Non è facile riferire dell’incontro di ieri sera, sul palco centrale della
Festa dell’Unità. In parte per la ricchezza di argomentazioni - agevolata
anche da una fresca conduzione del direttore de Il Piccolo Giornale di Cremona,
Simone Ramella, nel ruolo di “moderatore” - in parte perché si è
svolto caratterizzato da una stoica, eroica resistenza alla forza d’urto della
musica rock che - proveniente dal palco del “Cammello rosso” - rimbombava
pure nelle viscere. Di solito si invoca la tolleranza verso le espressioni “di
grande impatto” delle culture giovanili. Ora mi sento di invocare un po’ di
tolleranza anche verso gli onesti tentativi di approfondimento che una festa di
partito mette in programma. “Tolleranza” e attenzione; qualche segnale di - come
dire? - “noi ci crediamo”.
Il presidente del Movimento Federalista Europeo, Guido Montani ripercorre la
storia del sogno - progetto - europeo, tappe di un percorso che doveva - che
deve - portare ad una Europa non dei governi e dei mercati. Ma, e non è di
certo per inconfessabile vetero-marxismo che lo dico, quell’Europa dei diritti
e dell’inclusione sociale pianterà le sue radici se il governo dell’economia,
arando il terreno, saprà anche far sparire i profondi solchi degli egoismi “di
parte”.
Antonio Panzeri porta un esempio concreto. È utile, quando il discorso si fa
complesso e molto… concettuale. E racconta della proposta della Commissione
Europea di abbassare il prezzo dello zucchero. [Per la precisione, come si
apprende dai documenti della Commissione, si tratterebbe del taglio del 39 % del
prezzo istituzionale dello zucchero bianco e di circa 43 % della barbabietola.
“Rivoluzione” del settore. “Per l'Italia, la commissaria non vede un
futuro senza zucchero ma per salvarsi - spiegano gli esperti - se questa
proposta verrà approvata, la produzione italiana dovrebbe ridursi, abbandonando
il Mezzogiorno e concentrandosi nelle aziende più competitive del Nord.” - Notizia
Ansa.] Questa rottura con un passato caratterizzato dalle sovvenzioni, aiuterà
anche i mercati di paesi produttori del terzo mondo. Giusto. Una economia
solidale non deve essere tradotta in slogan ma in fatti. Questa rottura con il
passato potrebbe costare circa 50 mila posti di lavoro in Italia, in particolar
modo nel Sud. Ma l’Europa non è un autobus - dice Panzeri - con un salire e
scendere a seconda delle convenienze. È che bisogna saper presentare (dare) ai
cittadini un’Europa di nuove convenienze. Nulla da obiettare. Tutte le
soluzioni da “inventare”.
Il professor Montani affronta il ritorno del nazionalismo - pericolosamente
accompagnato dal populismo - per nulla “sorprendente” in un momento di
crisi. Lunga è la strada per arrivare in una Unione dove la protezione dei
diritti sociali non sia esigenza posta dai cittadini nei confronti delle
politiche nazionali. Non è un facile parafrasare, il suo: creata l’Europa,
bisogna creare gli europei. È che spesso dalla politica si aspetta
efficientismo coniugato alla rapidità. Le comunità si formano nel tempo; il
loro è il tempo e il ritmo non della produzione ma della cristallizzazione.
Panzeri lamenta quanto sia difficile stabilire persino un giorno comune “della
memoria”, dal momento che tutti i popoli hanno la propria memoria. Fa piacere
sentire Ilde Bottoli che ricorda la distruzione di Sarajevo - l’Europa
impotente (colpevole?) spettatrice - in un (riuscito?) tentativo di cancellare
dalla memoria collettiva la possibile convivenza tra etnie, culture, religioni
diverse, come a lungo è stata praticata in quella città-cerniera, città
simbolo. E fa bene Ilde Bottoli - perché come si fa a separare “memoria” e
“identità”? - a mettere in evidenza l’interrogativo che l’identità
(appunto…) degli attentatori di Londra ci pone. Giovani musulmani, cosiddetti
“di seconda generazione”, ben integrati (e qui si intende, in realtà, la
mancanza di fattori di degrado e di sofferenza socio-economica). Una “seconda
generazione” che non ha memoria del contesto sociale che spinse i genitori all’emigrazione
e alla quale, nonostante tutto, viene costantemente fatta sentire la propria “diversità”.
Una generazione - delle generazioni - senza identità e senza memoria. Cosa
germoglierà in questo vuoto?
Guido Montani ricorda che il federalismo (nato a Philadelphia, con la nascita
degli Stati Uniti) è “l’unità nella diversità”. È bene tener presente
questo concetto. È un bene riflettere anche sul linguaggio usato persino dai
più convinti e sinceri sostenitori di un mondo senza confini. Perché -
coscientemente o per riflesso condizionato - si continua a riferirsi, parlando
di immigrati di seconda o di prima generazione, al “paese che li ospita”.
Gli ospiti non lavorano e non pagano tasse, a casa mia.
M.T.