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15 Settembre, 2002
Ora zitti che straparlo io
Giulio Zanella e Michele Boldrin intervengono sulle recenti dichiarazioni del ministro Tremonti

Ora zitti che straparlo io!
di Giulio Zanella, 29 Agosto 2009


Tremonti ha invitato "gli economisti" a stare zitti per un anno o due. Ma non è questo che voglio commentare (basta il commento di Michele). E neppure il patetico "io l'avevo previsto nel 1995".

Ciò che merita un commento è quello che Tremonti dice dopo aver invitato gli altri a tacere:

Se ci fosse un avviso comune sulla compartecipazione all'utile delle imprese, per concretizzare lo stare insieme nella stessa azienda, più di prima uniti e insieme, lavoratori e imprenditori, credo che sarebbe uno dei modi per uscire dalla crisi

Questa idea, che Tremonti farcisce con le note di Tony Dallara, si chiama "profit sharing" ed ha una lunghissima tradizione in teoria economica. Lui non lo sa perché, afferma

io non sono un economista e a volte questo mi aiuta.

Non in questo caso. L'idea è molto semplice: si tratta di pagare i lavoratori un salario che ha una componente fissa e una variabile legata agli utili. Questo fa si che il salario si riduca automaticamente durante i tempi cattivi, col risultato che le imprese licenziano meno di quanto avrebbero fatto altrimenti. Martin Weitzman, tra gli altri, aveva illustrato questo punto in maniera molto chiara.

Ora, c'è un motivo fondamentale (il che non esclude che ce ne siano altri) per cui il lavoratore dipendente sceglie di fare il lavoratore dipendente e l'imprenditore sceglie di fare l'imprenditore: la diversa propensione ad assumere rischio. Gli utili possono anche essere negativi, nel qual caso si chiamano perdite: compartecipazione all'utile implica compartecipazione alle perdite. Tremonti forse pensa che ci possa essere compartecipazione agli utili senza compartecipazione alla perdite perché è così, non dimentichiamolo, che hanno sistemato la faccenda Alitalia: i primi agli amici, le seconde al popolo.

Questo rischio dovrebbe essere compensato, per cui in un regime di profit sharing le imprese dovrebbero, presumibilmente, pagare salari mediamente più elevati; in particolare, dovrebbero pagare salari parecchio più elevati di quanto facciano ora nei periodi buoni. Dubito che la cosa possa piacere agli imprenditori, a meno che l'imprenditore non sia appunto motivato dalla lirica di Tony Dallara. In alternativa, si devono rendere in qualche modo i lavoratori compartecipi della gestione oltre che dei risultati economici. Questa era la "terza via" suggerita da James Meade. Dubito che anche questo possa piacere agli imprenditori, e in fondo i lavoratori che vogliono assumersi rischio d'impresa possono farlo anche adesso.

Ma, in ultima analisi, in che senso questo sarebbe, usando le parole di Tremonti, un modo per uscire dalla crisi? Visto che lui non l'ha spiegato rompo il silenzio e azzardo una previsione: in nessun senso. La compartecipazione ha l'effetto di ridurre il costo del lavoro durante una recessione: se ho 10 dipedenti e le cose vanno così male che posso solo pagarne 5, non fa differenza (ai fini della sopravvivenza dell'impresa e del mantenimento del potere d'acquisto) se ne licenzio 5 o se li tengo tutti e dieci e li pago la metà. Non vi pare? Ma questi son ragionamenti da "economisti" e Tremonti, che non lo è, queste assurdità non le capisce ...

---

Tremonti: stiamo forse esagerando?
Michele Boldrin il 28 Agosto 2009


È un brutto periodo per gli economisti. Non tanto perchè li attacca Tremonti, che gli mette contro i non addetti ai lavori Italiani. Quanto piuttosto perchè hanno ricevuto anche strigliate più autorevoli e costruttive.

Ma davvero si può credere che da questo coacervo di platitudes e vaghi auspici a saperne di più (e chi non vorrebbe saperne di più?) se ne possa ricavare qualcosa di utile?

Eppoi io mi sono rotto di queste boiate da stampa popolare. Per tre fondamentali ragioni, ripetute sino alla nausea ma, apparentemente, mai intese da chi le boiate le scrive.

1. L'influenza A arriva e fa stragi. Giustamente, nessuno se la prende con i medici che, dopo migliaia di anni, ancora non sanno sconfiggere un virus tanto vecchio e "semplice" come quello dell'influenza. Invece di star lì a studiare astratti modelli di riproduzione cellulare questi medici chiaccheroni dovrebbero stare un po' più a contatto con i virus reali, quelli di tutti i giorni, magari iniettandoseli come ai bei tempi andati, o no?

2. Non esistono "gli economisti", visto che nella categoria vengono inclusi sia i number crunchers al soldo ogni venditore di fumo finanziario sia quel geniale giardiniere di Neil Wallace! Queste persone non hanno nulla in comune, NEMMENO negli strumenti analitici che usano, let alone in quello che fanno, dicono, studiano e scrivono.

3. La "scienza economica", nel senso di quella cosa praticata più o meno dalle pochissime migliaia di lettori regolari di Econometrica ed il Journal of Politica Economy, mai e poi mai si è sognata di dire che il proprio lavoro è prevedere il futuro. Proprio non ce ne frega una beata sega, non se ne parla mai, non ci interessa nel modo più assoluto: capire il presente ed un po' del passato è gia difficile ed appassionante abbastanza. A prevedere il futuro si dedicano - oltre che ciarlatani d'ogni sesso, razza, fattura e taglia - gli studenti di PhD fallimentari, quelli che non passano i prelims, quelli a cui (non sapendo fare una tesi propria) vengono assegnate un po' di regressioni per riempire le pagine della tesi medesima, quelli che nel mezzo del cammin impazziscono e pensano d'aver scoperto l'uovo di Colombo, i confusi troppo ambiziosi, quelli che pensano che la teoria economica sia una specie di grimaldello per aprire cassaforti, i time-series analists che pensano che un modello economico sia la formula di un ARIMA, quelli che non prendono tenure né nel posto A né in quello B né in C e ritengono che dietro a tutto questo vi sia un complotto contro la loro genialità, eccetera, eccetera, eccetera. Io e TUTTI coloro con i quali ho lavorato, in quasi trent'anni trascorsi migrando attraverso una decina d'istituzioni abbastanza decenti, ci dedichiamo a tutt'altre cose e sulle previsioni del futuro ci sbellichiamo dalle risate a pranzo. Come, guarda caso, è successo giusto ieri!

 


       CommentoFonte: www.noisefromamerika.org



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