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15 Settembre, 2002
L’educazione degli adulti: le questioni in gioco
di Massimo Negarville, Presidente di Formazione ’80 (ricerca, studi e progetti per l’educazione degli adulti)

Premessa

L’ importanza e la necessità di offrire alla popolazione adulta occasioni di educazione, istruzione e formazione sembra essere del tutto acquisita. Numerose ricerche internazionali e nazionali hanno dimostrato da tempo con ampiezza e ricchezza analitica come sviluppo economico, coesione sociale, qualità della vita, partecipazione alla democrazia siano direttamente connessi con la diffusione del sapere e con la costante crescita delle capacità di comprendere e di interagire da parte degli individui e come queste capacità siano ancora deboli e socialmente limitate. Da questi forti argomenti discende una rinnovata attenzione all’educazione degli adulti da parte delle istituzioni pubbliche e dei decisori politici e la messa in campo di risorse per costruire, a livello nazionale come regionale, un sistema che sappia tanto sollecitare la domanda di sapere, quanto organizzare un’adeguata offerta di opportunità formative.

Quando però da queste enunciazioni si passa a cercare di definire un sistema di accoglienza, di orientamento e di coinvolgimento adeguato e modalità di organizzazione e di apprendimento mirate e specifiche le questioni si fanno più complesse.

Tre sono le questioni che unanimemente vengono indicate come decisive:

1. la questione del lavoro,
2. la questione del rischio alfabetico,
3. la questione della cittadinanza.

E’ facile semplificare inventandosi che le tre questioni siano separate ed indipendenti tanto nella vita degli individui quanto nella formulazione delle politiche, in questo modo tutto sembra andare a posto:

- per il lavoro c’è il sistema di formazione professionale con la decisiva presenza delle parti sociali,
- per il rischio alfabetico c’è la scuola con i Centri Territoriali permanenti EDA e i corsi serali della secondaria superiore
- per la cittadinanza e la cultura le iniziative dell’associazionismo.

Le cose non stanno così. Costruire una politica pubblica di educazione degli adulti significa tenere insieme le differenze e le specificità dei saperi e dei contesti con le condizioni sociali, le inclinazioni e le scelte degli individui. Non basta a questo proposito la parola magica sistema integrato, bisogna misurarsi con la complessità della domanda e con la sua formidabile articolazione.

In questa complessità le politiche pubbliche debbono fare scelte ed indicare priorità. Per una identificazione di queste priorità bisogna, a mio avviso, porsi due domande:

1. la bassa scolarità della popolazione adulta, il rischio alfabetico e la cittadinanza debole sono i punti di riferimento obbligati e prioritari per una politica di educazione degli adulti?
2. Se si, come debbono essere letti ed utilizzati?

C’è chi pensa che queste domande siano mal poste, parte di una retorica sociale datata.

Il pensiero dominante e le sue ricadute sull’educazione degli adulti

Dobbiamo prendere atto che esiste ed è diffusa una posizione che non assume la bassa scolarità come problema, considera il rischio alfabetico un’invenzione sociologica e la cittadinanza debole un tema ideologico. Quelli che a me (e molti altri) appaiono segni evidenti di un’emergenza culturale diffusa sarebbero in realtà situazioni individuali estremamente diverse in continua evoluzione e sviluppo, arbitrariamente sommate, collegate e trasformate in problema sociale da una lettura parziale e faziosa della realtà.

Chi muove da questo punto di vista pensa e sostiene che ci sia bisogno di educazione permanente, ma da a questa una particolare connotazione: l’educazione degli adulti trova il suo asse culturale fondante nell’adeguamento dell’individuo ai saperi tecnico-operativi (in particolare quelli legati alla tecnologie della comunicazione), finalizzati in primo luogo al lavoro.

1. Si constata la debole qualificazione delle forze di lavoro in relazione alla rivoluzione nella produzione, nella distribuzione e nell’organizzazione dei beni e dei servizi. Si sottolinea la assoluta necessità di modificare questa situazione.

2. Il carattere sostanzialmente dualistico del mercato del lavoro che quella rivoluzione ha prodotto e continuamente produce: da un lato aree professionali ad alto contenuto di sapere e di innovazione, dall’atro ampie zone dove ai lavoratori si richiede poco o nulla in termini di sapere e di competenze, viene considerato un elemento strutturale della moderna economia.

3. Per far fronte a questa situazione si insiste con grande enfasi su “formarsi o essere esclusi”. Si fa appello pressante alla volontà del singolo individuo, qualsiasi sia la sua collocazione sociale e lavorativa, perché migliori il proprio profilo di competenza. in primo luogo quella tecnica ed operativa. Si sostiene che solo così si può trovare spazio e successo in un mondo ricco di opportunità, ma duro e competitivo.

Per favorire ed incentivare questa volontà bisogna che:

· scuole ed agenzie di formazione predispongano corsi tecnico-professionali di tutti i tipi e di tutti i livelli, li organizzino in cataloghi e li mettano a disposizione di chiunque voglia servirsene con adeguate e capillari azioni di promozione e di marketing.
· Per le aree professionali ad alto contenuto di sapere si debbono sviluppare attività di formazione al lavoro e sul lavoro sofisticate e complesse, necessariamente riservate a chi già possiede sapere e competenze adeguate.

Intorno a questo sistema, identificato come il vero cuore dell’educazione permanente:

· le scuole pubbliche e private debbono rafforzare e rilanciare percorsi di recupero dei titoli di studio (con prioritaria attenzione alle qualifiche professionali ed ai diplomi superiori)

A lato si organizza una vasta galassia di libere occasioni “culturali” , dove agenzie private, scuole, enti locali, associazioni offrono:

· un infinito catalogo di corsi finalizzati all’uso del tempo libero, alla cura di se, alla coltivazione dei più vari interessi ed al soddisfacimento delle più diverse curiosità.

Gli adulti che restano fuori dal cuore tecnico-professionale del sistema, non recuperano titoli di studio, non si coinvolgono nelle “opportunità culturali” lo fanno per libera, informata e consapevole scelta. Per quelle minoranze che si trovano in condizioni di conclamata esclusione sociale e di disoccupazione cronica sono a disposizione apposite politiche di sostegno e di assistenza, dove una formazione mirata li ricollocherà, se c’è l’impegno e la volontà del singolo, nel lavoro.

Come si vede In questa visione per ognuno c’è una risposta organizzata ed ognuno ha la sua possibilità di “educazione permanente”.

Un’ipotesi diversa

L’’assunzione della bassa scolarità adulta, del rischio alfabetico e della cittadinanza debole come problema sociale e culturale centrale per l’educazione degli adulti comporta invece che:

· Non per astratte velleità illuministiche, ma per concrete ragioni di coesione sociale e di emergenza culturale l’educazione degli adulti organizzata dal pubblico debba prioritariamente tentare di coinvolgere coloro che sono o sembrano essere più lontani da un possesso adeguato delle capacità di base necessarie ad una partecipazione consapevole al lavoro, alla vita sociale, al consumo culturale e alle scelte politiche.

· Per garantire questa partecipazione debbono essere organizzate campagne di informazione e di sensibilizzazione e debbono essere previsti incentivi in tempo e denaro.

· Le forme del coinvolgimento assai prima che nell’offerta di corsi, consistono in un complesso di interventi per avvicinare e rendere protagoniste le persone, facendo, in questo modo, prima emergere e poi crescere curiosità, interesse, conoscenze e capacità. Solo percorrendo questa strada può svilupparsi ed avere successo anche l‘opportunità di acquisire un più elevato titolo di studio.

La costruzione di questo complesso di interventi deve avvenire a partire da queste considerazioni:

· stiamo ragionando dell’Italia del 2000, non di quella del primo 900,
· non ideologie salvifiche, ma la centralità dell’individuo è la bussola di questo percorso,
· la ricerca sociale sulle conoscenze e sulle capacità possedute, sulle aspirazioni e sugli interessi di specifici gruppi di popolazione in determinati territori è strumento essenziale per progettare la tipologia di interventi e per definire un’adeguata offerta formativa,
· una riflessione organizzata (locale, nazionale ed europea) su esperienze, metodi e risultati è parte integrante degli interventi.
· l’organizzazione degli interventi non può essere affidata ad una unica istituzione, ma deve vedere interagire, in modo coordinato, diversi attori: pubblici e privati
· l’articolazione locale dell’organizzazione e della direzione delle azioni è condizione indispensabile per poter aderire alle diversità territoriali ed alle specificità sociali.

Come si vede, si tratta di un complesso mix di analisi sociale partecipata, di orientamenti culturali condivisi, di organizzazione di rete che va affrontata con la messa in campo di risorse e di volontà politica accompagnate da intelligenza, competenze professionali e creatività.

L’obiettivo dell’educazione degli adulti

. Sappiamo che la maggior parte dell’apprendimento adulto avviene sulla base delle proprie esperienze di vita e di lavoro attraverso un’attività di scelta e di decisione che ciascun individuo adulto esercita indipendentemente dalla partecipazione a corsi o attività formative organizzate. E’ l’esperienza che guida e determina l’apprendimento adulto ma l’apprendimento dall’esperienza esiste a condizione di riflettere su di essa. Spesso però la riflessione individuale è insufficiente, non può o non è in grado di dare sicurezza e certezza al proprio operare.

E’ la necessità o la volontà di cambiare spesso accompagnata da condizioni di lavoro e di vita percepite come problema, come impedimento al buon vivere, come ostacolo alla propria realizzazione personale e/o professionale ciò che motiva e determina gli adulti a cercare occasioni di apprendimento organizzato. In esse si pensa di acquisire certamente strumenti operativi e conoscenze tecnico/specifiche, ma soprattutto si cercano chiarimenti e risposte che favoriscano scelte, decisioni e progetti di vita.. Se questo è vero, allora le attività di educazione degli adulti organizzate (indipendentemente dalla loro natura formale o non formale) hanno bisogno per dare risultati significativi e duraturi di

- individuare ed offrire temi, spunti ed argomenti che hanno a che fare con nodi e problemi che riguardano e coinvolgono gli individui nel lavoro, nelle relazioni sociali e nella vita privata,
- organizzare e proporre tempi, luoghi e modi originali per condurre riflessione su questi nodi e produrre così nuovo sapere e nuove competenze.

Non si tratta di organizzare chiacchiere in libertà: la padronanza di conoscenze tecnico-operative e di saperi disciplinari è indispensabile e necessaria, ma va affrontata ed introdotta come acquisizione di strumenti per poter ragionare insieme per produrre competenza sul tema in esame, non come il fine stesso dell’attività formativa.

Non per aprioristiche scelte ideologiche dunque, ma per assai concrete ragioni psicologiche e culturali che riguardano gli individui, anche al di là di condizioni economiche e sociali difficili, all’educazione degli adulti si chiede un impegno formativo in un’ottica di cambiamento sia della persona che del contesto sociale.

Non un luogo neutro ed impersonale, dove anonimi formatori dispensano sapere tecnico indifferente al soggetto e “complementare” all’organizzazione sociale esistente, ma un luogo di socialità e relazione governato dall’attitudine critica e dal libero confronto di idee. Nel primo caso, al di là delle proclamazioni, si fanno lezioni e si tengono conferenze con più che incerti risultati in termini di apprendimento, nel secondo caso si muove dai bisogni dell’individuo e si costruisce sapere e competenze perché si riflette e si ragiona sul modo di esercitarle e di farle valere.

Per questa educazione degli adulti c’è bisogno di alcune condizioni di fondo:

· parlare ai singoli individui,
· saperli ascoltare,
· conoscere i loro interessi ed i loro bisogni,
· coinvolgerli in un gruppo di pari,
· costituire questo gruppo come contesto di apprendimento collettivo, segnato dal piacere di apprendere e dalla libertà di espressione.

In esso ci si misura, ci si confronta e si lavora per ottenere successi in termini di:

1. padronanza degli strumenti della comunicazione,
2. capacità di comprensione e di argomentazione,
3. abitudine al confronto ed alla discussione,
4. esercizio di riflessione e di sapere critico.

Questi orientamenti non rappresentano solo il metodo più corrispondente all’apprendimento adulto, sono i tratti indispensabili e caratterizzanti di una politica di educazione degli adulti.

- Sulla base di questi orientamenti bisogna costruire, sotto una forte regia pubblica locale, le politiche.
- A partire da questi orientamenti debbono essere calibrati gli interventi dei servizi di orientamento e di consulenza.
- Su questi orientamenti debbono convergere le diverse agenzie educative (scuola pubblica, centri di formazione professionale, associazionismo culturale, imprese), adeguando ad essi la loro organizzazione ed il loro funzionamento formativo.
- In relazione a questi orientamenti deve essere infine condotta la valutazione dei risultati ottenuti.

Massimo Negarville
Presidente di Formazione ’80
(ricerca, studi e progetti per l’educazione degli adulti)

 


       



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