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15 Settembre, 2002
«Sconosciuto 1945 ...»
Botta e risposta di Massimo Negri e Virginio Minari

Gentili Signori di WELFARE CREMONA

Ho il piacere di leggere, su sua gentile segnalazione, qualche intervento di Massimo Negri di Casalmaggiore, con cui mi confronto periodicamente su aspetti più di economia che di politica, a casa di sua suocera, zia di mia moglie, abbiamo la fortuna di avere sposato due cugine.

Mi considero un suo amico e sono convinto di essere considerato tale anche da Lui.

Un paio di sue riflessioni, sull’incontro con Giampaolo Pansa, “sconosciuto 45” nello scritto datato 13 febbraio u. s., mi hanno lasciato molto perplesso sulle conoscenze storiche, sulla interpretazione delle medesime, della generazione di Massimo e per le loro posizioni giacobine.

Premesso che, nato in provincia di Reggio Emilia agli inizi della seconda guerra mondiale, sono a sostenere che Giampaolo Pansa non ha scoperto nulla, perché chi voleva poteva sapere infatti, a me con i suoi libri, lo scrittore non ha rivelato nulla che, nel merito, io non sapessi già.

Sicuramente egli, Giampaolo Pansa, ha autorità e autorevolezza per parlare ed essere ascoltato da tutti.

Le affermazioni motivo delle mie perplessità sono due:

a) per quanto riguarda i fatti elencati dallo scrittore, Massimo liquida le cose avvenute come “storie atroci, violente, operate da una minoranza di partigiani”. No caro Massimo, è giusto anche dire che a monte di quelle operazioni c’era da parte dei vertici del partito comunista e quindi delle brigate Garibaldi, e non solo dei vertici, un metodo strategico chiaro e determinato: l’eliminazione fisica di tutti coloro che avrebbero potuto ostacolare l’ascesa al potere di un governo popolare, socialista di impronta sovietica.

Scelta poi superata dalle scelte di Stalin a Yalta e eseguita in Italia da Palmiro Togliatti. Scelta non condivisa da buona parte dell’apparato del PCI militante, che rimase sempre vigile e pronto, fino agli anni 60.

Infatti, non ricordo se fu Franceschini o Gallinari brigatisti rossi, che affermò nelle dichiarazioni rese alla polizia, che la prima arma avuto gliela diede un vecchio partigiano delle brigate Garibaldi, ex gap o sap operante in zona Reggio Emilia.

Quanto sopra, se vogliamo arrivare ad una memoria condivisa, come auspica il Presidente Ciampi, dovremmo dirlo e riconoscerlo.

Non ho ancora ascoltato da parte di un qualche ex comunista un “abbiamo sbagliato, abbiamo perseguito un ideale sbagliato, meno male che non abbiamo vinto”. Non l’ho mai sentito dire da alcuno.

b) l’altra dichiarazione che mi ha sorpreso, nel Massimo che credo di conoscere, è la chiusura totale verso coloro, a quel tempo giovani che, con la testa piena del mito di Roma, dell’Impero, dell’onore, della fedeltà all’impegno della parola data, del diritto al posto al sole, sono andati a combattere ed a vestire l’uniforme della RSI dopo l’armistizio dell’otto settembre.

Caro Massimo a costoro, da parte dei democratici usciti vincitori, grazie agli Alleati, dalla guerra civile è stata tolta la dignità e sono stati emarginati per oltre cinquanta anni. Non lo meritano. Il nome della loro militanza, “fascista”, è stato nel primo dopoguerra e negli anni settanta anche, motivo di esclusione se non addirittura di licenza di essere uccisi: sta attualmente emergendo tutta una letteratura in proposito.

Aggiungo che questo argomento è, periodicamente, motivo di confronto con il mio Sindaco al quale, da qualche anno a questa parte, agli inizi del mese di aprile propongo, per la festa del 25 aprile, di avere il coraggio, in nome della pacificazione nazionale, di considerare tale ricorrenza come la fine della guerra civile, la pace e l’inizio della storia democratica della nostra Patria.

Il mio Sindaco, almeno finora, è fermo, rigido su posizioni simili a quelle espresse da te Massimo.

Però ripeto ed insisto è ora di ridare dignità civile a persone che hanno la sola colpa di avere creduto in valori che personalmente ritengo ancora alti e degni di essere affermati: Dio, Patria, Famiglia, Democrazia, Fedeltà e concetto della responsabilità individuale.

Mi auguro che questa lettera sia sicuramente oggetto di confronto e di ulteriore riflessione da parte non solo di Massimo ma anche di altri lettori.

Il mondo non è solo bianco o nero, c’è anche il grigio…in tante tonalità.

Cordiali saluti a tutti

Virginio Minari – Monticelli Terme Parma

05 marzo 2006

"Sconosciuto 1945 ..." - Risposta a Virginio Minari

Cari amici di Welfare Cremona,

alla botta ricevuta da Virginio Minari, che ringrazio per l' attenzione, fornisco una risposta che spero sia altrettanto efficace e pur consapevole del fatto che, mentre tra di noi c' è accordo privato sul giudizio della fortuna che abbiamo avuto di sposare due straordinarie cugine, rimane il dissenso pubblico su una valutazione storica che ci vede su fronti opposti. Ritengo tuttavia che il confronto sia sempre utile e accarezzo l'idea di collocarlo nel cesto dei frutti di una democrazia matura dove non vi sono argomenti tabù e la discussione procede libera e serena. L' obiettivo, per me, non è pervenire a una impossibile memoria condivisa quanto, piuttosto, educarsi al rispetto delle varie memorie che, in ultima analisi, credo voglia dire rispettare il vissuto anche tragico di molte persone che hanno avuto la sventura di un destino segnato da un' epoca storica in cui prevalevano in Europa le dittature e i conflitti bellici.

In tale spirito sono convinto che dare, per esempio, oggi la parola ai vinti di ieri aiuti a completare l’autobiografia della nazione e a mettere, per riprendere la felice espressione di Alberto Arbasino, "una pietra sugli odi e i rinfacci".

Detto questo, lo scopo dello studio e della revisione della storia penso sia quello di far luce sul passato per leggerlo con occhi più disincantati, individuarne gli errori, correggerli per non rischiare di ripeterli. E, dunque, per tornare allo specifico, mentre per parte mia ribadisco la condanna delle violenze compiute da una minoranza di partigiani dopo il 1945, confermo il rifiuto del "chapeau verso gli ex-repubblichini di Salò, schierati a fianco della Germania nazista". Un torto che nessun richiamo ideale, pur abbracciato da alcuni giovani in buona fede, può trasformare in ragione.

Se devo alzare il cappello lo faccio, invece, nei confronti di Gianfranco Fini che già al congresso-svolta di AN a Fiuggi nel 1995 ha sostenuto che "l' antifascismo fu il momento storicamente necessario per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato".

Un ultimo pensiero, guardando avanti e in positivo.

Scrivo una nota di merito per i passi che Fini sta compiendo (forse un po' in solitudine) per ridare al concetto di "destra storica" - di origine risorgimentale - quella credibilità politica che il Ventennio gli ha tolto. Un cammino verso una destra conservatrice di stampo europeo che è però a metà del guado, com' è del resto visibile dal permanere nel simbolo di AN della fiamma del MSI.

Un fortunato libricino di Norberto Bobbio ha per titolo "Destra e Sinistra" (Ed. Donzelli).

Se vogliamo costruire una efficiente democrazia bipolare c' è bisogno, nella stessa misura, di una buona destra e di una buona sinistra che, in nome di valori diversi ma rispettose delle regole comuni sancite dalla Costituzione Repubblicana, competano lealmente, per il consenso e, si auspica, per il bene soprattutto delle generazioni future.

Cordiali saluti

Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)

 


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