15 Settembre, 2002
Sulla natura della crisi di Lucio Garofalo
La pesante recessione economica sta facendo riemergere molti segnali che inducono a ragionare meglio sull'origine e sulla natura della crisi.
Sulla natura della crisi di Lucio Garofalo
La pesante recessione economica sta facendo
riemergere molti segnali che
inducono a ragionare meglio sull'origine
e sulla natura della crisi.
La pesante recessione economica sta facendo
riemergere molti segnali che
inducono a ragionare meglio sull'origine
e sulla natura della crisi, che non
è solo economica, in quanto tradisce uno
stato di decadenza e dissoluzione
di un mondo imperniato storicamente sulle
fragili certezze della scienza e
della tecnica al servizio del profitto economico
privato. Si tratta di un
sistema di convinzioni pompate e sbandierate
come assiomi granitici, ma che
si sono rivelati per ciò che sono: facili
ed ingenue illusioni. La crisi
economica globale è solo l'aspetto più evidente
di un processo di
decomposizione avanzata di un ordine sociale
incentrato sui dogmi della
nuova religione pagana del capitale che si
arroga il ruolo di padrone
assoluto del mondo. E' la religione più ottusa
e fanatica che venera il dio
denaro, promuove con ogni mezzo il feticismo
del mercato, predica
l'adorazione cieca dei falsi idoli del neoliberismo
e del consumismo più
sfrenato, esercita il culto idolatrico di
un modello di sviluppo talmente
vorace e distruttivo che in pochi lustri
ha saccheggiato le principali
risorse ambientali del pianeta, depredando
popoli ed ecosistemi che per
millenni erano rimasti inviolati.
Lo stato di irreversibile putrescenza in
cui versa l'odierna società
capitalista, è talmente palese da non poter
essere negato nemmeno dai
fautori più esaltati e incalliti della globalizzazione
neoliberista. Le
classi dominanti non sono più in grado di
propugnare e proporre in modo
credibile alcun valore etico e spirituale,
alcuna visione o idea di società
e di progresso che possa infondere nell'animo
delle giovani generazioni una
vaga fiducia nell'avvenire, eccetto l'apoteosi
acritica del presente, tranne
l'offerta incessante, ma destinata fatalmente
ad esaurirsi, di beni effimeri
per antonomasia, legati al consumismo materiale,
per cui le odierne classi
dirigenti rappresentano lo specchio più patetico
e grottesco del declino e
della decomposizione sociale in atto.
La realtà dimostra in modo irrefutabile che
l'attuale modello di sviluppo
economico, imposto per secoli dall'occidente
con la violenza delle armi e il
ricatto alimentare, con la propaganda ideologica
e mediatica, attraversa una
fase di crisi non solo strutturale, nella
misura in cui non riesce più a
convincere, incapace com'è di sedurre ed
attrarre la gente che abita sul
pianeta, in particolare i giovani e i popoli
del Sud del mondo. Basti
pensare a quanto sta accadendo negli ultimi
anni in un vasto continente come
l'America Latina, scosso e rinvigorito da
forti spinte anticapitaliste ed
antimperialiste. Si pensi a quanto accade
altrove, in Africa, in Medio
Oriente, in Estremo Oriente, ecc.
Il razzismo è insito e istituzionalizzato
nella storia, nella cultura e
nella società dell'occidente. In tal senso,
il razzismo non è solo e non è
tanto un comportamento individuale, quanto
soprattutto un fenomeno sociale e
istituzionale, che appartiene intimamente
alla storia e alla cultura del
mondo occidentale. Una storia che è in sintesi
un percorso di violenze,
crimini, ruberie, raggiri e mistificazioni,
poste in essere contro il resto
dell'umanità. Finché la nostra società si
ostinerà ad ignorare il razzismo
istituzionalizzato in essa latente, le tragiche
colpe dell'occidente non
saranno mai espiate, né svaniranno i sensi
di colpa che turbano la coscienza
sporca dell'occidente. Ma è pur vero che
la rinuncia a fare qualcosa di
concreto e significativo contro il razzismo
istituzionalizzato presente
nella nostra società, si spiega chiaramente
col fatto che la società
occidentale trae il suo benessere e la sua
opulenza economica proprio
dall'esistenza del razzismo stesso, che serve
a legittimare lo sfruttamento
materiale dei popoli del Terzo Mondo. Senza
questo razzismo
istituzionalizzato e questo sfruttamento
economico, la società occidentale
scomparirebbe immediatamente.
L'occidente è sempre stato sconvolto dall'idea
della violenza, quando ad
usarla sono gli altri: i pellerossa, i negri,
gli islamici, ecc. Ma come
giudicare le efferatezze e i delitti perpetrati
dall'occidente? Il punto è
questo: chi detiene il potere detta legge
e decide chi sono i "buoni" e i
"cattivi". E' sempre stato così,
sin dai tempi antichi. I Romani erano
maestri nel campo, come insegnano Giulio
Cesare e gli altri storici e
conquistatori latini.
L'ignobile violenza della guerre, delle stragi,
delle rapine, dei falsi
trattati di pace e via discorrendo, è sempre
stata dissimulata ipocritamente
sotto vesti posticce, sbandierando di volta
in volta nobili ideali
assolutamente inesistenti quali, ad esempio,
i valori della "fede religiosa"
(si pensi all'epoca delle Crociate in Palestina),
della "civiltà" e del
"progresso" (si pensi alle conquiste
coloniali in America, in Africa, in
Asia), della "libertà" e della
"democrazia" in tempi per noi più
recenti e
noti. Ogni riferimento alla guerra in Iraq
o alle altre guerre attualmente
in corso nel mondo, è puramente casuale.
Lucio Garofalo
 
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