15 Settembre, 2002
Il PRC e la Festa di Liberazione – 2005
Giovedì 28 incontro con il medico volontario di Emergency Sandro Contini
«L’Italia ha bisogno di comunisti…» - leggo la scritta su un pannello
rosso di fronte all’entrata e mi domando perché limitarsi all’Italia… Ad
aver bisogno di questo “promemoria” non sono certo i volontari del Partito
della Rifondazione Comunista i quali con generoso sforzo tengono viva una
tradizione cara anche ai “senza tessera”. E i tanti della diaspora della
falce e martello possono domandarsi se l’Italia ha più bisogno di partiti
più o meno rifondati o di una grande forza dell’Utopia – luogo ideale
di Liberazione – ma non in questi giorni, giorni di Festa. Festa non “festeggiata”
perché, come dice un compagno all’entrata, la Festa non può essere più
bella di quella dell’anno scorso perché non c’è Maria. Manca, Maria, è
mancata, e la cucina continua a sfornare i piatti della tradizione perché la
voglia di fare è patrimonio collettivo che si nutre di visioni di futuro come
di Memoria, ora anche memoria di Maria, “meravigliosa compagna di tante lotte”.
Il Cascinetto è una cornice bella, per una festa popolare, le
attribuisce una dimensione – in tutti i sensi della parola – umana e sociale
carica di significati. Può non esserne cosciente chi alla festa ci va solo per
mangiare e ballare, può non esserne cosciente anche chi nella festa vede solo
uno strumento pratico di autofinanziamento del partito. Ma, ne sono certa, la sensazione
di questa dimensione si assimila e si deposita in quella Memoria grazie alla
quale una città, ogni suo angolo, può restare viva.
Se l’aia della cascina era luogo non solo di lavoro ma anche di incontri e
di scambi, ieri sera l’aia del Cascinetto si era presentata come una rete di
crocicchi, grazie alla Turchetti Band, in questa serata dedicata a Cuba,
naturalmente insieme alla cantante cubana “ospite”, Milagros Falcon. Sarà
pure un luogo comune che la musica è un linguaggio universale (come può
apparire luogo comune dire “mai più guerra”) ma a forza di temere i luoghi
comuni rischiamo di non dire e ripetere con forza dei concetti fondamentali,
irrinunciabili, semplici, troppo semplici per chi dal “complicare” il mondo
trae lauto guadagno. Sul palco tre componenti “storici” della band di
Turchetti – Fabio Turchetti, appunto, con Aldo Pini e Claudio Zaffanella – e
tre “ospiti”: Milagros (cubana), Tai Santiago (brasiliano), Butrus Bishara
(palestinese). Milagros canta le “sue” canzoni (talune sono anche “nostre”,
compagne di molte battaglie), Butrus canta le “sue” (sono di Marcel Khalefe
ma, in qualche modo, del popolo palestinese), Tai canta quelle di un Brasile melting
pot d’antica storia. E tutti quanti, ciascuno con il proprio strumento,
condividono un frammento di cultura “altra”, come tutti condividono la
musica del cantautore cremonese, con un proprio apporto originale. No, non è
“mescolare” e “mescolarsi”. È la prova provata che “un altro mondo è
possibile”. Basta avere un linguaggio comune, parlato in tanti “dialetti”
che, se non usati come armi improprie, identificano ma non separano. La
Musica, la musica di Turchetti, ne è capace.
M.T.
 
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