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15 Settembre, 2002
Città della musica o museo del violino? (di Mazzimo Terzi)
Egregio direttore, mi ricollego ad un mio documento del .3.9.u.s.e Le sarei molto grato se mi concedesse ancora spazio per ritornare sull’argomento della *riqualificazione degli ex –monasteri*.

Sono mosso dalla notizia che l’Amm. Provinciale ne proseguirà con decisione l’attività di recupero, mentre l’Amm. Comunale che, con la giunta Bodini, nel ’97 avviò l’iniziativa non mostra eccessivo entusiasmo.

Se mi è concesso mi sento autorizzato dalla conoscenza della genesi dell’idea e del percorso seguito, dalla qualità del progetto, dalla speranza di poter contribuire ad evitare il “break point” (punto di rottura) che renderebbe vani gli sforzi fin qui condotti ( con il consenso politico di tutti), dall’impegno locale che in crescendo l’ha sostenuto ( faccio riferimento ai due convegni del Rotary e a quello della C.N.A) e dalle conferme di queste ultime settimane (caratterizzate dalla vitalità degli eventi legati alla liuteria ed al concorso internazionale).

Perché non è possibile sprecare quanto si è speso finora per poi consegnare al degrado più di 50000 mq. di aree centrali da poco riconquistate dalla comunità. Perché non vedo, al momento, altri progetti a questo stato di avanzamento. Inoltre perché la concentrazione di quattro complessi conventuali (oggi cinque con la Manfredini) ha fatto nascere un’inaspettata e nuova, quanto imperdibile, opportunità di un originale sviluppo economico, insieme con la rivalutazione del patrimonio immobiliare presente nel tessuto storico, scaturente dalla possibilità di confermare e rafforzare, innanzitutto, la valorizzazione di una nostra eccellenza, che è la formazione liutaria e musicale in tutta la sua filiera, determinando un particolare indotto turistico , nonché un interesse scientifico e di ricerca commerciale di livello internazionale , scaturente anche dalla possibilità di concatenazione di luoghi di grande suggestione da integrare nel miglior modo possibile con i percorsi delineati dalle altre emergenze architettoniche e dalle strutture già presenti.

Sono consapevole che l’attuale condizione in cui giacciono piazza Marconi e Palazzo dell’Arte costituisca uno sgradevole biglietto di presentazione , e che qualsiasi Giunta sia legittimamente desiderosa di recuperare dei risultati nell’arco del suo mandato, ma non può essere dimenticata la prospettiva lunga, quella fatta per valorizzare e dare un avvenire alla città.

E’ bene rammentare che il progetto è nato da una intuizione che poi è stata puntualmente verificata e che ha trovato molto credito presso il Ministero dei lavori pubblici (1997 ) che ci ha incoraggiato ad aprirci per valorizzare la nostra singolarità, confrontandoci con i programmi delle altre città.

Lo studio ha rivolto particolare e puntuale attenzione alla riqualificazione del centro storico (cercando percorsi itineranti alternativi alla zona monumentale di piazza del Duomo) tentando di riorganizzare una vasta area , da tempo non adeguatamente valorizzata e di integrare il maggior numero di funzioni possibili (lavoro, residenza per studenti e docenti, attività di registrazione, commercio,tempo libero,cultura), consolidando una continuità con la storia della città , amplificandone l’immagine e compenetrandosi con la cultura economica e sociale del luogo.

Era un intervento che, nelle ambizioni, tendeva a sviluppare un’ “idea di città,”delineata dall’allora strumento urbanistico in elaborazione, intesa a proiettarla all’interno di un rinnovamento e del conseguimento di uno sviluppo sostenibile locale.

Il progetto non comprendeva il museo del violino, allora previsto in palazzo Affaitati e dintorni ed avviato per suoi canali, perché si riteneva che tale destinazione avrebbe dovuto semmai concludere il progetto di una filiera ormai insediata e privilegiare l’attività di formazione di una aggiornata e moderna scuola di liuteria e musicologia, che doveva confermare la sua vera eccellenza e che doveva costituire la priorità dell’investimento, per avviare il volano che avrebbe in parte sostenuto gli altri costi.

Prevedeva, invece, la localizzazione nel Magazzino Carri di un’esposizione permanente e temporanea (il cui progetto preliminare è già stato consegnato alla Provincia) di alto e selezionatissimo artigianato ( da realizzarsi dopo il Musicorà di Parigi e non in contrasto con Mondomusica ) collegato agli strumenti musicali ed alla loro possibile messa all’asta, per assecondare attività artigianali e commerciali di nicchia. L’attuale proposta messa in pista invece, trascinando dietro al museo del violino, oltre alle risorse, anche funzioni e strutture che dovrebbero completare l’istituto di musicologia e di liuteria, le sottrae al piano originario e svuota di fatto le ragioni di alcuni percorsi e di alcuni collegamenti funzionali senza possibilità di alternative.

Non voglio poi accantonare il problema reale dei costi dell’operazione e dei finanziamenti.

Ho ben presente la crisi in cui si dibattono il Paese ed in particolare gli Enti pubblici.

So anche per certo che molte città stanno riempiendo questa fase critica con scelte e contenuti per ripartire con idee chiare nel momento in cui ci sarà maggior serenità.

Questo progetto costituisce pur sempre l’individuazione di una nicchia di mercato specifica della nostra città e ne traccia uno dei possibili percorsi di sviluppo che può essere realizzato per lotti, di volta in volta ,con i canali di finanziamento pubblici o privati più idonei.

Ritengo,infatti, che parte dei lavori possano essere gestiti con il supporto dell’intervento privato convenzionato, e forse, anche se al momento sembra meno praticabile, con l’emissione di buoni ordinari comunali.

Oppure si potrebbe vedere di ricorrere ai fondi del lotto (quelli destinati alla mediateca, ad esempio, dove sono stati dirottati?) o a quelli destinati all’edilizia universitaria.

Peraltro penso che, a fronte di uno studio serio di fattibilità economica, l’unico aiuto reale e concreto, ora, sia il ricorso agli Istituti di Credito, specialmente quelli radicati sul territorio o che ritengono conveniente tale investimento.

Qui ritorniamo a discorsi già fatti da persone più autorevoli del sottoscritto in svariate occasioni: dagli Istituti, in questo particolare momento, serve il massimo sostegno possibile all’economia locale ed alle politiche di valorizzazione del contesto urbano.

Essi stessi ne avrebbero un beneficio di ritorno con una rivalutazione indiretta del capitale investito.

Occorrerebbe, inoltre, far scendere in campo le Istituzioni con grandi risorse inutilizzate, quali le Fondazioni bancarie.

Tali istituzioni, costituite negli ultimi anni, hanno potenzialmente ancora grandi disponibilità finanziarie e perciò, già da ora, un patrimonio da investire che dovrebbe mantenere un suo rapporto storico di utilizzazione con il territorio della città e della provincia, dove nel tempo il capitale si è formato è stato rastrellato e consolidato. (vedi l’esempio di Siena, Brescia, Pavia, Firenze).

Se la definizione sintetica di Fondazione è:”un patrimonio per uno scopo”, allora una modalità appropriata per operare sarebbe quella di impegnarne una quota per urbanizzare e ristrutturare tali edifici, cedendoli successivamente in affitto, oppure con dilazione di vendita ai vari soggetti pubblici. Sarebbe una specie di “ponte finanziario”, che opera a favore dei soggetti pubblici, rispondendo così alle proprie finalità istituzionali.

Le stesse imprese edili locali, attualmente in difficoltà, se sostenute, potrebbero fare uno sforzo per costituire un consorzio temporaneo di imprese, per affrontare l’intera o parte dell’operazione, da cedere dietro opportune convenzioni agli enti preposti.

Ancora ed in alternativa , una volta individuato il fine ultimo del riutilizzo degli immobili, attraverso un documentato progetto (già in parte acquisito), si potrebbero stabilire relazioni di cooperazione internazionale, per intraprendere approfondimenti ed azioni a livello della Comunità Europea per avviare una richiesta di finanziamenti (che attualmente sono stati assegnati anche per realizzare parchi letterari).

Quando per avere forza d’urto ed efficacia finanziaria, con un accordo di programma, il progetto del “Parco dei Monasteri” fu suddiviso in “una triplice alleanza”, l’auspicio condiviso fu quello di un’azione unitaria con un’unica cabina di regia.

Non è il caso di attuarla?

Massimo Terzi architetto

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