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 Politica

15 Settembre, 2002
Candidature con primarie all*emiliana (Gianfranco Pasquino su La Repubblica ed. Bologna)
Il sistema delle Primarie caldeggiato nello Statuto del PD così come é stato licenziato dall'apposita Commissione, anche per un emendamento presentato da Luciano Pizzetti

Preso atto che si voterà con la legge "porcata", caratterizzata, fra l'altro, da candidature in lunghe liste bloccate che consentono all'elettorato esclusivamente di tracciare una crocetta sul simbolo del partito preferito, è giusto pensare alle modalità con le quali selezionare quelle candidature. Infatti, prima la selezione, poi l'ordine di lista determinano con grandissima probabilità l'elezione oppure no di candidate e candidati.

Nelle circostanze date, in special modo se il Partito Democratico "correrà" da solo, la selezione delle candidature è il primo vero test da superare con democrazia e intelligenza. E' vero che esistono alcuni vincoli, ovvero parità di genere e rappresentanza sociale e di competenze, ma è ancora più vero che esistono effettive possibilità di partecipazione per un elettorato, quello di sinistra e del PD, che ha già manifestato le sue capacità di scelta e che, in questi giorni, sta rivendicando possentemente sul web la sua volontà di essere coinvolto in maniera decisiva.

Poiché sottoscrivo tutto quanto ha convincentemente dichiarato il Sen. Walter Vitali nell'intervista a "la Repubblica-Emilia Romagna", 3 febbraio, mi posso limitare a precisare alcuni pochi, ma importanti punti.

A cavallo fra il 2005 e il 2006, subito dopo le "primarie per Prodi", l'Unione fallì il test democratico-partecipativo affidando la scelta di tutte le candidature ai dirigenti dei suoi partiti, partitini e correnti. Sciupò in questo modo l'effetto "informazione, partecipazione, entusiasmo" che le primarie avrebbero potuto imprimere alla sua campagna elettorale. Le giustificazioni, già debolissime, di allora, ovvero che avrebbero vinto le primarie soltanto i DS e che bisognava avere "equilibri" di rappresentanza/rappresentatività, non hanno oggi, in presenza del Partito Democratico, più nessun senso. Né ha senso attendere il Godot di un "via" alle primarie che venga dal livello nazionale sotto forma di regolamento valido indifferenziatamente per tutte le regioni. Infatti, se il Partito Democratico vuole tenere fede alla sua qualifica di partito "federale", appare opportuno che ciascuna regione decida, entro una cornice comune, come regolamentare la scelta delle sue candidature al Parlamento (tenendo conto dei vincoli sopra accennati).

Detto più chiaramente, se l'Emilia Romagna, Toscana e, per esempio, Lombardia desiderano concedere agli elettori e ai simpatizzanti del Partito Democratico la facoltà di scegliere alcune candidature con le primarie, debbono poterlo fare. Ricordo che per quanto riguarda il Senato, ciascuna regione italiana si configura automaticamente come circoscrizione nella quale verrà attribuito il premio di maggioranza. Per quello che riguarda la Camera, mentre la Lombardia ha tre circoscrizioni (nelle quali, dunque, sarebbe possibile tenere primarie), la Toscana e, regione che ci interessa maggiormente, l'Emilia-Romagna hanno ciascuna una unica circoscrizione. Il "se" tenere elezioni primarie costituisce una decisione politica che gli organismi regionali hanno, a mio modo di vedere, il potere, forse anche il dovere, di prendere. Comunque, dovrebbero rivendicarne la possibilità. Una volta deciso che si potranno tenere primarie, appare indispensabile definire con quale regolamento dovranno essere presentate le candidature, per quanti posti, con quali criteri per assegnare l'ordine di lista che sappiamo essere l'elemento decisivo, con quali eventuali opportunità di riequilibrio per i dirigenti di partito. Fatte salve alcune poche ricandidature "naturali", la mia proposta che, al momento, presento su linee generali, è che si dovrebbe rapidamente addivenire alla formazione di una lista di candidature superiori al numero dei parlamentari da presentare in lista, che in Emilia-Romagna per il Senato sono 21 e per la Camera 43. I nominativi da inserire nella lista dovrebbero essere sostenuti da un numero di firme né troppo alte, per non rendere impossibile il loro raggiungimento, né troppo basse, per non agevolare candidature folcloristiche.

Ovviamente, ogni elettore potrebbe sottoscrivere una sola candidatura. Dopodiché, il numero dei voti ottenuti nelle primarie da ciascun candidato/a servirebbe non soltanto a stabilirne l'inclusione nella lista, ma anche a determinare l'ordine di lista (eventualmente fatto salvo il capolista) con la complicazione, da affrontare e risolvere saggiamente, dell'alternanza di genere. Insomma, esistono difficoltà, non insuperabili, ma una buona soluzione al problema della scelta delle candidature costituirebbe indubbiamente una grande e efficace lezione democratica.

*****

La proposta qui avanzata da Pasquino risulta non solo fattibile, ma praticamente raccomandata dall'art. 18, comma 9, dello Statuto approvato dalla Commissione nazionale per lo Statuto il 2 febbraio scorso.

Questo articolo, infatti, recita:

9. La selezione delle candidature per le assemblee rappresentative avviene ad ogni livello con il metodo delle primarie ovvero, anche in relazione al sistema elettorale, con altre forme di ampia consultazione democratica. La scelta degli specifici metodi di consultazione da adottare per la selezione delle candidature a parlamentare nazionale ed europeo è effettuata con un Regolamento predisposto sulla base del Regolamento quadro di cui al precedente comma 3 ed 13 approvato di volta in volta dal Coordinamento nazionale con il voto favorevole di almeno i i tre quinti (3/5) dei componenti, previo parere della Conferenza dei Segretari regionali.

Con soddisfazione possiamo dire che un contributo importante affinché questo testo potesse passare in Commissione é venuto dal territorio cremonese, non solo attraverso il lancio di un appello che é stato accolto da diversi Commissari, ma soprattutto attraverso la presentazione di uno specifico emendamento, poi accolto dalla Commissione ed inserito nel testo definitivo, proposto ed avanzato - tra gli altri - anche dal cremonese Luciano Pizzetti.

Qui sotto l'elenco dei proponenti: Marina Sereni, Elena Cenderelli, Maurizio Migliavacca, Nicodemo Oliverio, Walter Vitali, Roberto Montanari, Ladu Salvatore, Luciano Pizzetti

(red) In allegato il testo - ancora ufficioso - dello Statuto del PD così come é stato approvatro dall'apposita Commissione nazionale 


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