamente
sorpassato.
È bene pensare oggi ai diritti dei lavoratori anziani del futuro, mettendo a punto
percorsi di uscita graduale dal mondo del lavoro.
Allo stesso tempo oggi dobbiamo pensare e avviare una rete di servizi integrati,
socio sanitari e assistenziali per le persone non autosufficienti, vera emergenza
sociale che affrontano le nostre famiglie.
Welfare e mercato del lavoro
È necessario ripensare il nostro modello welfare anche alla luce dei cambiamenti
che investono il mondo del lavoro. Il sistema degli ammortizzatori sociali,
attualmente disegnato su un mercato del lavoro profondamente mutato nel tempo,
deve essere al centro di una riforma strutturale, con l’obiettivo dell’inclusione
dei giovani che rischiano di rimanere intrappolati in una precarietà senza
prospettive.
Allo stesso tempo è necessario correggere le distorsioni nella spesa e la
scarsissima attenzione alle funzioni dell’assistenza sociale e di tutela della
famiglia. In questo settore è urgente affrontare il problema del sostegno alle
famiglie con figli e alle famiglie in condizioni di povertà.
Investire nella crescita è anche investire nel capitale umano delle donne,
sviluppando quei servizi che, alleviando il carico del lavoro di cura familiare,
permettono di incrementare la partecipazione delle donne al mondo del lavoro.
Uguaglianza e opportunità
È necessario che questo progetto abbia la forza necessaria per essere realizzato.
Una condizione di successo è che il Partito democratico possa contare sul
contributo delle forze democratiche e tutti gli italiani che hanno interesse
nella giustizia sociale ed economica del nostro Paese.
L’Italia non può più permettersi di pagare il prezzo di vecchi privilegi e nuove
precarietà, di nuove disuguaglianze e vecchie rendite.
Si tratta di impegnarsi su molti fronti: dalla tutela del lavoratore che è anche
consumatore, alla lotta all’evasione - uno degli elementi innovativi dell’azione
di questo governo -, al pieno riconoscimento del merito nel mondo del lavoro.
La vera uguaglianza delle opportunità è quella che non lascia indietro nessuno e
promuove le qualità di ciascuno.
La Legalità
Il Partito democratico è chiamato ad essere, e con estremo rigore, il partito
della legalità, e la legalità si identifica anche con la sicurezza per tutti.
Proprio per il suo essere il bene collettivo forse più direttamente contrapposto
al primato dell’interesse individuale, la legalità va intesa sia come lotta alla
criminalità, alla corruzione politica e alle mafie, sia come paziente opera di
formazione di una nuova coscienza civile.
In questo senso anche la sicurezza acquista nel Partito democratico un senso più
autentico e proprio: non viene dal rinchiudersi dei forti nelle loro cittadelle
protette, ma cresce e si consolida con la diffusione dei diritti e delle
opportunità.
La Pace
Il Partito democratico si colloca entro la storia della lunga lotta dei popoli
per la riduzione delle disuguaglianze e per l’affermazione delle libertà
personali.
Occorre prendere atto che la crisi della democrazia, accanto alle sue specificità
italiane, mostra anche una dimensione internazionale. Essa non si affronta
attraverso la pretesa di esportare democrazia con la forza ma lavorando ad una
prospettiva di sviluppo equo e sostenibile per tutti, rinunciando a sostenere
regimi dittatoriali, con un maggior controllo del commercio delle armi, con la
cooperazione e il multilateralismo.
La globalizzazione è fenomeno positivo solo se sottoposta ad un governo aperto
alla partecipazione di tutte le nazioni e accompagnata da un rafforzamento
dell’autonomia e della democrazia dei territori.
L’art. 11 della Costituzione rappresenta il caposaldo della politica
internazionale del partito nuovo.
Il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti è per noi
un’opzione ideale irrinunciabile. Questa opzione è però possibile solo entro un
governo internazionale dei conflitti, e dunque attraverso organismi internazionali
e sopranazionali e al loro interno con l’attiva condivisione di responsabilità per
la difesa della stabilità e della sicurezza internazionali.
Europa e ONU sono le forme concrete che è andata assumendo nel secolo scorso
questa opzione di politica internazionale, pur fra difficoltà, contraddizioni e
ritardi, caratterizzando la politica internazionale della Repubblica e le sue
alleanze. E’ tale politica che va sviluppata nel contesto nuovo della fine della
guerra fredda, dei nuovi problemi posti dalla globalizzazione, dalla criminalità
internazionale, dal terrorismo, dalla questione ambientale, che un Partito
democratico è chiamato a far divenire coscienza comune della società italiana e di
quanti in essa vogliono integrarsi.
Più donne, più democrazia
Le donne italiane devono assumere la leadership delle risposte alla crisi della
democrazia.
Hanno segnato la storia della Repubblica nei suoi equilibri politici, a partire
dalla Resistenza e dalla Costituzione, e nelle spinte alla modernizzazione della
società italiana. Dalle storiche battaglie per la parità e i diritti, con la
scolarizzazione e il lavoro, con la nuova creatività e imprenditorialità
Sono oggi le prime interessate ad una forte reinvenzione della pratica democratica
e partecipativa. La loro sistematica esclusione dal potere è molto più di un
simbolo delle prassi oligarchiche, della qualità della selezione politica, che
umilia insieme le iscritte ai partiti e le donne fuori dei partiti, ma non solo le
donne.
Sono le prime ad essere interessate sia a una politica capace di decidere, sia a
riscrivere l’agenda politica in modo da privilegiare le grandi questioni irrisolte
del mondo che pesano sulla vita quotidiana: dagli squilibri nell’uso delle risorse
alla formazione delle nuove generazioni, dal governo pacifico dei conflitti anche
etnici e regionali alla lotta alle disuguaglianze, dalla cura dei deboli e degli
esclusi al rapporto etica-politica; dal rinnovamento senza tradimenti delle grandi
culture storiche; alla battaglia per la legalità e la riduzione dei costi della
politica.
I temi della agenda politica delle donne non sono, come pensa qualcuno, un punto
debole dell’incontro fra le diverse culture dell’Ulivo. Sono invece la conferma
della sua necessità e della sua possibilità. Pur venendo da esperienze e
riferimenti etici diversi, convergono nell’affrontare le questioni etiche del
nostro tempo più attraverso la costruzione condivisa delle condizioni, anche
materiali, per l’esercizio delle responsabilità personali, che attraverso la
contrapposizione ideologica dei divieti e dei permessi.
Le donne conoscono dissensi di partenza, ma non li temono e non se ne fanno
paralizzare. Sanno bene, infatti, che sui temi che le riguardano direttamente non
possono permettersi strumentalizzazioni ideologiche e posizioni di rendita che
bloccano le soluzioni.
Siamo sicuri che questo è un obiettivo nel quale tutti, donne e uomini, possono
riconoscersi per il bene del Paese.
 
Fonte
|