15 Settembre, 2002
Dalla parte del malato (Ignazio Marino su L*Unità)
Eluana Englaro, con la sua esistenza passata per oltre sedici anni in un letto, in stato vegetativo persistente e Beppino Englaro, con l*ammirevole testardaggine di chi sente il dovere morale di rispettare un impegno preso con la figlia....
Eluana Englaro, con la sua esistenza passata per oltre sedici anni in
un letto, in stato vegetativo persistente e Beppino Englaro, con
l'ammirevole testardaggine di chi sente il dovere morale di
rispettare un impegno preso con la figlia: entrambi ci obbligano,
giorno dopo giorno, a porci nuovi interrogativi sui limiti che l'uomo
deve sapersi dare.
Questa volta è sul rapporto porto intimo e
personale che si instaura tra il medico e il paziente, o con i suoi
familiari, che si accende l`attenzione. Decidere di non intervenire
terapeuticamente per fermare l`emorragia che ha colpito Eluana due
giorni fa è stata, come è giusto che sia, una decisione presa dalla
famiglia della ragazza in pieno accordo con i medici, gli infermieri
e le suore che la assistono. Fortunatamente nessuno ha messo in
discussione questo principio pubblicamente, eppure il Cardinale
Dionigi Tettamanazi, arcivescovo di Milano, ha sentito ieri il
bisogno di sottolineare, incalzato da alcuni`giornalisti, come «a
decidere deve essere il medico, in scienza e coscienza, nel rapporto
tipico che lo lega al paziente e alla famiglia».
È esattamente ciò che accade nella maggior parte delle situazioni
quando, di fronte ad una malattia complessa che implica decisioni
importanti, il medico ha il dovere di illustrare la situazione nel
modo più chiaro e completo possibile, spiegare quali sono le strade
percorribili, quante le probabilità di successo, ma anche le
difficoltà che si potrebbero incontrare e i rischi di andare incontro
ad un fallimento. Il paziente, in altre parole, deve essere messo
nella condizione di poter fare la sua scelta in modo personale ma
consapevole, basata dunque sulle informazioni che solo il medico è in
grado di fornire. Oltre ad informare, al medico spetta anche l`arduo
compito di consigliare la persona che si affida alle sue competenze e
alla sua esperienza e per questo è importante che vi sia tra i due
non solo uno scambio di comunicazioni tecniche, ma che si instauri un
vero rapporto umano in cui anche gli aspetti
psicologici e il contesto in cui vive il paziente entrino a fare
parte delle valutazioni che porteranno alla decisione.
Per fare un
esempio, se ad un ragazzo dì vent`anni viene diagnosticato un tumore
al fegato, ciò di cui avrà bisogno in termini di terapie e di
supporto psicologico, sarà diverso rispetto a quello che verrebbe
suggerito ad una donna di novant`anni: sarà diverso l`approccio
terapeutico ma anche l`aggressività con cui si cercherà di
contrastare la malattia. È questo il compito delicato e
difficilissimo di cui viene investito il medico nel momento in cui
entra in relazione con un altro`essere umano e con lui percorre la
strada difficile della malattia. Ma il suo compito è anche di
ascoltare, saper capire che a volte ciò che la scienza mette a
disposizione non è adatto a quel paziente, che gli strumenti
terapeutici esistenti potrebbero non essere opportuni per diversi
motivi e che non può essere tenuta in considerazione esclusivamente
l`esistenza di una possibilità tecnica.
Mi pare che sia proprio questo il messaggio che il Cardinale
Téttamanzi abbia voluto trasmettere e le sue parole risultano
particolarmente significative nel momento in cui c`è invece chi
sostiene che nell`intimità del rapporto tra il medico, il paziente e
la sua famiglia possa intervenire addirittura lo Stato con una legge.
E questa, infatti, l`intenzione dichiarata dal sottosegretario
Eugenia Roccella che vorrebbe che alcune terapie, come l`idratazione
e la nutrizione artificiali, riconosciute come tali da tutti i medici
e da tutte le società scientifiche, debbano essere imposte ai
pazienti per legge, andando contro il principio della Costituzione
secondo cui nessuno può essere sottoposto ad una terapia senza il suo
consenso, e facendo entrare lo Stato con le sue imposizioni proprio
in quel rapporto intimo e particolare che si instaura tra il medico e
il suo paziente. Imporre una cura medica per legge significa
intromettersi nelle decisioni personali sulle terapie e in una
relazione che si instaura in maniera esclusiva e personalissima tra
il medico e il paziente. È davvero strano dovere ribadire un
principio che sembrerebbe ovvio. Ma se anche un autorevole esponente
della Chiesa cattolica ha sentito il bisogno di esprimere questo
concetto, è probabilmente perché non è più chiaro a tutti.
A volte ho l`impressione che a voler essere più realisti del re, si
vada incontro ad una visione meccanicistica e materialista della
vita, molto diversa da quella basata su sentimenti di amore, di
rispetto della dignità umana e dei valori cristiani. L`impegno
a`difesa della vita non significa ricorrere all`utilizzo di ogni
risorsa messa a disposizione dalla medicina; l`esistenza di una
tecnologia non rappresenta un obbligo ad utilizzarla. Beppino
Englaro, con i medici e il personale sanitario che accudisce Eluana
da tanti anni hanno seguito sabato scorso la strada dell`alleanza
terapeutica, facendo quello che insieme hanno ritenuto più giusto.
Solo questo ci deve fare riflettere, possibilmente in silenzio.
 
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