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15 Settembre, 2002
Niente regali alle mafie.
I beni confiscati sono cosa nostra. Firma l’appello.

Niente regali alle mafie.
I beni confiscati sono cosa nostra. Firma l’appello.
Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva
al Parlamento di approvare la legge per l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie.
Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all’unanimità le legge
109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato
con la propria vita l’impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate
illegalmente.
Oggi quell’impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato
alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non
si riescono a destinare entro tre o sei mesi. È facile immaginare, grazie alle note
capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà
avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano
altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi,
fino all’intervento dello Stato.
La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di
fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la
legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti,
grazie al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente
sulla stessa credibilità delle istituzioni.
Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento
di ripensarci e di ritirare l’emendamento sulla vendita dei beni
confiscati. Si rafforzi, piuttosto, l’azione di chi indaga per individuare le ricchezze
dei clan. S’introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga
data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E
vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni
di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie.
Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del
riscatto di un’Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero
tutti “cosa nostra”.

Presso la segreteria provinciale Acli di Cremona in via S. Antonio del
fuoco, 9/a è possibile firmare l'appello.

L’appello lo puoi firmare anche sul sito www.libera.it

 


       



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