15 Settembre, 2002
Crimini e misfatti a un anno dall'indulto
Uno studio di Giovanni Mastrobuono ed Alessandro Barbarino dal sito www.lavoce.info
È passato poco più di un anno dall'ultimo indulto e si torna a
discutere dell'opportunità di tali strumenti per affrontare
l'emergenza legata al sovraffollamento delle carceri, insostenibile
sia per le condizioni psico-fisiche e igieniche dei carcerati che
per il conseguente stress del personale di servizio. Uno studio
recente ha analizzato statisticamente i cambiamenti nel numero e
nelle tipologie di crimini successivi all'indulto del 2006 e agli
atti di clemenza degli ultimi quaranta anni. (1)
Due sono i risultati inequivocabili. Dopo l'ultimo provvedimento le
rapine in banca, l'unico dato criminale già disponibile, sono quasi
raddoppiate. Più in generale, a seguito di indulti o amnistie, varie
tipologie di crimine subiscono improvvise impennate.
I dati dell'Abi e dell'Istat
Ma andiamo con ordine. In base ai dati dell'Associazione bancaria
italiana, nel mese successivo all'indulto del 2006, le rapine in
banca che nell'anno precedente avevano segnato una linea
decrescente, sono addirittura raddoppiate per poi attestarsi su
livelli leggermente più bassi, ma pur sempre significativamente più
elevati di quelli antecedenti il provvedimento. Una situazione
drammatica se valutata retrospettivamente perché, a seguito delle
quindici tra amnistie e indulti degli ultimi quaranta anni, la
popolazione carceraria si è ridotta periodicamente di una
percentuale che oscilla tra il 20 e il 50 per cento. Migliaia di
potenziali malfattori liberi di tornare a sfidare la legalità.
I dati ISTAT mostrano che a seguito dei vari atti di clemenza
susseguitesi dal 1962 ad oggi i crimini che aumentano più
marcatamente a seguito di tali atti sono le rapine in banca (0.38
all'anno per ogni detenuto liberato), lo spaccio di stupefacenti
(0.61 all'anno per detenuto), le frodi (5 all'anno per detenuto), i
furti di autoveicoli (5 all'anno per detenuto), i borseggi (42
all'anno per detenuto) e persino gli omicidi (0.02 all'anno per
detenuto). Analizzando le statistiche giudiziarie penali regionali,
si evince che l'aumento dei crimini denunciati alle forze
dell'ordine va di pari passo con l'aumento degli scarcerati, e il
fenomeno è tanto più evidente nelle regioni nelle quali si liberano
più detenuti. In passato, ci sono stati casi in cui le misure di
clemenza hanno letteralmente svuotato le prigioni: è avvenuto nel
1966 in Abruzzo e Molise (-85 per cento) e nel 1970 in Trentino Alto
Adige (-77 per cento). Ed erano anni in cui non esisteva ancora il
problema del sovraffollamento delle carceri che, è giusto
ammetterlo, resta a tutt'oggi il nodo principale da sciogliere.
L'analisi costi-benefici
Tuttavia, per non farsi fuorviare da giudizi (o pregiudizi)
moralistici e facili luoghi comuni, è necessario analizzare a fondo
le conseguenze che indulti e amnistie comportano sul piano sociale.
A giustificazione della misura dell'indulto si adduce quasi sempre
il sovraffollamento delle carceri, mentre i critici del
provvedimento rispondono che sarebbe largamente preferibile
costruire nuovi penitenziari. Ma entrambi gli schieramenti
trascurano l'analisi dei costi-benefici.
Quando viene decisa una misura eccezionale come l'indulto o
l'amnistia, il legislatore mette necessariamente in conto un
possibile aumento del crimine. L'importante però è che il costo
legato al preventivato aumento del crimine resti ben al di sotto del
beneficio derivante dal provvedimento di clemenza.
Le cifre che emergono dai dati dell'Istituto di statistica, così
come quelle sulle rapine in banca fornite dall'Associazione bancaria
italiana, indicano che il risultato raggiunto si situa largamente al
di sotto delle aspettative: a fronte di una spesa media per detenuto
calcolata intorno ai 70mila euro l'anno (2), la società civile paga
un prezzo stimato di 150mila euro in conseguenza dei crimini
commessi in media dai detenuti che usufruiscono del beneficio di
clemenza. E si tratta di una stima che pecca per difetto, perché non
tiene conto di alcune tipologie di reati per i quali è impossibile
stabilire un costo, come lo spaccio di stupefacenti, i tentativi di
omicidio o la categoria residua dell'Istat "altri crimini".
È dunque assolutamente necessario riequilibrare il rapporto tra
costi e benefici della detenzione.
Una selezione dei detenuti
Le riflessioni suggerite dall'analisi dei dati Istat lasciano poco
spazio alla fantasia, almeno nel breve periodo. Per avvicinare il
rapporto costi-benefici della detenzione, al legislatore non resta
molto altro da fare se non impegnarsi, con più convinzione di quanto
non abbia fatto sinora, affinché eventuali nuove misure di clemenza
tengano assolutamente conto della necessità di selezionare in modo
rigoroso i detenuti da liberare, per escludere i criminali abituali
e di professione e tutti gli appartenenti alla categoria dei
recidivi, che invece hanno potuto approfittare una volta ancora
dell'atto di clemenza del 2006 dopo quello del 1990. Sarebbe infatti
un bel risultato se si riuscisse a stabilire preventivamente, in
base alla "carriera" criminale del detenuto, chi rappresenta un
costo sociale sufficientemente basso da poter essere liberato senza
grave danno.
Per decidere quali fattori incidono sulla probabilità di recidività
del detenuto sarebbe auspicabile l'utilizzo di modelli econometrici.
Permetterebbero di valutare l'importanza di alcuni fattori, come ad
esempio l'età del detenuto, il sesso, il tipo e il numero di crimini
commessi in passato. Queste informazioni potrebbero poi essere
utilizzate dal giudice come strumento utile per scegliere se
concedere o meno il beneficio di clemenza. Modelli simili vengono
già utilizzati in ambito giudiziario negli Stati Uniti, e tributario
in Italia. In fondo, l'unica differenza con i cosiddetti studi di
settore è che, invece di valutare la capacità di produrre ricavi da
parte di un'attività economica, si valuta la probabilità di un
detenuto di commettere determinati crimini.
Prima dell'indulto del luglio 2006 la popolazione carceraria
italiana era pari a 60mila persone. Grazie all'indulto ne sono state
liberate circa 26mila. Ma a giugno 2007, ultimo dato disponibile, si
era già tornati alla capienza regolamentare delle carceri, e cioè
43mila detenuti. Tra pochissimo, dunque, si riproporrà il problema
del sovraffollamento. Prima di riparlare di atti di clemenza,
andrebbero almeno introdotte misure di selezione più efficienti di
quelle adottate finora.
***
(1) "The Incapacitation Effect of Incarceration: Evidence From
Several Italian Collective Pardons" di Alessandro Barbarino e
Giovanni Mastrobuoni. Disponibile su www.carloalberto.org
(2) Oltre alle spese di mantenimento, in Italia è la sorveglianza
dei detenuti ad avere un costo elevatissimo, con un rapporto di uno
a uno tra secondini e carcerati.
 
Fonte lavoce.info
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